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Smart city: cos’è, come funziona, caratteristiche ed esempi
Nella smart city, le tecnologie sono usate per rendere la città più efficiente, sicura e sostenibile e per migliorare la qualità della vita dei cittadini
Un Comune italiano su tre (pari al 28% del totale) ha avviato un progetto in ambito smart city nell’ultimo anno. Iniziative in questo senso, in vari ambiti applicativi (dal monitoraggio ambientale all’illuminazione pubblica, dalla videosorveglianza urbana alla gestione intelligente di parcheggi e servizi fino alla mobilità) hanno poi caratterizzato il 50% dei Comuni con più di 150mila abitanti.
Tra gli ambiti applicativi più interessanti, si confermano le soluzioni per la sicurezza e il controllo del territorio (il 58% dei progetti), la smart mobility e mobilità sostenibile (57%) e l’illuminazione pubblica (56%), uno degli aspetti chiavi per poter abilitare la rete verso nuovi servizi a valore aggiunto.
Questi sono alcuni dei dati emersi dall’ultimo Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano che ha confermato, ancora una volta, come il tema delle città intelligenti sia sempre più concreto e presente all’interno delle agende politiche e delle politiche territoriali.
Certo, i fondi del Pnrr stanno dando una spinta ai progetti in tema di transizione ecologica e digitalizzazione delle PA. Secondo lo studio, ben il 69% degli enti locali si dice pronta a ricorrere ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che prevede oltre 10 miliardi di finanziamenti dedicati alla PA all’interno delle diverse missioni.
Gli investimenti riguarderebbero soprattutto interventi di digitalizzazione e innovazione (76% dei casi), infrastrutture sostenibili (61%) e transizione ecologica (56%). Come sottolineato da Luca Gastaldi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart City nel corso della presentazione del rapporto, “questi fondi sono distribuiti su diverse Missioni del Piano, perché gli interventi inerenti alle città intelligenti coprono molte delle dimensioni trattate. Nei prossimi anni saranno disponibili molte risorse, ma i comuni dovranno essere in grado di sopperire alla carenza di competenze e di personale amministrativo e tecnico, che deve seguire i progetti dall’inizio alla fine. Un fattore che potrebbe incidere negativamente sui tempi di esecuzione e sul raggiungimento degli obiettivi fissati”.
Guardando meglio al Pnrr, sappiamo che la Missione 1 ha una forte focalizzazione sul tema della digitalizzazione della PA, mentre la Missione 2, legata alla transizione ecologica, tocca gli enti locali sotto vari punti di vista: dalla mobilità ciclistica al trasporto pubblico locale, dall’efficientamento energetico degli edifici pubblici alle reti di teleriscaldamento. La Missione 5 prevede lo sviluppo di piani urbani integrati attraverso progetti di rigenerazione urbana per trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili.
La percentuale di iniziative smart city è destinata a crescere nel prossimo triennio, dato che almeno il 33% dei Comuni dichiara di voler investire nelle città intelligenti entro il 2024. Metà dei progetti legati alla città intelligente e sostenibile in Italia si trova in fase esecutiva, segnale questo di un consolidamento delle soluzioni, che non sono più soltanto semplici sperimentazioni.
Il fattore bloccante resta, come risaputo, la mancanza di competenze adeguate per far fronte a progetti complessi e a tematiche legate a IoT, AI e big data. Altre carenze riguardano la mancanza di risorse economiche (43%), le complessità burocratiche (24%), le difficoltà di gestione e coordinamento con altri attori esterni (14%) e le resistenze interne alla PA (9%).
Allo stesso tempo, resta una forte diversità a seconda della dimensione della Amministrazione, perché sono soprattutto le città più grandi, e quindi più strutturate, a dotarsi di tecnologie, soluzioni e piattaforme smart.
L’80% delle città con più di 15.000 abitanti considera infatti il tema ‘Smart City’ come rilevante e sta spingendo in questa direzione, mentre solo il 40% dei comuni medio-piccoli ne percepisce l’importanza. La differenza tra enti grandi e piccoli si vede anche a livello organizzativo e di Governance: le grandi città hanno nel 72% dei casi un referente per la Smart City, figura che nei Comuni più piccoli si trova solo nel 31% dei casi”.
Si legge nello studio: “Il modello Smart City continua a crescere in Italia come città data-driven, in cui l’interoperabilità dei dati, il partenariato e la collaborazione tra pubblico e privato e i problemi legati alla privacy diventano sempre più centrali.”
Sta di fatto che le città del futuro saranno guidate dei dati. Dati che possono riguardare il numero di parcheggi disponibili, i consumi energetici o le abitudini di cittadini e turisti. Dati, però, che vanno gestiti e “letti” in chiave sistemica e con una visione a lungo termice. Al momento, invece, almeno il 40% dei Comuni non utilizza i dati raccolti in modo strutturato e strategico, anche se il 33% ha intenzione di farlo riconoscendone la valenza.
Per valorizzare al meglio i dati, una soluzione efficace riguarda l’implementazione di piattaforme integrate e condivise e di Smart control room ovvero centri di controllo in grado di raccogliere e analizzare i dati anche in forma predittiva per offrire strumenti migliori di pianificazione e controllo alle amministrazioni.