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Smart city: cos’è, come funziona, caratteristiche ed esempi
Nella smart city, le tecnologie sono usate per rendere la città più efficiente, sicura e sostenibile e per migliorare la qualità della vita dei cittadini
Oggi non si parla più soltanto di smart city. Si parla piuttosto di nuovi modelli di città sostenibile e digitale. Modelli che prendono nomi diversi, come circular city, green city, adaptive city, smart community…
Dietro a ognuno di questi concetti c’è un paradigma organizzativo e gestionale che vede le Amministrazioni Pubbliche impegnate verso il raggiungimento di precisi obiettivi di sostenibilità, ottimizzazione, efficienza, digitalizzazione.
E proprio i nuovi modelli di Governance e di riqualificazione urbana sono stati al centro del webinar che LUMI ha organizzato lo scorso 27 aprile.
C’è una cosa che accomuna questi diversi approcci. L’evoluzione della città e gli interventi di riqualificazione urbana sono tutti trainati da 3 driver principali:
Avete presente che forma ha una ciambella? Esatto, è rotonda. Ed è proprio la sua forma ad aver ispirato un modello di circolarità perfetta. Per sottolineare l’approccio di “circular city” adottato, Amsterdam viene indicata proprio come la città ciambella (o la doughtnut city). Il modello si ispira ai principi dell’economia circolare e quindi alla volontà di effettuare un cambiamento sistemico che coinvolga gli aspetti sociali, ecologici, locali e globali della città e, allo stesso tempo combini sviluppo economico e tutele individuali, senza lasciare nessuno indietro (o nel buco centrale della ciambella, rimanendo sulla stessa immagine).
Nella sua Roadmap circolare 2020-25, Amsterdam si pone ad esempio l’obiettivo di dimezzare entro il 2030 il consumo di materie prime e i kg di cibo sprecati ogni anno da ogni cittadino. Inoltre, intende ridurre al minimo i rifiuti, incentivare il riciclo di mobili, vestiti, apparecchiature elettroniche e oggetti, agevolando momenti di scambio e mercatini dell’usato. Il traguardo finale è quello di diventare entro il 2050 una città a impatto zero fondata sull’economia circolare.
Se parliamo di green city ci riferiamo naturalmente alla corsa alla neutralità climatica che vede i centri urbani protagonisti di azioni e cambiamenti. Le città devono dare un contributo fondamentale al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale e decarbonizzazione.
Chi aderisce al modello, deve fissare l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di anidride carbonica al 2030 (rispetto al 1990) e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Ma anche l’obiettivo di realizzare misure e interventi specifici e mirati e di coinvolgere tutti gli stakeholder (centri di ricerca, imprese, università, cittadini) nella transizione energetica ed ecologica.
Il ruolo fondamentale spetta alla Governance che deve prevedere
– una dichiarazione pubblica di adesione;
– un piano di attività con misure, target e tempi;
– una periodica attività di informazione e di rendicontazione pubblica.
Il modello di Adaptive city e Resilient city si ispira a un’innovazione “umanista”, in grado di ripensare le interazioni tra le persone con l’obiettivo aumentarne la qualità della vita e di spingere verso nuovi modelli di economia sostenibile e sviluppo del territorio. Modelli che vedono il cittadino al centro.
L’ormai noto modello della città del quarto d’ora elaborato dalla sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, potrebbe rientrare in questa tipologia.
Nello specifico il modello urbano della “ville du quart d’heure” prevede una vera rivoluzione urbanistica e lo sviluppo del concetto di prossimità e del decentramento delle funzioni. Il concetto si fonda sulla possibilità, per qualsiasi cittadino, di raggiungere tutto quello che gli serve (ufficio, scuola, negozi, banche, amministrazione) in un tempo massimo di 15 minuti.