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Smart grid: cos’è e cosa significa
Le smart grid sono reti elettriche intelligenti basate sulla digitalizzazione e sulla generazione distribuita dell’energia. Eccone caratteristiche e vantaggi.
L’emergenza Covid-19,con il conseguente lockdown di buona parte delle attività produttive, ha avuto un fortissimo effetto sul settore energetico e non poteva essere altrimenti. Infatti, l’energia è fondamentale per tutte le attività economiche, in particolare per l’industria, dunque la chiusura ha portato inevitabilmente a un netto declino della domanda energetica, che in Italia si è aggirato intorno al -30%. Ma contemporaneamente si è assistito anche un altro effetto che è stato ampiamente discusso, vale a dire quello dell’accresciuto peso delle fonti energetiche rinnovabili nel mix elettrico europeo. In effetti, secondo un’analisi del gruppo tecnologico Wärtsilä, nel periodo compreso tra il 10 marzo al 10 aprile, la domanda di elettricità in tutto il continente è diminuita di un decimo (10%). Questo calo ha favorito la produzione da fonti di energia pulite, a discapito da quella da fonti fossili.
In particolare, nel periodo compreso tra il 10 marzo e il 10 aprile, la generazione elettrica da carbone è crollata quasi di un terzo (29%), arrivando a costituire appena il 12% della produzione totale dell’UE e del Regno Unito. Al contrario, le energie rinnovabili hanno prodotto quasi la metà (46%) della generazione del Vecchio Continente, con un aumento percentuale dell’8% rispetto al 2019.
Un ulteriore risultato di questo fenomeno è stato una caduta senza precedenti delle emissioni di carbonio del settore energetico (-19,5%). Questi numeri, secondo alcuni rappresentato un’accelerazione significativa nel cambiamento nel mix energetico europeo, spingendo le rinnovabili su numeri e percentuali che, in teoria, si sarebbero dovuti osservare soltanto alla fine del decennio (come previsto dai piani d’azione dell’Ue al 2030).
La prima domanda che un non addetto ai lavori potrebbe porsi è: ma perché le centrali da fonti fossili hanno prodotto meno e quelle da rinnovabili di più? In realtà le cose non stanno esattamente così: infatti l’avanzata delle fonti pulite è stata solamente percentuale, ma non assoluta. Messa in altri termini: gli impianti da fonti rinnovabili non hanno prodotto più energia elettrica rispetto allo stesso periodo del 2019, ma un po’ di meno.
Basti pensare che a marzo in Italia, la produzione da fonti energetiche rinnovabili è diminuita dell’1,8%, con il solo idroelettrico in aumento tra le FER. Però, in una torta della domanda elettrica che si è fatta molto più ristretta, l’effetto apparente è quello di una fetta delle energie pulite più consistente, a causa del vero e proprio crollo che ha interessato il termoelettrico tradizionale. La seconda domanda che ci si potrebbe fare è: allora come mai le energie pulite hanno retto meglio il lockdown rispetto a quelle tradizionali?
Il motivo è, in realtà, abbastanza semplice: in molti Paesi europei, Italia compresa, le rinnovabili godono di una priorità di dispacciamento rispetto a quella delle altre fonti. Questo significa che a parità di condizioni, data la richiesta esistente in una determinata zona, l’energia prodotta dagli impianti green viene prioritariamente immessa in rete, mentre agli impianti da fonti tradizionali (gas, carbone) viene imposto di diminuire la propria produzione. Insomma, la crescita delle rinnovabili di cui molto si parla è più che altro un effetto apparente, che con molta probabilità tenderà a ridimensionarsi non appena il fabbisogno elettrico tornerà a crescere e, con esso, la richiesta di generazione da fonti tradizionali.
Piuttosto, per il momento le energie pulite devono affrontare non pochi problemi: il lockdown ha comportato lo stop alle attività di cantiere. Dunque la realizzazione di nuovi impianti si è arrestata (insieme alle attività di manutenzione), fattore che inciderà significativamente a fine anno sui numeri delle rinnovabili. La stima di Bloomberg New Energy Finance è che nel 2020 l’eolico vedrà una riduzione delle nuove installazioni del 30% rispetto all’anno precedente. Alla ripartenza delle attività occorrerà poi valutare la capacità delle filiere di garantire la componentistica necessaria alla realizzazione degli impianti, oggi estremamente integrata e su scala globale.
Nonché la stessa disponibilità degli operatori energetici, alle prese oggi con consistenti riduzioni dei ricavi, a impegnarsi in dispendiosi progetti di mega impianti, con payback dagli investimenti di diversi anni. In questo senso la capacità di reazione all’emergenza Covid-19 delle fonti pulite dipenderà molto dalla risposta della politica: servono nuove norme per facilitare l’accesso ai finanziamenti per gli operatori del settore, garantendo al contempo la creazione di un ecosistema favorevole all’investimento in queste fonti. L’innalzamento degli Ecobonus al 110%, che dovrebbe essere contenuto nel Decreto Rilancio di prossima emanazione, rappresenta senz’altro un passaggio importante in questa direzione, poiché favorirà l’installazione di impianti di media e piccola dimensione.