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Certificati bianchi: cosa sono e come funzionano
I certificati bianchi, o titoli di efficienza energetica (TEE) sono incentivi per favorire interventi di efficientamento energetico.
In Italia, le fonti di energie rinnovabili sono state incentivate direttamente, e in maniera piuttosto sostanziosa, nei primi anni dello scorso decennio, favorendo la rapida installazione di impianti fotovoltaici ed eolici – sino ad allora quasi inesistenti – su tutto il territorio nazionale.
In particolare, per quanto riguarda il solare, lo strumento incentivante noto come Conto Energia ha interessato migliaia di aziende e di piccoli produttori. Il problema, però, è che queste incentivazioni venivano assicurate direttamente dalle bollette elettriche dei consumatori di elettricità attraverso la componente A3, destinata a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate.
Così, tra 2013 e 2014, il Governo allora in carica ritenne che il peso del sostegno degli incentivi alle fonti pulite fosse divenuto troppo rilevante, decidendo lo stop alla incentivazione diretta di nuovi impianti. Per circa cinque anni, dunque, la costruzione di nuove installazioni da fonti pulite si è basata soltanto su incentivi indiretti, fattore che ne ha complessivamente rallentato l’espansione. Nel 2019, in concomitanza con l’adozione dei nuovi obiettivi europei in materia di energia e ambiente al 2030, che impongono all’Italia di accelerare ulteriormente sulle fonti pulite, si è tornati a ragionare sulla possibilità di incentivare direttamente queste risorse.
La svolta vera e propria è arrivata con il cosiddetto Decreto FER 1, in vigore da agosto 2019, progettato per favorire la costruzione di impianti fotovoltaici, eolici on-shore, idroelettrici e a gas di depurazione.
Più nel dettaglio, gli incentivi sono riservati a quattro tipologie di impianti: eolici on-shore e fotovoltaici (Gruppo A); con moduli fotovoltaici su coperture di edifici da cui è rimosso l’amianto (Gruppo A2); idroelettrici e a gas residuati da processi di depurazione di nuova costruzione (Gruppo B); quelli rifatti, ma solo se di tipo eolico on-shore, idroelettrico o a gas (Gruppo C). Ma a quali tipologie di incentivi hanno accesso questi impianti?
Il Decreto prevede innanzitutto che le installazioni di potenza superiore a 1 kW (20 kW per il fotovoltaico) e inferiore a 1 MW debbano sottoporsi a determinate procedure per l’iscrizione in appositi registri. Gli impianti di potenza superiore o uguale a 1 MW dei Gruppi A, B e C sono tenuti invece a partecipare ad aste al ribasso. Una volta superati questi scogli, le tariffe incentivanti sono riconosciute per tutto l’arco di vita utile dell’impianto e in base alla sua potenza.
Complessivamente, il Decreto FER 1 prevede 7 bandi fino a settembre 2021; dopo la pubblicazione di ogni bando i soggetti interessati hanno a disposizione 30 giorni per l’invio delle domande. L’investimento complessivo stimato dal GSE – Gestore Servizi Energetici è di circa 10 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti, per una potenza complessiva di circa 8 GW, con un aumento previsto della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di KWh.
Il primo bando relativo al FER 1 si è svolto dal 30 settembre al 30 ottobre 2019: come ha messo in evidenza un’analisi dell’Associazione di categoria Elettricità Futura, i risultati delle aste hanno evidenziato come le richieste di remunerazione degli operatori siano state abbastanza in linea con i prezzi forward dell’energia elettrica. A testimonianza che ormai l’Italia sta entrando in una fase in cui i costi di realizzazione degli impianti FER sono ormai vicinissimi se non pari a quelli delle fonti convenzionali.
L’aspettativa è che nei prossimi anni questi costi possano ridursi ulteriormente e quindi contribuire ad abbassare il costo elettricità nel nostro Paese. Il secondo bando si è tenuto dal 31 gennaio 2020 al 1 marzo 2020, proprio in concomitanza con l’esplodere della crisi Covid-19. Quando l’emergenza sanitaria ha iniziato a prorogarsi, le Associazioni di categoria hanno immediatamente richiesto una proroga delle varie procedure previste dal Decreto FER 1, lamentando l’indisponibilità dei componenti principali degli impianti e l’impossibilità a svolgere le attività di cantiere, nonché la normale interlocuzione con le amministrazioni preposte.
La proroga, come abbiamo spiegato in un precedente articolo, è stata concessa dal GSE pochi giorni dopo. Ad esempio, per quanto concerne la delicata fase della presentazione dell’istanza di accesso agli incentivi – che secondo il Decreto sarebbe dovuta intervenire entro 30 giorni dall’entrata in esercizio dell’impianto – il GSE ha stabilito che se il termine dell’adempimento ricade nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 15 aprile 2020, i 30 giorni debbano essere conteggiati proprio a partire da questa ultima data.
Per quanto riguarda, invece, il rispetto – per gli impianti iscritti in posizione utile del primo bando – del termine ultimo per entrare in esercizio, è stata decisa una proroga addirittura fino al 5 febbraio 2021, proprio in considerazione dell’evento calamitoso. I proprietari di queste installazioni hanno inoltre tempo sino al 18 giugno per presentare le fideiussioni necessarie.
In relazione al secondo bando FER 1, quello cioè scaduto il primo marzo 2020, è del tutto probabile che nei prossimi giorni vengano stabilite delle disposizioni analoghe. Appare plausibile, inoltre, che le date del terzo bando (in teoria in programma dal 31 maggio al 30 giugno 2020) vengano modificate nelle prossime settimane, data la perdurante impossibilità di allestire cantieri e svolgere normalmente le procedure autorizzative. Tutto questo, è facile da capire, avrà delle serie ripercussioni sullo sviluppo della nuova capacità installata in Italia nel 2020, che sarà sensibilmente inferiore rispetto alle previsioni e alle aspettative degli operatori.