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FER1: cos’è il Decreto Rinnovabili e come funziona
Il Decreto FER1 promuove la produzione di energie rinnovabili e la creazione di nuovi impianti. Vediamo come funziona e come si può accedere agli incentivi.
I momenti in cui, appena dodici mesi fa, si declamavano i record raggiunti dalle rinnovabili italiane in termini di copertura del fabbisogno appaiono piuttosto lontani. Il Renewable Energy Report 2021 dell’Energy Strategy Group, rilasciato nei giorni scorsi, è un brusco richiamo alla realtà: per alcuni mesi, per effetto della drastica diminuzione dei consumi legata alla pandemia, c’è stata l’illusione statistica che il nostro Paese avesse definitivamente imboccato la strada della decarbonizzazione del settore energetico. In realtà, il Covid ha significativamente rallentato la costruzione di nuovi impianti nel nostro Paese, che ora è ancora più in ritardo rispetto al raggiungimento dei suoi ambiziosi target sulle rinnovabili al 2030. Il report del gruppo di lavoro del Polimi evidenzia, tra l’altro, come la performance dell’Italia sia piuttosto negativa se rapportata all’andamento del mercato europeo nel suo complesso nel 2020. L’Europa, con i suoi circa 40 GW di nuova capacità installata, lo scorso anno ha “festeggiato” il superamento di quota 650 GW di potenza complessivamente installata, con il fotovoltaico e l’eolico che hanno superato la soglia rispettivamente dei 160 e 200 GW in poco più di un decennio.
L’Italia delle energie rinnovabili, invece, nel 2020 ha visto aggravarsi una situazione di stallo che si trascina almeno dal 2018: secondo il Renewable Report, nel 2021, la nuova potenza da rinnovabili installata nel nostro Paese nel 2020 si è attestata a quota 784 MW, il 35,4% in meno (427 MW) rispetto al 2019, a causa soprattutto del crollo dei nuovi impianti eolici, precipitati del 79% dai 413 MW del 2019 agli appena 85 MW del 2020. Il fotovoltaico ha potuto contare su circa 625 MW di nuova capacità installata, mentre del tutto residuali sono stati i contributi di idroelettrico (66 MW) e biomasse. Insomma, soltanto il solare sembra aver limitato i danni, probabilmente anche sulla spinta dell’Ecobonus al 110 che sta spingendo il mercato residenziale: in effetti, se sino al 2015 si era assistito a un trend di crescita del «peso» delle installazioni di media o grande taglia rispetto a quelle residenziali, questa tendenza si è invertita nel 2020. Nell’ultimo anno, infatti, si è assistito a un calo degli impianti utility scale rispetto al 2019, mentre le installazioni in autoconsumo hanno mostrato un andamento positivo. L’Italia, nonostante tutto, resta con i suoi quasi 21 GW di installato il secondo Paese europeo per capacità cumulata, anche se lontanissima dalla Germania (53 GW). Per quanto riguarda l’eolico i numeri irrisori del 2020 non permettono all’Italia di tagliare il traguardo degli 11 GW, fermando la capacità cumulata a 10.800 MW, frutto in gran parte di impianti costruiti una decina di anni fa.
Il grande problema più volte sottolineato dal report è che, anche al netto dell’influenza della pandemia, lo sviluppo delle rinnovabili italiane appare del tutto insufficiente a raggiungere i target prefissati per il 2030 dal PNIEC: marciando al tasso di installazioni dell’ultimo triennio si raggiungerebbe al 2030 un parco installato di circa 41,7 GW (27,5 GW di fotovoltaico e 14,2 GW di eolico). Prendendo in considerazione gli impianti che hanno partecipato con successo alle aste del Decreto FER-1 (ma non ancora entrati in funzione) si arriverebbe a 43,2 GW, ovvero appena il 61% dell’obiettivo PNIEC. Per il fotovoltaico, dunque, permarrebbe un gap di ben 25 GW rispetto al target 2030, mentre l’eolico sarebbe lontano 5 GW dal traguardo. Secondo l’Energy & Strategy Group sarebbe perciò necessario incrementare considerevolmente i tassi annui di installazione già a partire dai prossimi anni, considerato anche che gli obiettivi PNIEC dovranno necessariamente essere aggiornati «al rialzo» in vista del nuovo Green deal europeo al 2050.
Dal momento che eolico e solare sono tecnologie e fonti che vanno forte su scala globale ed europea è evidente che il problema non è legato alle tecnologie in sé quanto, piuttosto, al peculiare contesto normativo italiano. Il principale imputato è il Decreto FER 1 che, con la reintroduzione di una incentivazione esplicita e diretta a sostegno delle rinnovabili, avrebbe dovuto facilitare il raggiungimento dei target sulle rinnovabili. I risultati delle aste, invece, confermano il sostanziale fallimento di questo strumento di incentivazione: le aste del Gruppo A (dedicate a eolico e fotovoltaico di nuova costruzione) hanno visto l’assegnazione poco più del 25% del contingente totale previsto dal Decreto FER 1 (1,52 GW su 5,5 GW). Nel Gruppo B (idroelettrico e impianti a gas residui) il terzo e quarto bando sono andati deserti e le assegnazioni siano state nulle. Nel Gruppo C (dedicato ai rifacimenti), così come nel Gruppo A, si è assistito ad una diminuzione della saturazione e a una quota di richieste inviate di molto inferiore rispetto al contingente messo a disposizione. Un ulteriore elemento negativo è rappresentato dall’incremento del prezzo medio di offerta, trend opposto a quanto fatto registrare altrove e che segnala la difficoltà degli operatori di accettare un’incentivazione più bassa.
Due appaiono, in particolare, le ragioni che al momento impediscono il pieno decollo delle rinnovabili. Innanzitutto le difficoltà di ottenimento del titolo autorizzativo, prerequisito necessario per l’accesso ad aste e registri e, in generale, per effettuare investimenti in nuovi impianti o in interventi di repowering. In secondo luogo c’è un problema di occupazione di suolo, soprattutto per gli impianti di maggiori dimensioni: questa possibilità risulta fortemente limitata in alcune regioni specifiche da regolamenti ostativi a un utilizzo del suolo agricolo per le installazioni di impianti rinnovabili. Eppure, le conseguenze non sarebbero clamorose: ipotizzando di installare soltanto impianti di grande taglia a terra per raggiungere gli obiettivi del PNIEC, sarebbero necessari circa 460 km2, cioè meno dello 0,5% delle aree agricole utilizzate o meno del 4% di quelle non utilizzate.
I rimedi prospettati dal Renewable Report 2021 per riattivare la ripartenza delle rinnovabili italiane sono chiari: innanzitutto lo sblocco del tema autorizzativo, accompagnato da misure di sostegno indispensabili come il prolungamento di meccanismi di supporto in continuità con quelli previsti dal FER 1, l’introduzione di obiettivi suddivisi tra le Regioni, coerenti con gli obiettivi nazionali per garantire il giusto coordinamento e indirizzo di pianificazione, l’avanzamento delle sperimentazioni sull’apertura del Mercato dei servizi di dispacciamento.