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Energie rinnovabili in Italia: come funziona e quanto costa il sistema di incentivazione

Energie rinnovabili in Italia: come funziona e quanto costa il sistema di incentivazione

La grande diffusione delle fonti rinnovabili è sotto gli occhi di tutti: impossibile non notare la presenza di pannelli fotovoltaici, pale eoliche e di altre tecnologie per la generazione di energia pulita nelle nostre città e nei passaggi di campagna o montagna. Poco più di dieci anni fa, però, la situazione era del tutto diversa: gli impianti fotovoltaici erano appannaggio soltanto di alcuni appassionati ecologisti, mentre la presenza di pale eoliche erano limitate a poche precise località, con progetti sperimentali.

L’unica fonte di produzione rinnovabile che aveva (e che ha tuttora) un ruolo importante era quella idroelettrica, soprattutto nel Nord Italia. Cosa è successo in questi dieci anni e poco più? La diffusione delle fonti di energia rinnovabile, soprattutto nel periodo 2008-13, è stata trainata dalla presenza di molteplici sistemi di incentivazione per queste fonti, in alcuni casi parecchio generosi (l’esempio più noto è quello delle prime edizioni del Conto Energia fotovoltaico), garantiti dalla componente A3 della bolletta elettrica, cioè sostenuti indirettamente da tutti quanti gli utenti elettrici italiani.

Incentivi a eolico e fotovoltaico: un po’ di storia

Grazie alla remunerazione diretta per ogni kWh prodotto, le rinnovabili hanno recuperato il gap di competitività con le fonti fossili, spingendo privati e semplici cittadini a investire su queste tecnologie. Proprio nei primi anni dell’incentivazione si sono gettati le basi per l’attuale diffusione delle fonti pulite, che hanno permesso all’Italia di raggiungere gli obiettivi europei al 2020 con numerosi anni di anticipo, perlomeno per quanto riguarda la parte elettrica. L’incentivazione, insomma, si è dimostrata sicuramente uno strumento molto utile in termini di generazione di kWh puliti, ma non è invece riuscita a supportare lo sviluppo di una filiera industriale nazionale. I pochi produttori di pannelli e componenti per l’eolico Made in Italy sono stati soppiantati nel giro di pochi anni dalla concorrenza internazionale, soprattutto asiatica.

Da qui ha preso origine la nota leggenda urbana, secondo cui gli incentivi alle rinnovabili pagati dagli italiani sarebbero finiti in Cina: in realtà buona parte di questi incentivi è finita in massima parte ai proprietari stessi degli impianti, in buona parte italiani e, in subordine, alla filiera nazionale di operatori deputati all’installazione e alla manutenzione degli stessi. Buona parte di questi incentivi sono stati aboliti dal 2014 in poi, proprio per un problema al tempo sentitissimo, quello cioè di un peso ritenuto eccessivo per le bollette elettriche. Ma gli impianti rinnovabili sovvenzionati prima dello stop, continuano ancora oggi a godere di questi meccanismi di incentivazione “generosi”, poiché costruiti per durare in media circa vent’anni.

Incentivi alle rinnovabili: il ruolo del GSE

Ecco perché, secondo l’ultimo rapporto delle attività pubblicato dal GSE, ancora oggi il conto del sostegno alle incentivazioni delle fonti rinnovabili risulta estremamente elevato: la stima è che, nel 2019, il Gestore dei servizi energetici abbia dovuto sostenere un costo netto di ben di cui 11,4 miliardi di euro per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (a cui vanno aggiunti ulteriori 1,3 miliardi ascrivibili all’efficienza energetica e alle rinnovabili termiche, 0,8 miliardi elativi ai biocarburanti e 1,3 miliardi riconducibili ai proventi derivanti dal collocamento di quote di emissione all’asta nell’EUETS).

Concentrandoci esclusivamente sulla parte elettrica, i costi sostenuti dal GSE per l’incentivazione e il ritiro dell’energia elettrica si sono attestati nel 2019 sui 12,9 miliardi di euro, in calo rispetto ai 13,4 miliardi del 2018 per effetto della minor produzione idroelettrica e delle scadenze del periodo incentivante di impianti ex Cerfificati verdi e CIP6/92

Questi costi sono stati in parte compensati dai ricavi provenienti dalla vendita dell’energia ritirata: nel 2019 il GSE ha collocato sul mercato elettrico 28,6 TWh, realizzando un ricavo di 1,5 miliardi di euro, in calo rispetto al 2018 sia per la contrazione dei volumi (-2 TWh) sia per la diminuzione del prezzo medio dell’energia. La differenza tra i costi e i ricavi ha così determinato gli 11,4 miliardi di euro di fabbisogno economico per il 2019, in lieve calo rispetto agli 11,6 miliardi del 2018. La fonte più onerosa dal punto di vista dei costi di incentivazione è anche quella più nota e popolare, vale a dire il fotovoltaico: nel corso del 2019 il GSE ha gestito l’erogazione degli incentivi ai 549.212 impianti (17.569 MW) ammessi ai diversi Conti Energia, per un costo di 5,9 miliardi di euro, ovvero circa 200 milioni in più rispetto al 2018.

Incentivi alle rinnovabili: la svolta del 2019

Il 2019 è un anno chiave per l’incentivazione delle fonti rinnovabili nel nostro Paese. In effetti, con tutta probabilità, si tratterà dell’ultimo anno in cui sono stati realizzati nuovi impianti senza il sostegno di strumenti di incentivazione diretti. In effetti, il D.M. 4 luglio 2019 (più noto come FER 1) ha rinnovato i preesistenti meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili (D.M. 6 luglio 2012 e D.M. 23 giugno 2016, in particolare riservati all’eolico), introducendo per la prima volta in Italia un sistema di competizione intertecnologica.

L’incentivazione è prevista per le fonti fotovoltaica, eolica, idroelettrica e gas di depurazione. In particolare, il Decreto individua, in funzione della fonte, della tipologia d’impianto e della categoria d’intervento, quattro differenti gruppi. Per ciascun gruppo sono previsti distinti contingenti di potenza incentivabile, da assegnare con sette successive procedure competitive di registro o asta, sulla base di specifici criteri di priorità o del ribasso sul livello di incentivazione offerto dagli operatori in sede di partecipazione alla singola procedura.

Gli impianti ammessi in posizione utile, a valle dell’entrata in esercizio, sono incentivati sulla base dell’energia immessa in rete: quelli fino a 250 kW con delle Tariffe Onnicomprensive (TO); quelli oltre tale soglia di potenza con un incentivo pari alla differenza tra una tariffa di riferimento e il prezzo zonale orario dell’energia. Sono inoltre previsti due ulteriori premi: uno da riconoscere all’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici installati in sostituzione di coperture d’amianto, l’altro all’energia prodotta e autoconsumata per gli impianti realizzati su edifici e di potenza fino a 100 kW.
La domanda che qualcuno si potrebbe fare è: perché, nonostante gli oltre 11 miliardi di euro spesi annualmente per l’incentivazione delle rinnovabili elettriche, l’Italia ha deciso di concedere una nuova tornata di incentivi alle fonti rinnovabili e, in particolare, al fotovoltaico? La risposta risiede negli obiettivi europei al 2030: per raggiungere il target del 30% di consumi di energia primaria coperti con le fonti pulite, solare ed eolico sono chiamati nei prossimi anni a viaggiare a un ritmo di installazione accelerato. Rendendo così indispensabile un sostegno statale per stimolare gli investitori e la realizzazione di nuovi impianti.

Giornalista, mi occupo da tredici anni di tecnologia e innovazione per le imprese ed energia, dalle rinnovabili all'efficientamento energetico.