- Scenario
nZEB, come funzionano gli edifici a energia quasi zero
Dall’inizio del 2021 la costruzione di edifici nZEB (a energia quasi zero) è obbligatoria nell’edilizia pubblica e privata e nelle ristrutturazioni. Vediamo cosa significa di preciso.
Serve fare efficienza energetica degli edifici italiani, ma soprattutto occorre intervenire per la decarbonizzazione del riscaldamento domestico in ottica di edilizia sostenibile.
Il settore residenziale è uno dei principali responsabili di molte delle emissioni inquinanti che si registrano ogni anno in Italia. Il riscaldamento nel residenziale ha un peso importante nell’inquinamento atmosferico. Ciò è stato messo in luce e confermato durante il primo lockdown del 2020. Malgrado lo stop delle attività produttive e di gran parte dei trasporti, le emissioni di PM10 in Lombardia sono diminuite solo del 17%, anche a causa di una crescita nell’uso del riscaldamento in casa, dove eravamo più o meno tutti confinati.
Serve quindi rinnovare gli impianti di riscaldamento puntando a soluzioni green e a un’edilizia sotenibile, contando su una profonda trasformazione delle soluzioni oggi presenti in buona parte delle 25,5 milioni di unità abitative.
Lo ha messo in luce lo studio Elemens focalizzato sulla strategia per la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento degli edifici in Italia, messo a punto per Legambiente e Kyoto Club.
La maggior parte dei consumi degli utenti residenziali sono finalizzati al riscaldamento delle abitazioni. Circa il 60% delle unità abitative in Italia è dotata di un sistema di riscaldamento autonomo, diffuso soprattutto negli edifici monofamiliari, categoria prevalente nel nostro Paese. I sistemi centralizzati interessano il 19% delle abitazioni, prevalenti negli edifici delle grandi città. Queste ultime sono caratterizzate da impianti centralizzati alimentati a gas e gasolio.
Il principale vettore energetico utilizzato per il riscaldamento residenziale è il gas naturale (50% dell’energia fornita), tipicamente utilizzato dalle caldaie tradizionali.
La cogenerazione pesa solo per il 5%, altrettanto marginali soluzioni sono le pompe di calore, il riscaldamento elettrico (boiler) e il solare termico (1% del totale).
Inquadrata la situazione dal punto di vista tecnico, si arriva alla questione più delicata: le emissioni inquinanti. Delle 2.081,5 kTon di CO2 emessi in atmosfera nel 2018, il settore residenziale è responsabile del 60%, così come lo è del 53% delle emissioni di polveri sottili PM10 e del 64% di PM2,5 (dati Ispra). Il principale “indiziato” è il riscaldamento domestico: non l’unico, ma di certo quello che ha il ruolo prevalente.
Per un’edilizia sostenibile, occorre quindi puntare a una decarbonizzazione del riscaldamento domestico, che significa passare da un modello improntato sulle fonti fossili alle rinnovabili: pompe di calore (geotermiche o alimentate con fotovoltaico), solare termico e impianti alimentati da biomasse legnose.
Ma per cambiare occorre anche essere supportati da strumenti incentivanti dedicati. Il panorama attuale premia ancora in maniera prevalente le fossili. Lo evidenzia lo studio Elemens:
il settore energia è quello che beneficia maggiormente, in termini economici, di sussidi ambientalmente dannosi. In generale, è possibile distinguere alcune agevolazioni che impattano, in maniera diretta, sul settore del riscaldamento residenziale.
Dall’ecobonus per caldaie a gas all’agevolazione per ridurre il prezzo per l’acquisito di gasolio e gpl in aree non metanizzate, fino all’Iva agevolata (10%) sui consumi gas, le misure sono diverse e non stimolano certo il passaggio a fonti decisamente meno impattanti.
In particolare l’ecobonus e – ancor più se sfruttato come intervento “trainante” – il Superbonus 110% è il principale strumento di supporto per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili termici nel settore residenziale. “Tuttavia, nel ventaglio di soluzioni tecnologiche agevolate dall’Ecobonus sono presenti alcune tecnologie, come le caldaie a condensazione, caratterizzate da un impatto ambientale superiore rispetto agli impianti a fonti rinnovabili (come pompe di calore geotermiche e solare termico) che godono di aliquote di detrazione pari a quelle utilizzate per gli impianti a zero emissioni” segnala.
Così si evidenzia, nell’analisi ai risultati del meccanismo dell’Ecobonus in merito alla sostituzione degli impianti di riscaldamento, che a prevalere sono le caldaie a condensazione: si contano quasi 100 mila interventi, seguita a distanza dalle pompe di calore (69 mila, comprese quelle geotermiche). Molto meno numerosi sono i pannelli solari termici, con circa 5mila installazioni.
L’installazione di caldaie a condensazione – a discapito di rinnovabili quali pompe di calore e solare termico – permette di beneficiare della stessa aliquota ottenibile installando impianti a zero emissioni in sito.
Da qui le proposte di Legambiente e Kyoto Club: sull’ecobonus/superbonus occorre eliminare dall’accesso gli impianti che utilizzano fonti fossili. Queste tecnologie potranno comunque beneficiare delle detrazioni al 50% per la sostituzione di impianti fino al 2025.
Inoltre occorre togliere l’esenzione dell’IVA agevolata gas: dato che questo incentivo supporta il riscaldamento da combustibili fossi (metano) a svantaggio di soluzioni a minor impatto ambientale, si propone il ritorno all’aliquota ordinaria.
Infine, riguardo allo sconto sull’acquisto di gasolio e gpl in aree non metanizzate (montane ma non solo) si richiede un cambio di destinazione del sussidio. Per favorire la diffusione di fonti rinnovabili e di sistemi a zero emissioni, bisogna rivedere gli incentivi per spostarli verso pompe di calore e solare termico o sistemi ibridi.
Oltre a intervenire sui meccanismi di supporto alle rinnovabili termiche, per la decarbonizzazione del riscaldamento domestico serve anche adottare misure coraggiose per eliminare gli impianti di riscaldamento a maggior impatto ambientale. Alcuni Comuni italiani hanno già previsto la dismissione delle caldaie a gasolio, a partire dal 2022, una delle quali Milano.
La proposta di Legambiente e Kyoto Club è indirizzata al Phase Out. Occorre, quindi, vietare l’installazione di impianti di riscaldamento alimentati a combustibili fossili negli edifici di nuova realizzazione a partire dal 2025. “In parallelo, dovrà essere introdotto, a partire dalle aree urbane e nelle ristrutturazioni integrali, l’obbligo di sostituzione di impianti esistenti alimentati a combustibili fossili con pompe di calore e rinnovabili”.
Le proposte fatte sono supportate dalle evidenze scientifiche dall’adozione di impianti di riscaldamento da fonti rinnovabili. Dall’impiego di pompe di calore geotermiche nel residenziale i benefici ottenibili sono diversi: ambientali in termini di riduzione di emissioni di CO2 oltre che di altri inquinanti; economici e occupazionali oltre a quelli ottenuti in termini di risparmio energetico; energetici, offerti dal risparmio di energia primaria da fonte fossile. A questi si aggiungono anche i benefici in termini di salute ottenuti da una migliore qualità dell’aria. Così pure sono elevati i benefici dall’installazione di impianti di solare termico, installabili su 1-2 milioni di edifici nonché quelli dai moderni impianti a biomassa legnosa (legna e pellet).