- Scenario
Manutenzione predittiva: che cos’è e come funziona
Nell’industry 4.0, la manutenzione predittiva (predictive maintenance) consente di individuare la probabilità di guasto di un macchinario industriale.
Industria 4.0 è una delle parole chiave per comprendere la trasformazione a cui è sempre più sottoposto il mondo manifatturiero. In effetti, da alcuni anni a questa parte le imprese industriali sono interessate a una crescente pressione competitiva, nonchè sono costrette ad affrontare una domanda di mercato sempre più instabile e frammentata. Difficile rispondere a queste sfide con l’approccio che ha storicamente caratterizzato l’industria italiana, cioè la combinazione di imprese familiari e una politica di prezzi bassi. La risposta, piuttosto, risiede nell’innovazione: secondo gli Osservatori del Politecnico di Milano, l’espressione Industria 4.0 fa riferimento a una evoluzione del settore secondario, in cui, grazie all’introduzione delle moderne tecnologie digitali, le imprese industriali e manifatturiere acquisiscono la possibilità di aumentare la propria competitività ed efficienza.
Il suffisso 4.0 non è certo casuale e sta a indicare la quarta grande rivoluzione tecnologica che ha interessato questo mondo a partire dalla sua nascita, dopo la prima innescata dalla macchina a vapore (fine 1700), la seconda caratterizzata dall’avvento dell’elettricità e dalla produzione di massa (inizi del 1900) e la terza ondata, frutto della prima informatizzazione e automatizzazione (1960-1970). L’attuale quarta ondata, che spesso viene chiamata Smart Manufacturing, come scrivevamo in precedenza fa invece riferimento alle moderne tecnologie digitali, quali Internet of Things (IoT), Intelligenza artificiale (AI), analytics, robotica avanzata ecc.
Da notare che l’espressione Industria 4.0 ha un luogo e un anno preciso di genesi: la prima volta che si parlò di Industry 4.0 fu alla fiera di Hannover (Germania), nel 2011, ossia dieci anni fa. Circa un anno dopo, nell’ottobre del 2012, fu presentato in Germania il primo vero piano di implementazione di Industria 4.0, il programma “Industry 4.0” , che si poneva l’intento esplicito di promuovere alcune politiche di lungo termine per la digitalizzazione del settore manifatturiero. In Italia, invece, il Piano Industria 4.0 fu presentato per la prima volta nel settembre 2016 per mezzo dall’allora Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che proponeva una serie di incentivi per favorire gli investimenti in tal senso del sistema manifatturiero italiano.
Nonostante il successo complessivo, il Piano Industria 4.0 è stato nel corso del tempo sottoposto a una serie di modifiche, che hanno ridisegnato il sistema di incentivi. In particolare, dalla Legge di Bilancio 2020 (L. 160 del 27/12/2019), il programma governativo è stato ribattezzato con il nome di Transizione 4.0. La principale innovazione di fine 2019 ha riguardato la sostituzione dell’iperammortamento e superammortamento riconosciuto per i beni strumentali in un credito di imposta. Inoltre il credito di imposta R&S è stato ampliato a nuove categorie di progetti (innovazione tecnologica e design), mentre l’accesso al credito di imposta “Formazione 4.0” è stato semplificato. Ulteriori novità sono arrivate dalla Legge di Bilancio per il 2021, che ha confermato e rafforzato l’impianto del Piano Transizione 4.0, con due obiettivi fondamentali:
1) Stimolare gli investimenti privati;
2) Dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto da novembre 2020 a giugno 2023.
Infatti, i nuovi crediti d’imposta sono previsti per 2 anni e non più per 1 soltanto, con la decorrenza della misura anticipata al 16 novembre 2020. Di particolare rilievo è la maggiorazione dei tetti e delle aliquote per i Beni materiali 4.0: ad esempio per le spese inferiori a 2,5 milioni di Euro è stata introdotta una nuova aliquota al 50% nel 2021 e 40% nel 2022. Le aliquote sono state incrementate anche per gli investimenti in beni immateriali (sostanzialmente i software che abilitano Industria 4.0) nonché per quelli in Ricerca & Sviluppo, Innovazione, Design e Green. Con le nuove misure previste dal Piano Transizione 4.0, il credito d’imposta formazione 4.0 è stato esteso alle spese sostenute per la formazione dei dipendenti e degli imprenditori, coprendo le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022. Ovviamente, il Piano Transizione 4.0 prevede degli appositi controlli, dunque chi decide di avvalersi del credito d’imposta previsto dal piano è tenuto a conservare tutta la documentazione relativa.
Di particolare rilievo è la possibilità, per i contratti di acquisto dei beni strumentali definiti entro il 31/12/2022, di beneficiare del credito con il solo versamento di un acconto pari ad almeno il 20% dell’importo e consegna dei beni nei 6 mesi successivi (quindi, entro giugno 2023). Un’ulteriore novità estremamente importante è che – in linea di massima – le agevolazioni diventano cumulabili con altri finanziamenti come quelli regionali, nazionali o europei.
Ma, soprattutto, con la Legge di Bilancio 2021, il Piano Transizione 4.0 è ritenuto dall’Esecutivo come un pilastro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (grazie a fondi per 24 miliardi di euro), capace di contribuire in modo incisivo al rilancio degli investimenti, alla ripresa dell’economia e alla modernizzazione del sistema produttivo e del Paese in coerenza con gli obiettivi del programma europeo Next generation EU.
Abbiamo già fatto riferimento al fatto che Industria 4.0, per sua stessa natura, è direttamente collegata all’introduzione di tecnologie digitali innovative, di natura profondamente diversa da quelle tradizionali per l’automazione industriale.
Tra queste, sicuramente c’è l’Internet of Things, ovvero quella tecnologia – utilizzata in tantissimi ambiti, a partire da quello domestico – che prevede la connessione degli impianti alla rete Internet. Con l’obiettivo di gestirne il funzionamento da remoto e acquisire dati e parametri che possono ottimizzarne il funzionamento. Una delle maggiori e più fortunate applicazioni dell’Internet of Things si è rivelata essere in ambito industriale, tanto che si parla di Industrial Internet of Things, universalmente noto con l’acronimo di Iiot. In cui i macchinari normalmente utilizzati per la produzione, diventano intelligenti (capaci cioè di identificazione, localizzazione, diagnosi di stato, acquisizione di dati, elaborazione, attuazione e comunicazione) tramite l’utilizzo di sensori, reti intelligenti e appositi protocolli di comunicazione.
Ma se è impossibile immaginare Industria 4.0 senza l’IIoT, è altrettanto vero che esistono tecnologie di natura diversa che possono appoggiare questa trasformazione industriale. Innanzitutto i software di Big Data, Analytics, Intelligenza Artificiale e Business intelligence evoluta, che permettono di mettere in risalto l’informazione nascosta nei dati prodotti dalle macchine connesse e utilizzarli per supportare decisioni rapide. Un’ulteriore supporto a Industria 4.0 arriva da tecnologie quali Realtà aumentata e realtà virtuale, che mettendo in connessione mondo digitale e virtuale, possono risultare estremamente utili in ambito industriale, ad esempio per accelerare la manutenzione e la prototipazione.
In ogni caso, i dati e le piattaforme di Industria 4.0 hanno bisogno di infrastrutture alle quali appoggiarsi, con il giusto grado di flessibilità: ecco perché, piuttosto che ai tradizionali Data center on premise, le imprese industriali innovative puntano su tecnologie come il Cloud e l’edge computing. Molto evidente e nota anche al grande pubblico è la cosiddetta Advanced Automation: in questa categoria rientrano anche i robot collaborativi (co-bots), progettati per lavorare al fianco degli operatori umani. Anche la stampa 3D, nota come Additive Manufacturing, rientra appieno in Industria 4.0, soprattutto per la sua capacità di accelerare i tempi della prototipazione industriale.
Un capitolo a parte merita il 5G, la quinta generazione di rete mobile che si sta affermando proprio in questi anni, caratterizzata da una maggiore velocità rispetto alle precedenti e, soprattutto, dalla capacità di supportare un numero molto superiore di device. Caratteristiche che, ovviamente, si sposano perfettamente con le esigenze delle aziende industriali che hanno deciso di avviare un percorso in ottica 4.0. Questa aziende, ormai, sono caratterizzate da ambienti fabbrica decisamente complessi, in cui macchine e robot avanzati sono dotati di un’ampia gamma di sensori collegati alla rete, riversando poi i dati nel cloud per gestire la produzione, i processi, il controllo qualità, la logistica e così via. È chiaro che tutto questo, per funzionare al meglio, ha bisogno alle spalle di avere una buona infrastruttura di rete. Che il 5G appare in grado di assicurare: ad esempio rendendo possibile una comunicazione a bassa latenza ultra affidabile, che è a sua volta una condizione vitale per le comunicazioni in tempo reale tra le macchine. La maggiore larghezza di banda e il supporto per una maggiore densità di dispositivi consentono di abilitare casi d’uso che presuppongono la generazione di un volume importante di traffico dati. Inoltre, lo slicing della rete del 5G consente la separazione virtuale delle reti, migliorando la sicurezza e l’affidabilità. In buona sostanza, eliminando alla radice la necessità di connettività cablata, il 5G possiede le caratteristiche per integrare un ambiente di produzione che ormai viaggia ad alta velocità, assicurando un ottimo grado di flessibilità.
Come abbiamo già scritto in precedenza, Industria 4.0 indica la quarta rivoluzione tecnologica che ha interessato il mondo manifatturiero nel corso della sua storia. Dunque, prima della fase 4.0 è esistita una fase 3.0, che è stata sicuramente molto importante e che ha rappresentato un enorme passo in avanti per tutte le imprese del settore. In estrema sintesi, questo periodo è stato caratterizzato dall’introduzione in fabbrica dei computer e dell’automazione industriale, con i robot industriali che sono stati utilizzati in misura crescente per svolgere processi sino a quel momento svolti dagli esseri umani.
Ma se, dunque, già la terza rivoluzione industriale prevedeva l’impiego dell’informatica e della robotica, che cosa davvero caratterizza Industria 4.0? In termini tecnici, la vera differenza risiede nei Cyber Physical Systems (CPS) tipici di Industria 4.0: il riferimento è alle macchine intelligenti, ai sistemi di stoccaggio e impianti di produzione che sono in grado di scambiarsi informazioni in modo autonomo, innescare azioni e controllarsi a vicenda in modo indipendente. Questo scambio di informazioni, come abbiamo già raccontato in precedenza, avviene tramite l’Industrial Internet of Things (IIoT) in cui migliaia di sensori lavorano in tempo reale per catturare dati e parametri che poi possono essere analizzati per migliorare i processi industriali, spesso e volentieri attraverso l’impiego di modelli predittivi. In altre parole, la differenza fondamentale è che le operazioni alla base di Industria 4.0 vengono eseguite in maniera autonoma dalle macchine, proprio grazie alla grande quantità di dati a disposizione e scambiati in tempo reale. Gli impianti industriali, insomma, possono auto ottimizzarsi per rispondere al cambiamento di qualche parametro. Mentre invece, dietro le azioni delle macchine e dei sistemi informatici di Industria 3.0 c’era sempre un intervento umano, da remoto. Ciò non toglie che, in qualche modo Industria 4.0 rappresenti un’evoluzione di 3.0, come dimostra il fatto che buona parte dei sistemi industriali della terza rivoluzione industriale possano essere utili per la quarta, grazie all’aggiunta di sensori e soluzioni IIot che consentono l’interscambio di dati.
La domanda è: quali sono i soggetti che hanno la possibilità di accedere al Piano Transizione 4.0? Sui requisiti necessari la normativa è piuttosto chiara. Possono infatti godere del Credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali. Sono invece escluse le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale. Sono inoltre escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive.
La fruizione del beneficio è ovviamente subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. Più complicata, invece, è la definizione i requisiti per cui i macchinari possono essere considerati come 4.0 e dunque usufruire dei benefici fiscali.
In particolare, per i beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti, è necessario il possesso di tutte le seguenti caratteristiche:
• controllo per mezzo di CNC (Computer Numerical Control) e/o PLC (Programmable Logic Controller)
• interconnessione ai sistemi informatici di fabbrica con caricamento da remoto di istruzioni e/o part program
• integrazione automatizzata con il sistema logistico della fabbrica o con la rete di fornitura e/o con altre macchine del ciclo produttivo
• interfaccia tra uomo e macchina semplici e intuitive
• rispondenza ai più recenti parametri di sicurezza, salute e igiene del lavoro
Inoltre tutte le macchine devono essere dotate di almeno due tra le seguenti caratteristiche per renderle assimilabili o integrabili a sistemi cyberfisici:
• sistemi di telemanutenzione e/o telediagnosi e/o controllo in remoto,
• monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro e dei parametri di processo mediante opportuni set di sensori e adattività alle derive di processo,
• caratteristiche di integrazione tra macchina fisica e/o impianto con la modellizzazione e/o la simulazione del proprio comportamento nello svolgimento del processo (sistema cyberfisico).
L’avvento di Industria 4.0 è in grado di assicurare tutta una serie di benefici, che abbiamo già parzialmente descritto, a partire dalla manutenzione predittiva. Oppure pensiamo alle tecnologie additive (3D), che possono consentire la realizzazione di piccoli lotti di prodotti altamente customizzati, favorendo il business e le opportunità commerciali. Volendo allargare il discorso, è evidente che questa rivoluzione ha le potenzialità per garantire alle imprese manifatturiere italiane grandi opportunità dal punto di vista dell’efficientamento dei processi, della riduzione dei costi e del miglioramento della produttività, abilitando su larga scala la capacità di produzione personalizzata, come si può leggere in un’apposita analisi dell’Università Cà Foscari di Venezia. L’impegno nell’innovazione può consentire anche un profondo ripensamento dei prodotti a catalogo ma, soprattutto, l’introduzione di nuovi servizi pre- e post-vendita, in piena ottica servitization. C’è infatti un aspetto trascurato: dalle fabbriche di Industria 4.0 possono uscire prodotti connessi e smart, che possono cioè essere costantemente monitorati e migliorati nei parametri di funzionamento, permettendo ai fornitori di mettere a disposizione dei servizi che rendono possibile un reale miglioramento delle condizioni di utilizzo. Non solo: sulla scia di Industria 4.0, le imprese italiane possono meglio gestire le relazioni con i propri partner e fornitori, dando vita a delle vere e proprie filiere interconnesse. Le ricadute sono positive anche dal punto di vista della sostenibilità: dal momento che Industria 4.0 permette una migliore tracciabilità del flusso delle materie prime e delle risorse utilizzate, diventa possibile ottimizzarne l’impiego (abilitando una efficienza energetica industriale), con una conseguente riduzione degli scarti e delle emissioni nocive, come peraltro richiesto da tutte le normative europee.
Ormai da una decina di anni Industria 4.0 è passata dalla teoria alla pratica, grazie anche all’esistenza e alla disponibilità degli incentivi e delle agevolazioni fiscali. Dunque gli esempi concreti non mancano di certo, seppure spesso afferenti soltanto ad alcuni peculiari ambiti riferibili a Industria 4.0.
Ad esempio Cascina Italia, un’impresa lombarda specializzata nel settore della lavorazione di uova, ha adottato soluzioni robotizzate per ottimizzare i processi interni: in particolare, è stato installato un robot collaborativo per la preparazione delle scatole nella linea produttiva e per il confezionamento delle uova. Grazie a questo investimento, l’impresa riesce oggi a maneggiare 1,5 milioni di uova al giorno, tanto da essere rientrata dall’investimento in appena 12 mesi. A livello internazionale la realtà aumentata è invece il focus della Deere & Company, più nota come John Deere, una delle principali imprese produttrici di macchine agricole: che utilizza la AR per consentire ai clienti di testare i prodotti, fin dalla fase della loro progettazione, raccogliendo preziosi feedback per correggere i difetti e migliorarne il funzionamento tecnico. Il principale beneficio ottenuto riguarda i processi di progettazione, che sono stati resi più veloci ed efficienti. Le tecnologie di simulazione, il cosiddetto Digital Twin, rappresentano invece il focus del noto produttore automobilistico Mercedes-Benz: grazie all’allestimento di linee di assemblaggio virtuali la multinazionale tedesca riesce a simulare completamente tutto il processo di produzione in formato digitale, gestendo quindi l’enorme complessità di realizzazione delle automobili moderne. In particolare, il principale vantaggio di questo approccio consiste nella possibilità di valutare la fattibilità tecnica dei nuovi progetti di veicoli prima dell’avvio della produzione in serie. Tornando in Italia, in piena ottica Smart Connected products è l’esperienza di Cimbali, specializzata nella produzione di macchine professionali per il caffè, che ha realizzato una vera e propria ‘macchina del caffè connessa’, capace di fornire costantemente informazioni per migliorare il servizio di assistenza post-vendita, tracciare le prestazioni e abilitare così un servizio di manutenzione predittiva.
Come abbiamo scritto nei capitoli precedenti, la robotica di nuova generazione rappresenta senza dubbio una delle tecnologie fondanti di Industria 4.0. Nonché una delle più impiegate, perlomeno in questa prima fase. Il perché è facile da intuire: l’impiego della robotica può portare a una completa digitalizzazione e automazione dei processi delle imprese industriali, favorendo un netto miglioramento di produttività e qualità, grazie alla riduzione dei difetti e una maggiore flessibilità della produzione. Rispetto agli impianti automatizzati del passato, i robot impiegati nell’Industria 4.0 sono decisamente più autonomi, flessibili e collaborativi, grazie ai sensori e software di nuova generazione che permettono loro di muoversi senza collisioni e di essere facilmente riprogrammati. Addirittura i moderni robot possono arrivare ad apprendere le nuove mansioni autonomamente, attraverso l’imitazione delle azioni dei colleghi umani. Ma soprattutto, sempre più spesso, nelle moderne realtà industriali i robot lavorano e operano fianco a fianco dei lavoratori umani e non più in ambienti separati. Proprio per questo sono chiamati robot collaborativi. Inoltre occorre considerare che le tecnologie abilitanti Industria 4.0 permettono ai robot di adattarsi e comunicare con gli altri macchinari presenti nello stabilimento, favorendo un adeguamento automatico alle diverse fasi di produzione.
Ma oltre a questi aspetti, non bisogna dimenticare l’importanza della sicurezza: oggi infatti i robot vengono utilizzati per verniciare o sigillare le merci prima dell’imballaggio finale e della distribuzione. Dal momento che questi compiti espongono spesso i lavoratori a una miriade di sostanze chimiche, alcune delle quali estremamente pericolose per l’uomo, i robot si rivelano una soluzione ideale alternativa. Un discorso simile coinvolge anche l’ottimizzazione dei magazzini. I robot possono svolgere le attività manuali (ad esempio immagazzinamento dei pacchi negli scaffali) in maniera molto più rapida ed efficiente rispetto alle loro controparti umane, rappresentando al contempo un’alternativa molto più sicura rispetto al lavoratore medio. Un classico sistema di robotica intelligente è adottato da Amazon, il colosso statunitense di e-commerce, nel 2012 ha acquisito e adottato Kiva Systems, un sistema di robot mobili e software di gestione per l’organizzazione dei propri magazzini. Questa implementazione permette al colosso della logistica di eseguire gli ordini il 70% più velocemente rispetto ai magazzini tradizionali. Mentre infatti i robot eseguono le attività manuali di raccolta e spostamento dei pacchi, i lavoratori possono dedicare più tempo a migliorare il processo complessivo.
Industria 4.0 nel nostro Paese ha una data di origine precisa: il 21 settembre 2016, pochi mesi dopo la conclusione, in sede parlamentare, dell’Indagine conoscitiva “Industria 4.0: quale modello applicare al tessuto industriale italiano. Strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali”, il Governo presentò il Piano Nazionale Industria 4.0 (noto anche come Piano Calenda, dal nome del ministro dello Sviluppo economico proponente). Si trattava di un programma di interventi di sostegno all’innovazione tecnologica in chiave pro-competitiva del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato per la maggior parte da piccole e medie imprese operanti nel settore manifatturiero e da una bassa crescita della produttività.
Il Piano, che aveva come orizzonte temporale di sviluppo il periodo 2017-2020, prendeva sostanzialmente le mosse dalla considerazione, più volte rimarcata dalla Commissione europea, che per avere un impatto sul fiacco andamento della produttività nazionale, fosse necessaria un’ampia promozione degli interventi e delle competenze nel processo di trasformazione digitale e tecnologica del Paese. Rimettendo al centro le imprese del settore manifatturiero che, come si può leggere nella prefazione del Piano Industria 4.0, “rappresentano il motore della crescita e dello sviluppo economico, con la loro capacità di produrre ricchezza e occupazione, alimentare l’indotto e le attività dei servizi, contribuire alla stabilità finanziaria, economica e sociale”.
In questo senso il Piano prevedeva un insieme di misure organiche e complementari in grado di favorire gli investimenti per l’innovazione e per la competitività. Immediatamente dopo la presentazione del piano, ma anche nei mesi/anni successivi sono state introdotte tutta una serie di incentivi e di misure di sostegno che possono essere ricondotti al Piano Industria 4.0. Tra questi, senza pretesa di esaustività, sono stati adottati
Tutte queste forme di incentivazione, lo ricordiamo, sono state ricalibrate con il più recente Piano Transizione 4.0.
Esistono poi altre forme di sostegno, più indirette, che possono essere comunque riferite riferibili a Industria 4.0. In particolare, una di queste è il Contratto di sviluppo, introdotto nell’ordinamento dall’ art. 43 del D.L. n. 112/2008, operativo dal 2011, che rappresenta il principale strumento di intervento a livello nazionale per il sostegno di programmi di sviluppo, comprendenti sia attività di investimento e di industrializzazione, sia associate attività di ricerca e sviluppo (R&S), per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno. Attraverso lo strumento dei contratti di sviluppo si intende sostenere investimenti di grande dimensione, tra cui programmi di sviluppo industriale, finalizzati alla produzione di beni e servizi. Le agevolazioni concesse attraverso i contratti di sviluppo assumono diverse forme, anche in combinazione tra loro. Tra queste:
I programmi di sviluppo possono essere realizzati da una o più imprese, italiane o estere, di qualsiasi dimensione (compatibilmente con i regolamenti europei applicabili). Le modifiche introdotte ai contratti di sviluppo al tempo del varo di Industria 4.0 miravano soprattutto a fornire una corsia preferenziale (fast track) per le risorse e una riduzione dei tempi, focalizzando lo strumento su interventi strategici, nonché a stimolare l’intervento finanziario delle Regioni.
Un ruolo importante, grazie anche alle risorse finanziarie riconosciute, è assegnato ai centri di competenza nazionali per Industria 4.0. Gli otto centri che sono stati selezionati sono:
CIM 4.0 – Competence Industry Manufacturing 4.0
Made – Competence Center Industria 4.0
BI-REX – Big data Innovation-Research EXcellence
ARTES 4.0 – Industry 4.0 Competence Center on Advanced Robotics and enabling digital TEchnologies & Systems 4.0
SMACT Competence Center
MedITech Competence Center I 4.0
START 4.0– Sicurezza e ottimizzazione delle Infrastrutture Strategiche Industria 4.0
CYBER 4.0 – Cybersecurity Competence Center
Nei primi anni di attività i contributi erogati ai competence center (attivi dal 2018) sono stati investiti soprattutto nell’infrastrutturazione delle sedi, nella strutturazione dell’offerta formativa e nell’attivazione dei bandi per i progetti di innovazione presentati da parte delle imprese. Sono comunque stati erogati complessivamente circa 150 eventi formativi tra corsi, webinar ecc. Sono stati attivati 14 bandi per progetti di innovazione delle imprese, con cui sono stati selezionati più di 140 progetti da finanziare per un ammontare complessivo di finanziamenti di circa 18 milioni di euro. Non solo: alcuni competence center hanno realizzato linee pilota o dimostratori con cui formare e dimostrare le tecnologie 4.0.