Realizzato da Luminetwork
Luminetwork
Cerca
  • Città intelligente
  • Scenario

Trasporto pubblico a emissioni zero: l’importanza dell’elettrico

Trasporto pubblico a emissioni zero: l’importanza dell’elettrico

Perseguire l’obiettivo trasporto pubblico a emissioni zero è necessario, tenendo conto degli obiettivi net zero da raggiungere al 2050 e della necessità di ridurre le emissioni di CO2 del 55% al 2030. Pare una sfida impossibile quanto meno in Italia, il cui parco mezzi su gomma ha un’età media di 12,3 anni (dati 2018), superiore alla media UE di ben 7 anni.
Stiamo parlando di una flotta composta da autobus e filobus, un totale di 42.800 mezzi urbani ed extraurbani.

Ma è una sfida fondamentale nella più ampia strategia che dovrà portare alle zero emissioni nette da qui a meno di 30 anni. Perché il settore dei trasporti in Italia – e in Unione Europea – è responsabile di un quarto delle emissioni gas serra e il trasporto su strada, in particolare, è causa del 92,6% delle emissioni, ricorda Ispra.

Età media mezzi tpl pubblico in italia
Età media mezzi tpl pubblico in italia

Anche il trasporto pubblico locale è coinvolto. C’è maggiore bisogno di trasporto collettivo, della sua modernizzazione e questo è possibile raggiungerla in due modi: ampliando le reti di trasporto rapido di massa in sede propria e ammodernando il parco mezzi urbano ed extraurbano puntando alla sua elettrificazione. «Negli ultimi 5 anni Governo e parlamento hanno messo a disposizione ingenti fondi a disposizione, attraverso il piano di rinnovo 3,6 miliardi e il PNRR e fondo complementare, che insieme hanno recuperato investimenti precedenti e messo nuove risorse. Da qui al 2033 totale 4,6 miliardi da dedicare a questo obiettivo», ha ricordato Anna Donati in occasione del convegno “Trasporto pubblico a zero emissioni. Il Vademecum di Motus-E per accelerare la transizione elettrica”, organizzato a Key Energy.

I fondi ci sono, e sufficienti ad attuare una transizione ecologica del trasporto pubblico. Su questo, però, c’è una certa preoccupazione da parte di molti attori del settore, ha ricordato la stessa responsabile Mobilità di Kyoto Club: «dai piani e dai decreti, ci sono accenni generici all’impiego di mezzi “a basse emissioni” senza definire bene a quali tecnologie si fa riferimento e lasciando spazi di interpretazione ampi. Tra l’altro, fino a giugno 2021 c’è stato spazio per l’acquisto di autobus diesel euro 6: abbiamo fortemente criticato questa scelta».

Trasporto pubblico a emissioni zero: una sfida complessa, ma essenziale

Ma perché non si punta sull’elettrificazione del tpl, raggiungendo l’obiettivo di avere un trasporto pubblico a emissioni zero? Ci sono almeno tre stereotipi che la frenano: i costi dei bus elettrici più elevati; le aziende tpl non sono pronte per gestire questo cambio di paradigma; non c’è un’industria italiana autobus.

«Nessuno nega questo, ma la domanda è: vogliamo frenare o sostenere la transizione? Perché facendo massa si aiuta e si sostiene il cambiamento. Inoltre ricordo che ci sono 300 milioni di euro di fondi di sostegno alla filiera italiana autobus dell’elettrico», ha ribadito Donati.

Certo, non è affatto semplice passare dall’endotermico all’elettrico, specie per un settore quale il trasporto pubblico che impiega oltre 124mila addetti in aziende di livello locale e regionale, trasporta 5,4 miliardi di passeggeri l’anno e produce un fatturato di circa 12 miliardi di euro. Lo rileva Motus-E, che sulla possibilità di vedere autobus elettrici nel trasporto pubblico ha pubblicato un vademecum. La prima piattaforma di aggregazione italiana di stakeholder attivi nell’intera catena del valore della mobilità elettrica ha voluto realizzare questo contributo consapevole che è possibile svoltare verso l’elettrico. A patto di creare le giuste condizioni, che riguardano diversi modelli di business (l’adozione di PPP, partnership pubblico private, per l’acquisto di flotte elettriche, per esempio), ma anche ripensare la stessa mobilità urbana.

Bus elettrici vs endotermici: l’acquisto conviene, ecco perché

Una prima, importante, evidenza – riportata nel vademecum – riguarda i costi di un bus elettrico. Vero: costa di più, ma il Total Cost of Ownership (TCO) è favorevole all’acquisto, si spiega nel dettaglio. Il maggior costo di acquisto di un BEB (Bus Elettrici a Batteria) si aggira oggi intorno ai 500mila euro, più del doppio rispetto a un bus diesel (210mila €) o a metano (250mila €). Ma ciò “non deve scoraggiare l’intento ad elettrificare una linea”, scrive Motus-E. Va infatti considerato che i costi operativi, di manutenzione, uniti alle esternalità ambientali positive, ripagano, in tempi non prolungati, l’investimento effettuato.

TCO BUS ELETTRICO
TCO BUS ELETTRICO

Posto l’esempio dell’acquisto di 100 bus elettrici e 100 diesel Euro 6, nell’arco di tutta la durata del progetto, pari a 13 anni, l’elettrificazione delle linee di trasporto pubblico urbano genererebbe un risparmio pari a 3,77 milioni di euro rispetto all’impiego di autobus nuovi Euro 6.

Se entrambi i progetti fossero poi finanziati al 100%, il risparmio dovuto all’elettrificazione sarebbe pari a 28,8 milioni di euro.

I benefici ambientali derivanti dall’elettrificazione delle linee, per tutta la durata del progetto, ammonterebbero a 7,6 milioni di euro. “Inoltre, se venisse utilizzata elettricità 100% rinnovabile, per esempio tramite la stipula di un Renewable Power Purchase Agreement (PPA), i benefici ambientali potrebbero essere ulteriormente amplificati”, scrive sempre Motus-E.

Bus elettrici, un ruolo essenziale nella transizione energetica e per le smart grid

Ci sono poi altri importanti vantaggi offerti dai bus elettrici. Essi consentono anche di fornire, per il tramite delle infrastrutture di ricarica, servizi di flessibilità alla rete elettrica remunerati economicamente, “andando a costituire delle revenue stream addizionali che un analogo endotermico non dispone”. Motus-E mette in luce, infatti, il Bus-to-Grid (B2G) che costituirà un elemento fondamentale per le future smart grid.

Inoltre, i bus elettrici permettono di impiegare le batterie giunte a fine vita per applicazioni second life, come l’energy storage stazionario proveniente da impianti fotovoltaici installati nei condomini, favorendo così la diffusione dell’autoconsumo collettivo come auspicato dalla Direttiva UE 2018/2001 (REDII) e contribuendo così alla transizione energetica.

Trasporto pubblico a emissioni zero: l’elettrificazione procede lenta

L’elettrificazione del tpl è un progetto complesso. Contare su un trasporto pubblico a emissioni zero richiede, infatti un approccio integrato rispetto ai processi di acquisto tipici della PA in questo settore, non può essere pertanto pensato come una mera sostituzione uno-a-uno di bus a fine vita con bus elettrici. Ma, come ha sottolineato Francesco Naso, segretario generale Motus-E il momento è favorevole perché «possiamo cominciare a darci obiettivi concreti sulla elettrificazione per riuscire a centrare il potenziale di elettrificazione completa da qui ai prossimi 10 anni».

Intanto però occorre sviluppare una flotta consistente di e-bus, perché quella odierna in Italia (e in Europa) è assai scarna: nel 2020 in Italia gli autobus elettrici di nuova immatricolazione costituivano il 9,4% del totale: sul totale dei 1097 mezzi immatricolati, solo 97 erano elettrici.

Se guardiamo al contesto UE, nei primi sei mesi del 2021 di autobus elettrici immatricolati se ne contavano 1340 (un forte aumento rispetto ai 712 del primo semestre 2020). Nel 2020 si era arrivati a 2026 unità, nell’anno corrente si prevede si arriverà a circa 2400 unità.

Siamo indietro su tutti i fronti, contando che, secondo stime della IEA attualmente circolano circa 460mila autobus elettrici nel mondo, la maggior parte dei quali in Cina. Secondo lo stesso rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, la percentuale di e-bus nelle città dovrebbe raggiungere l’80% entro il 2030, con notevoli benefici per l’ambiente, l’economia e la salute. Enel-X sottolinea che:

“Solo in Italia, la graduale riduzione delle emissioni di gas di scarico delle auto entro il 2030 si tradurrà in un risparmio complessivo di 10,5 miliardi di euro in termini di miglioramento della produttività, riduzione degli oneri per il sistema sanitario e vite salvate.”

Trasporto pubblico elettrico: le città modello e l’importanza delle ferrovie

A proposito di trasporto pubblico a emissioni zero e alla mancanza di autobus elettrici made in Italy, anche in questo senso le cose stanno cambiando. Industria Italiana Autobus presenterà questo mese il Citymood 12e, primo autobus elettrico italiano, interamente progettato e prodotto nel Belpaese.

bus elettrico
bus elettrico

Ma le cose stanno cambiando anche nelle città: Milano e Torino a parte, ci sono diversi esempi di realtà cittadine che stanno puntando sull’elettrico. Una è Genova, che si è data come obiettivo al 2025 di un trasporto pubblico full electric. Lo ha ribadito al convegno lo stesso Assessore alla transizione ecologica, trasporti e mobilità del Comune di Genova, Matteo Campora. A tale proposito ha ricordato che «i 470 milioni di euro rappresentano la linea di finanziamento più importante mai ricevuta da Genova», e pur consapevoli che il tpl elettrico «è un ecosistema complesso, costituito non solo da nuovi mezzi, ma anche da rimesse predisposte e infrastrutture di ricarica, questo investimento andrà a rivoluzionare il trasporto pubblico locale della città. Oggi i abbiamo il 10% di mezzi elettrici, nei prossimi sei mesi puntiamo al 20%, fino ad arrivare a 345 mezzi elettrici da qui al 2023». Sarà un trasporto pubblico locale integrato e intermodale, quello genovese, ma non solo.

Anche a Bergamo le cose stanno cambiando. Lo ha sottolineato Gianni Scarfone, Direttore Generale dell’azienda ATB di Bergamo, prima azienda ad avere realizzato prima in Italia una linea tpl dedicata elettrificata, già tre anni fa. «Il tema dell’elettrificazione delle flotte è ormai decisivo. A livello europeo c’è stata una decisione rivoluzionaria su sistemi tpl e ora con il PNRR si sono create politiche pubbliche favorevoli. Ha ricordato che è previsto un piano di sostituzione da qui al 2027 per fuoriuscire dal sistema diesel, operando in un sistema di 400mila utenti. Bergamo ha scelto di puntare su una linea mista elettrica metano, da qui al 2027 flotta solo di una 15ina diesel. «Ma non basta: abbiamo due progetti straordinari: la seconda linea tramviaria, integrabile con servizi comprensoriali del trasporto ferroviario; e la linea di BRT elettrico con mezzi da 18 metri che collegherà la zona di Dalmine con 15 nuovi bus riservati per l’83% a questa, finanziato dal PNRR».

C’è poi da considerare l’importanza di collegare il tpl con l’infrastruttura ferroviaria. Come ha spiegato Luigi Contestabile, Responsabile Asset Advisoring e Sviluppo Servizi RFI, il trasporto ferroviario è decisivo per la mobilità sostenibile: «un quarto degli italiani abita a meno di un km da stazioni ferroviarie e a 3 km ci abita circa il 50% degli italiani. Quindi la mobilità ferroviaria è fondamentale per il tpl: occorre che le città e non solo pensino a queste potenzialità. La stazione è al centro delle cose ma va sfruttata. Metà dei fruitori del treno va a piedi in stazione. Quindi la pedonalità è centrale nell’intermodalità ferroviaria, insieme alla ciclabilità».

Giornalista freelance specializzato in tecnologia e in modo particolare in tematiche che hanno un impatto significativo sulla vita quotidiana e su quella futura: smart energy, smart building, smart city.