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Contratto EPC e CAM-EPC: cosa cambia con le ultime disposizioni
Contratto EPC e CAM-EPC: come cambia il Contratto di prestazione energetica e il rapporto tra ESCo e Pubblica Amministrazione con il Decreto del MASE
Per la Pubblica Amministrazione, i concetti di smart city, interoperabilità dati, ruolo di integratore, Internet of Things non sono sempre così chiari e definiti. Abbiamo raccolto la visione di alcuni esperti per capire meglio il punto di vista dei decisori della P.A. nell’affrontare una tematica così complessa.
“Non esiste LA smart city. Esistono diverse applicazioni intelligenti che devono essere prima di tutto calate nei contesti. Perché ogni città è diversa.
Il modello da adottare dipende dalle criticità e dalle vocazioni della città ma anche dallo stato dell’arte. Parlare di smart city a Singapore o in una città europea, ad esempio, assume un significato completamente diverso.”
Con queste parole, Renato Galliano, Direzione Economia Urbana e Lavoro del Comune di Milano, ha espresso, durante un recente incontro dedicato alle smart city, un concetto fondamentale. Non esistono vestiti pre-confezionati per rendere una città intelligente. Ogni progetto va studiato, valutato e cucito su misura, tenendo conto delle caratteristiche intrinsiche di ogni città e delle infrastrutture, degli edifici e degli impianti già esistenti e partendo da un punto cruciale: le esigenze dei cittadini.
Non esiste un solo modello di smart city. Ne esistono molteplici.
E ancora di più, oggi, il significato di città intelligente deve toccare due aspetti cruciali: sul piano ambientale, lo sviluppo sostenibile e l’efficientamento energetico; sul piano sociale, l’inclusione e la partecipazione attiva dei cittadini.
La città è un ecosistema complesso in cui i vari attori e le varie parti in gioco devono lavorare e funzionare insieme. E così come avvenuto per Milano, la città deve giocare il ruolo prioritario di integratore.
Ma non tutte le realtà sono pronte a farlo. Per assumere questo ruolo occorre essere preparati e conoscere bene la materia…
Vediamo cosa significa, per una città, essere integratore…
Le nuove tecnologie rappresentano uno strumento. La sensoristica e l’Internet of Things (IoT) permettono infatti di raccogliere, analizzare ed elaborare tanti dati e di mettere in comunicazione diversi oggetti fra loro (lampioni, telecamere, edifici ecc). Dati che possono riguardare, ad esempio, l’uso di certi servizi, la qualità dell’aria, la gestione dei rifiuti, il traffico, il risparmio energetico degli edifici, la geolocalizzazione di parcheggi o di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici e tanto altro. Analizzare tali dati permette di cogliere lo “stato di salute” della città e di monitorare criticità e problematiche, con l’obiettivo di migliorare i servizi ai cittadini, la qualità di vita nel contesto urbano e l’impatto ambientale. Il tutto integrando sensori e IoT con le strutture già esistenti sul territorio, sfruttando l’interoperabilità tra sistemi, in un percorso ideale che conduce a una singola infrastruttura di base e a un’unica piattaforma di offerta dei servizi.
La complessità di tecnologie digitali e IoT richiede quindi conoscenza e l’utilizzo di un linguaggio comune per la raccolta e l’analisi dei dati. Per questo le parole d’ordine devono essere know how specializzato e interoperabilità. Interoperabilità di dati ma anche interoperabilità di sistemi, di dispositivi e di competenze.
Una nota sulla definizione di interoperabilità. Interoperabilità è la capacità di più sistemi, reti o elementi di scambiare informazioni tra loro e di parlare un linguaggio comune.
Il nuovo modello di interoperabilità rappresenta un asse portante del piano per l’informatica nella Pubblica Amministrazione promosso dall’Agid, l’agenzia per l’Italia digitale, in quanto ritenuto necessario al funzionamento dell’intero sistema informativo della PA.
Oggi il termine smart city è entrato in modo preciso all’interno delle politiche di Comuni e Pubbliche Amministrazioni. All’interno delle amministrazioni, innovazione e smart city sono spesso seguiti da un team di lavoro specifico che ha l’obiettivo di migliorare i servizi ai cittadini e trovare soluzioni per aumentare sicurezza e vivibilità. Ed è la cosa migliore per poter lavorare in questo senso, per non rischiare che ci siano troppe figure da coinvolgere prima di poter avviare un progetto “smart” (un aspetto che diventa troppo spesso una barriera).
Parlando con Roberto Mura, Responsabile Smart City del Comune di Pavia e Consigliere in Regione Lombardia, e ascoltando Sauro Vicini, Innovation Manager della Fondazione Cluster Smart Cities & Communities della Lombardia, viene evidenziato come sia importante poter sperimentare le nuove tecnologie per la smart city, magari in contesti di open innovation, per capire meglio opportunità, risultati, ottimizzazioni e sinergie.
Qui entrano in gioco anche i Living Lab* per le città intelligenti, dove PA e aziende possono portare avanti nuove idee, in sinergia… Torino City Lab è sicuramente un esempio virtuoso in questo senso, ma ci sono altri casi italiani molto interessanti. Casi che stiamo raccontando attraverso il premio Ecohitech Award, riconoscimento alle soluzioni e ai progetti di smart city in Italia. Giunto quest’anno alla sua XXI edizione, il premio è organizzato dal Consorzio Tecno in partnership con Key Energy (l’evento internazionale sulla filiera delle energie rinnovabili in programma a Rimini dal 3 al 6 novembre 2020).
* Cosa sono i Living Lab? Sono luoghi di innovazione aperta che permettono di individuare, sperimentare e verificare soluzioni complesse in contesti di vita reale che possano portare alla creazione di nuovi servizi, prodotti e infrastrutture sociali