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GPP e acquisti verdi: come funziona il green public procurement
Il GPP è uno strumento fondamentale di politica ambientale per gli acquisti verdi da parte della PA. Ecco come funziona il green public procurement
Cosa sono e che valore hanno gli ESG per le imprese? A livello finanziario, enorme. Nel complesso, stando a un’analisi di Bloomberg, i fattori ESG potrebbero raggiungere i 53mila miliardi di dollari quest’anno, evidenziando una notevole crescita rispetto ai 37.800 miliardi di quello appena concluso. Non è certo finita la corsa: supponendo una crescita del 15%, la metà del ritmo degli ultimi cinque anni, gli asset ESG in gestione potrebbero salire a più di un terzo del totale globale previsto di oltre 140mila miliardi di dollari entro il 2025.
Ma come è potuto accadere che nel corso degli ultimi 15 anni, ovvero da quando si è cominciato a parlare ufficialmente di criteri ESG (Environmental, Social, and Governance), si sia registrato una così forte attenzione verso questi aspetti in termini di investimento e non solo?
Alla base c’è una sempre maggiore sensibilità generale verso le questioni relative all’ambiente, ma anche al sociale e al modo in cui viene gestita la governance aziendale e non solo.
Sostenibilità ambientale, sociale, finanziaria sono imprescindibili per le aziende, ma anche per le città, come mette in luce il “Future City ESG Innovation Index”. Il report recentemente pubblicato da DEEP Ecosystems fornisce la classifica delle 57 città europee dove vedremo emergere nuove imprese globali come campioni ESG, affrontando le sfide della transizione verso una società più verde e sostenibile. Il concetto di smart city è ben presente tra i criteri di analisi. Come si legge, la tecnologia può far progredire gli sforzi della società per costruire un ambiente sostenibile, socialmente giusto e ben governato. Tra le città più avanzate c’è anche Milano, in rappresentanza dell’Italia.
Il nostro Paese, e le sue imprese, pare aver recepito l’importanza dei criteri ES…
Anche se oggi sono universalmente noti, è bene dare una definizione di ESG. ESG è l’acronimo di Environmental, Social and Governance, tre dimensioni non strettamente economico-finanziarie che ormai sono prese in considerazione nella gestione d’impresa e degli investimenti finanziari. Sono criteri che fungono da standard per le operazioni aziendali e che gli investitori “socialmente responsabili” usano per selezionare i potenziali investimenti.
La pratica degli investimenti ESG trae le sue radici dagli intenti di sostenibilità già presenti negli anni Sessanta, ma è nel 2005 che fanno “comparsa ufficiale” questi tre termini. Accade in un report pubblicato dall’UNEP – il Programma ambientale delle Nazioni Unite – che pone la questione della necessità di creare un quadro giuridico per integrare le questioni ambientali, sociali e di governance all’interno degli investimenti istituzionali.
In esso si specifica che per “investimento ESG” s’intende “il processo decisionale di investimento che tiene conto di considerazioni ambientali, sociali e di governance”.
Per spiegare questi termini lo stesso report ricorre all’Enhanced Analytics Initiative, che definisce le caratteristiche degli ESG:
- sono al centro delle preoccupazioni dell’opinione pubblica;
- sono qualitative e non facilmente quantificabili in termini monetari;
- riflettono esternalità non colte dai meccanismi di mercato (l’inquinamento, per esempio);
- sono spesso al centro di un quadro politico e normativo sempre più severo (per esempio le emissioni di gas serra);
- sorgono in tutta la catena di fornitura dell’azienda (per esempio, problemi di lavoro nelle fabbriche dei fornitori).
Per capire come si declinano gli ESG per le imprese, occorre guardare ai singoli criteri ESG che un’azienda deve tenere presente. Partiamo da quelli ambientali: essi possono considerare l’impiego di energie rinnovabili e la stessa efficienza energetica, l’attenzione verso le emissioni climalteranti e la loro riduzione in ottica di decarbonizzazione, come pure la gestione ottimale dell’acqua, dei rifiuti.
Per quanto riguarda i criteri sociali, l’attenzione si focalizza su aspetti quali le condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori, i benefit previsti per loro, la considerazione dei diritti umani, dell’inclusività, dell’impatto positivo sul territorio.
I criteri di governance (o anche corporate governance, definita dalla OECD come “gestione dei diritti e delle responsabilità del management di una società, del suo consiglio di amministrazione, degli azionisti e dei vari stakeholder”) riguardano la considerazione dell’azienda di standard etici, l’uso di metodi contabili accurati e trasparenti, l’attenzione nella composizione del consiglio di amministrazione.
Detto questo, che peso specifico hanno gli ESG per le imprese e quali benefici possono garantire? Come spiega bene un dossier del Cerved:
“i rating ESG possono costituire un’importante leva per il miglioramento competitivo delle PMI, contribuendo ad abbassarne in prospettiva i costi di funzionamento e di finanziamento e a favorire nel complesso un incremento del valore aziendale nel medio-lungo termine. La valutazione ESG individua i comportamenti che è bene adottare per migliorare i rapporti con gli stakeholders e rafforzare la strategia aziendale. Indipendentemente dall’obbligatorietà di un bilancio di sostenibilità, le imprese hanno capito che, adottando comportamenti socialmente responsabili, possono creare un vantaggio competitivo.”
L’emissione di un rating ESG è un modo utile per ridurre il costo del capitale di un’impresa, vista l’importanza sempre maggiore della sostenibilità. Un altro vantaggio è legato alla disponibilità di un parametro di riferimento con cui confrontare i propri progressi nel campo della sostenibilità.
Puntare su criteri Environmental, Social and Governance è ben di più di una dichiarazione d’intenti. Agisce nel profondo del dna di un’impresa, di qualsiasi dimensione sia.
Lo hanno compreso bene, per esempio, le aziende del settore tecnologico. Come mette in luce una recente analisi di GlobalData, il 96% ha identificato che i fattori ESG sono importanti per il loro processo decisionale.
Investire in ESG può produrre risultati positivi al di là di una solida performance finanziaria. Nel 2020, in piena pandemia, Deloitte Global e Forbes Insights hanno intervistato 350 dirigenti di America, Asia ed Europa per capire l’impatto degli sforzi di sostenibilità della loro azienda. I risultati hanno mostrato che il 59% delle aziende ha registrato una crescita dei ricavi e il 51% un aumento della redditività. Inoltre, oltre ai risultati finanziari positivi, il 37% ha evidenziato un impatto misurabile sull’ambiente, mentre il 38% ha sperimentato un miglioramento del morale dei dipendenti.
A livello internazionale, l’Europa ha sempre creduto sugli investimenti ESG. Non è un caso che essa conta sulla metà degli asset ESG globali. Nel continente si contano 3.196 fondi ESG, che costituiscono il 77% del totale degli strumenti di questa tipologia censiti ed all’81% delle masse gestite secondo criteri di sostenibilità. Anche in Italia l’offerta è in crescita: il numero di fondi ESG distribuiti è cresciuto fino a 363, rappresentando a settembre 2020 una raccolta complessiva pari a 56 miliardi di euro.
Il nostro Paese si fa notare positivamente per quanto riguarda l’attenzione ai criteri ambientali, sociali e di governance. Lo ha messo in luce un’analisi di Grant Thornton, società di revisione ed organizzazione contabile: a livello globale, più del 60% delle imprese ritengono oggi che la sostenibilità sia importante tanto quanto o addirittura più del successo finanziario. L’Italia, con il 67%, batte la media globale e quella europea, entrambe al 62%.
Il valore apportato dagli ESG per le imprese è quindi percepito come positivo e le potenzialità sono ancora tutte da esplorare. Lo rileva la stessa Cerved, segnalando che nel corso del 2020 fondi aperti ed Etf sostenibili operanti in Europa hanno ricevuto 233 miliardi di euro di flussi netti, di cui circa 100 miliardi nel solo quarto trimestre. “In Italia, con criteri prudenti, Cerved Rating Agency ha stimato un mercato potenziale per i mini green bond di 7,2 miliardi di euro.
Tuttavia, le opportunità di mercato rischiano di non essere sufficienti a promuovere una diffusione delle misurazioni delle performance degli ESG, soprattutto tra le Pmi. I motivi?
“I costi connessi alla riduzione degli impatti ambientali, agli investimenti in welfare e formazione, ai meccanismi di compliance e di certificazione, senza adeguati incentivi, rischiano di rallentare il progresso sostenibile nel nostro Paese. Con un tessuto polverizzato di PMI, che in molti casi non potranno permettersi processi di riconversione o di misurazione ESG, un’ampia quota del sistema produttivo italiano rischia di non intercettare questi flussi finanziari.”
Chi ha deciso di credere e investire in un modello aziendale orientato ai criteri ESG testimonia che è una scelta vincente, eticamente ed economicamente. Qualche esempio: la Pattern di Collegno (Torino), azienda fondata nel 2000 e specializzata nella progettazione, l’ingegneria, lo sviluppo, la prototipazione e la produzione di linee di abbigliamento per i più prestigiosi marchi mondiali esclusivamente per il top di gamma, nel 2019 ha ottenuto il rating ESG tramite Cassa Depositi e Prestiti e certifica il proprio percorso verso il Carbon Neutral con la partecipazione al CDP Reporting on Climate Change. Nel primo semestre dello stesso anno ha messo a segno un incremento dei ricavi complessivi pari al 16,8% a 21,6 milioni.
In ambito energy vale la pena citare la storia di ERG. Una storica azienda genovese basata sul petrolio per più di ottant’anni, dal 2008 ha intrapreso una riconversione green che l’ha portata a essere oggi prima in Italia nel settore dell’eolico (e tra i primi dieci produttori europei) e tra i primi cinque operatori nel fotovoltaico italiano. Come ricorda Symbola, la sua strategia ha trovato conferma nei numerosi riconoscimenti ottenuti a livello internazionale in ambito ESG. A questo proposito, l’anno scorso, ha presentato il nuovo piano industriale 2021-2025, fortemente orientato in ottica Environmental, Social and Governance, che prevede più di 2 miliardi di investimenti.
La stessa Enel è un esempio di quanto possa valere puntare sui criteri ESG per generare valore. Con la controllata Green Power, è il più grande operatore privato al mondo nel settore delle rinnovabili ed è protagonista mondiale nei rating ESG e di sostenibilità, che ricorda come recentemente, “anche grazie a queste scelte, ha raggiunto un nuovo record di capitalizzazione di mercato superando 90 miliardi di euro di valore, confermandosi la prima azienda nel settore utilities in Europa”.