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Economia circolare in Italia: una scommessa sul futuro
Il Rapporto sull’economia circolare in Italia, a cura dell’E&S G, parla di un grande potenziale di crescita, grazie anche ai fondi europei dedicati.
«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». La frase di Antoine-Laurent Lavoisier, pronunciata per la prima volta a metà del 1700, non potrebbe oggi essere più attuale.
Il recupero e riutilizzo della materia e dell’energia e gli obiettivi di economia circolare stanno assumendo sempre più rilevanza a livello di ricerca e di industria, tanto che anche il PNRR italiano, nell’ambito della missione 2 dedicata alla transizione ecologica, ha destinato loro risorse pari a 5,27 miliardi di euro (contenute nella componente C1).
Oltre alla spinta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono molti gli enti e i soggetti pubblici e privati che si stanno muovendo in direzione della circular economy, agendo sul mercato con un approccio innovativo e, di conseguenza, con un forte impatto su processi produttivi e organizzativi.
Prendendo spunto da alcune pubblicazioni rilasciate a fine 2021, vediamo insieme che prospettive ci sono per l’Italia dell’economia circolare e che cosa si sta facendo nel concreto.
La bella notizia e che ci sono tantissimi esempi virtuosi di aziende e istituti di ricerca che stanno adottando principi e approcci legati all’economia circolare che, ricordiamolo, parte dall’idea di valorizzare prodotti e servizi a lungo termine ispirandosi a modelli di business più sostenibili e al paradigma delle 5 R (riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero e rigenerazione).
Nel Rapporto di Symbola “100 Italian circular economy stories” rilasciato a metà dicembre, vengono raccontati alcuni casi di successo di imprese appartenenti a diversi settori produttivi, ritenuti significativi per la portata innovativa delle soluzioni e degli approcci adottati.
Nella ricerca, ogni caso di successo viene riportato a uno dei 5 pilastri dell’economia circolare ovvero:
All’interno delle 100 storie, di particolare interesse quelle riguardanti alcune utilities e aziende di edilizia o architettura. Parlando di utility, in particolare, compaiono nomi del calibro di ERG, con la sua strategia legata alle rinnovabili (è oggi tra i primi produttori di energia eolica e da fotovoltaico) e il suo piano industriale orientato in ottica ESG, del Gruppo A2A, che pone particolare attenzione all’uso circolare delle risorse naturali e al recupero di energia e materia, del Gruppo Hera, che ha avviato già da tempo progetti e investimenti improntati alla circolarità e allo sviluppo sostenibile, e del Gruppo CAP, particolarmente attivo nella gestione del servizio idrico integrato e nella attivazione di soluzioni di innovazione circolare per la valorizzazione della risorsa idrica.
A darci evidenza di un’Italia all’avanguardia, con storie in cui qualità, innovazione e sostenibilità ambientale fanno la differenza, è anche l’ultimo Report sull’economia circolare dell’Energy & Strategy Group. Attraverso una survey su un campione di imprese italiane in 6 macro-settori, l’istituto di ricerca ha valutato lo stato di diffusione e di adozione delle pratiche di circular economy a livello manageriale, le principali iniziative circolari implementate, i benefici collegati e i relativi ostacoli.
Secondo lo studio, il 44% delle aziende intervistate, ha dichiarato di aver adottato almeno una pratica di economia circolare, anche se si tratta per lo più di iniziative allo stadio iniziale, concentrandosi prevalentemente nella progettazione dei prodotti volta a ridurre l’impatto ambientale e a ottenere maggiori opportunità di recupero e riutilizzo (Design for Environment e Design for Recycle).
Guardando ai benefici correlati all’adozione di pratiche di economia circolare, le imprese non hanno dubbi: il tasso di innovazione interno, grazie all’introduzione di nuove tecnologie e all’efficientamento dei processi, viene al primo posto, seguito dall’impatto positivo su immagine e brand reputation e dalla riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni di CO2.
Tra le aziende considerate, resta un certo numero di scettici (pari a un 30% circa) e di “non adopters”, ma di fatto la strada dell’economia circolare si sta diffondendo e sviluppando con ottimi risultati. E con politiche europee a supporto.
E se il PNRR ad oggi sembra sostenere soprattutto le attività e le iniziative legate al riciclo e al riuso – che paiono ancora riduttive – la nuova Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, insieme al Piano d’azione e al quadro normativo dell’Ue previsto entro giugno 2022, punteranno su altri concetti e approcci fondanti dell’economia circolare, quali ecodesign, eco-prodotti, bioeconomia. Così come strumenti di misurazione e monitoraggio e indicatori per valutare gli obiettivi e i risultati raggiunti.