Realizzato da Luminetwork
Luminetwork
Cerca
  • Città intelligente
  • Scenario

Energy manager nella PA: il ruolo del professionista per il PAESC

Energy manager nella PA: il ruolo del professionista per il PAESC

Gli energy manager nella PA possono fare molto per migliorare l’efficienza energetica della amministrazione pubblica, notoriamente energivora. Secondo stime Consip, riportati da ENEA, il mondo pubblico sostiene spese pari a circa 8,9 miliardi di euro.

A livello edilizio si sa che dal 2019 tutti gli edifici pubblici di nuova costruzione devono rispondere ai criteri nZEB nearly Energy Zero Building, edifici a energia quasi zero. Tuttavia si sa anche quanto poco incidano in termini di nuove costruzioni: al 2019, come si legge nel report dell’Osservatorio nZEB si contavano 130 edifici.

L’Unione Europea preme perché l’efficienza energetica aumenti. Per questo nell’accordo sul Green Deal, raggiunto a fine 2020, l’UE ha alzato l’asticella dal 40% al 55% per cento la riduzione delle emissioni entro il 2030. Tra l’altro, entro la prossima estate la Commissione Europea rivedrà tutta la legislazione su clima ed energia per renderla “adatta al 55”. Il primo passo è la proposta di modificare la legge europea sul clima per includere l’obiettivo del 55% entro i prossimi nove anni. Rappresenterebbe la prima tappa verso l’obiettivo della carbon neutrality da attuarsi da qui al 2050.

A questo nuovo obiettivo devono rispondere anche gli enti pubblici e gli 8100 Comuni italiani devono fare la loro parte. In questo contesto, energy manager ed EGE possono fare molto. Per esempio, nella attuazione del PAESC – Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima.

Proprio del ruolo degli energy manager all’interno della PA e sulla transizione energetica degli enti locali si concentrerà il webinar promosso da Ecohitech per il 23 marzo alle h.14.30 e dal titolo “Incentivi e politiche green per la transizione energetica della Pubblica Amministrazione”.

Energy Manager nella PA: cosa prevede la legge

La nomina degli energy manager nella Pubblica Amministrazione è stabilita per legge. Per la precisione dall’articolo 19 della Legge 10/91, specificato successivamente dalla Circolare MISE del 18 dicembre 2014. In base al disposto normativo, gli enti pubblici – Comuni, Aziende sanitarie locali ecc. – sono obbligati alla nomina di un tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia. L’energy manager nella PA entra così come in tutti gli enti e aziende energivori.

La Pubblica Amministrazione è tenuta a nominare l’Energy Manager entro il 30 aprile di ogni anno finché sussistono interventi che beneficiano dei Certificati bianchi. A gestire gli elenchi degli Energy Manager nominati ci pensa FIRE – federazione Italiana per l’Uso Razionale dell’Energia, incaricata dal Ministero per lo Sviluppo Economico.

I compiti dell’energy manager nella PA

Il professionista della gestione energetica è una figura assai preziosa. Come ricorda Dario di Santo, managing director FIRE, nel proprio blog: “è importante non solo per la possibilità di migliorare i conti pubblici, ma anche per favorire l’adozione di buone pratiche e di misure di riqualificazione energetica che possano stimolare i cittadini e le imprese del territorio a fare altrettanto, anche grazie a politiche attive promosse dagli assessorati competenti anche in collaborazione con l’energy manager.”

La stessa Federazione ha predisposto nel tempo una guida per la nomina e anche una specifica piattaforma per la nomina degli energy manager online. Ricorda anche l’importanza del PAESC e l’iniziativa della Regione Sicilia di finanziare lo sviluppo dei Piano di azione da parte dei Comuni, prevedendo che questi si dotino di un energy manager certificato EGE.

Così si potranno raccogliere dati e informazioni sul territorio fondamentali per consentire alla Regione di pianificare le azioni di propria competenza in ambito energetico-ambientale, mettendo meglio a punto strumenti e programmi di supporto.

L’energy manager nella PA e nei Comuni in particolare può supportare la loro azione e nel focalizzare le azioni più adatte per gestire al meglio l’uso dell’energia nel proprio parco immobiliare e nelle strutture tecniche e territoriali. Anche da qui passa la predisposizione di una città a diventare smart city.

PAESC: cos’è e perché può aiutare i Comuni nell’efficienza energetica

Il PAESC – Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima è l’evoluzione di quanto avviato nel 2008 dalla Commissione Europea, con il lancio del Patto dei Sindaci. L’intento era ed è di coinvolgere le amministrazioni comunali nello sforzo di raggiungere e centrare gli obiettivi climatici, sia per l’efficienza energetica sia nella produzione da fonti energetiche rinnovabili.

Questa volontà si esprime nell’attuazione del Piano d’azione per l’energia sostenibile (PAES), poi trasformato in PAESC, aggiungendo appunto il Clima nel 2015, volendo così dare seguito al nuovo quadro di riferimento di politica europea.

Cosa comporta questo impegno? I firmatari del Patto sono tenuti a elaborare il PAESC entro 2 anni dalla firma del Patto. Inoltre devono raggiungere una riduzione minima del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030, raddoppiando così l’obiettivo rispetto al PAES. Essi devono comprendere nella propria strategia specifiche politiche per la mitigazione. In questo caso si va dalla riduzione delle emissioni di CO2 all’aumento della resilienza dei territori e delle comunità nei confronti dei cambiamenti climatici.

Il piano d’azione richiede in via preventiva la realizzazione di un inventario di base delle emissioni di gas serra (IBE) e, nel caso del PAESC, l’integrazione delle considerazioni in materia di adattamento attraverso una o più valutazioni su rischio e vulnerabilità (VRV). Inoltre è richiesta la verifica dei progressi nell’attuazione degli impegni intrapresi con la stesura di appositi rapporti di monitoraggio su base biennale.

Come ricorda lo stesso Patto di Sindaci, l’Italia è uno dei Paesi europei a contare il più elevato numero di Comuni aderenti al famoso “Covenant of Mayors for climate and Energy” ovvero il Patto dei Sindaci per la sostenibilità energetica e il clima.

Da qui poi all’attuazione vera e propria, però, si è molto indietro: secondo il rapporto Ispra sullo stato di attuazione del Patto dei Sindaci nel nostro Paese meno di un Comune su tre (29,3%) dei firmatari non è andata oltre la presentazione dell’atto di adesione, non riuscendo a giungere alla presentazione di un PAES. La metà circa (48,8%) ha realizzato un inventario IBE e poi ha presentato un PAES senza però giungerne al monitoraggio. Solo un quinto (21,9%) ha raggiunto la fase di monitoraggio e ha dunque verificato l’effettivo andamento delle emissioni e/o delle azioni annunciate.

attuazione PAESC
Stato di attuazione dell’iniziativa Patto dei Sindaci rispetto agli orizzonti al 2020 (PAES) e al 2030
(PAESC) (agosto 2019). Elaborazione su dati del Centro Comune di Ricerca (JRC) e successive revisioni,
incrociati con dati ISTAT

La parola agli energy manager della Pubblica Amministrazione

Fin qui la teoria. Ma in pratica quali complessità richiede l’attuazione del PAES / PAESC e qual è il suo ruolo strategico e i suoi compiti rispetto anche alla definizione? Una risposta la fornisce Enzo Bertolotti, Energy Manager del Comune di Parma, che ha avviato il PAES e che ora prosegue con l’attuazione del PAESC. Ciò coinvolge sia la sfera pubblica che privata: «dopo aver cominciato a intervenire sulle scuole, siamo passati sull’edilizia residenziale pubblica, che implica complessità sensibili. Intendiamo coinvolgere anche il contesto territoriale, dalle realtà industriali al terziario e commerciale. Già col PAES abbiamo inserito alcuni soggetti del mondo privato, condividendo alcune azioni, creando così le condizioni per un lavoro concertato». Quanto è importante il professionista dell’energy management in tutto questo?

«Il mio ruolo è lavorare a livello macro, cercando di svolgere una pianificazione. Ritengo importante la presenza dell’energy manager in questi piani di azione, ma la chiave vincente di PAES /PAESC è l’interfacciarsi con gli altri settori della PA, ma anche gli altri sistemi e strutture della città, organismo complesso che richiede un attento coordinamento. A tale proposito un contributo importante è stato fornito dall’innovazione tecnologica. Essa è un’opportunità importante per fare efficienza energetica e svolgere molte attività di prevenzione e controllo, potendo fare gestione e risparmio. In questo senso, le iniziative organizzate sulla smart city ci hanno aiutato molto a completare le conoscenze specifiche».

E sul ruolo dell’Energy Manager nella PA ci racconta la sua esperienza che va ben oltre la gestione energetica: «personalmente il mio lavoro è stato finalizzato prima di tutto a “creare ponti”, a costruire relazioni con altri soggetti del territorio, un attività faticosa perché il tema dell’efficienza energetica non genera così tanto appeal, a livello pubblico e privato. Gli stessi cittadini devono essere coinvolti e aiutati: per questo presso il Comune di Parma abbiamo aperto uno sportello sull’efficienza dei condomini e sul Superbonus 110%».

Interessante anche la testimonianza di Enrico Ninarello, ingegnere ed Energy Manager del Comune di Crotone, da anni attivo nel ruolo di professionista Esperto in Gestione dell’Energia (EGE) nella PA: «redigere PAES o PAESC implica molte criticità. Tutto dipende dalla volontà della PA, ma in ogni caso richiede una complessità che non è facile dirimere. Innanzitutto perché l’Energy Manager nell’amministrazione pubblica spesso è chiamato a occuparsi di svariati aspetti attinenti la gestione dell’energia dell’ente, certamente molto urgenti e soprattutto legati alla spesa in bilancio. Poi dipende anche dalle dimensioni del Comune: più è grande, più implica la necessità di contare su diversi professionisti che, coordinati da un Energy Manager, possano collaborare per la sua elaborazione. E tutto questo richiede uno sforzo finanziario significativo. Dal mio punto di vista, sarebbe davvero bello potermi occupare della predisposizione e dell’attuazione di un PAESC, perché è un modo concreto per fare concreta politica energetica che incide direttamente sul territorio, e non solo della mera gestione delle utenze energetiche. Con uno Piano come questo sarebbe possibile incentivare l’efficienza, il risparmio di energia e l’uso delle fonti rinnovabili, e premiare le realtà virtuose: tutte operazioni, queste e altre, che implicano di poter incidere sul territorio creando anche condizioni per opportunità di lavoro».

Ma ribadisce: «le implicazioni, le urgenze e le priorità che vedono coinvolto l’Energy Manager sono tante e tali che l’attuazione di tali piani sono spesso al di fuori della portata. Per redigere un piano di azione di questo genere c’è necessità di conoscere tutti i consumi dell’ente e dell’intero territorio comunale. Di per sé questa operazione non è così scontata, e di certo le società che dovrebbero mettere a disposizione i dati non aiutano».

C’è poi un problema che tocca molti Comuni italiani: da un’indagine di ControllaBolletta.it quasi il 50% delle amministrazioni comunali, morose loro malgrado, non acquista energia elettrica a prezzi concorrenziale sul mercato libero, ma, obbligate, sono costrette a pagare l’energia più di quanto dovrebbero. Questo problema è legato al fatto che viene applicato il regime di salvaguardia, che può rappresentare un serio ostacolo per accedere alla Convenzione Consip per l’acquisto di energia: un cane che si morde la coda.

Giornalista freelance specializzato in tecnologia e in modo particolare in tematiche che hanno un impatto significativo sulla vita quotidiana e su quella futura: smart energy, smart building, smart city.