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Decarbonizzazione: Cos’è, Come Funziona e la Situazione in Italia
Strategie e obiettivi della decarbonizzazione e della neutralità climatica. Cosa prevede e qual è la situazione dell’Italia rispetto agli obiettivi europei.
La carbon tax è una soluzione strettamente necessaria che è stata ideata per far fronte alla grave crisi climatica che stiamo attraversando.
L’effetto serra è infatti sempre più preoccupante, le emissioni sono in continuo aumento e le risorse naturali sono ormai al limite: trovare un rimedio è diventato prioritario ed è per questo che è stata proposta questa particolare tassa, con la speranza di tutelare il pianeta contenendo i danni delle attività umane.
Di cosa si tratta esattamente? Come funziona in Italia e nel mondo?
Vediamo ogni dettaglio in questo articolo.
La carbon tax – che in italiano prende il nome di tassa sul carbonio – è una tassa che coinvolge tutte le risorse energetiche che attivamente emettono diossido di carbonio nell’atmosfera.
È una vera e propria ecotassa, o tributo ambientale, delineata ufficialmente nel 1998 su proposta degli economisti e che ha come obiettivo ottenere dei benefici dal punto di vista sia ambientale che finanziario.
Cosa prevede questa ecotax?
Ogni tonnellata di inquinamento da CO2 rilasciata da combustibili fossili diventa oggetto di un’aliquota fissa stabilita dal governo, funzionando come strumento di politica fiscale finalizzata a tassare un comportamento negativo.
La speranza è arginare i danni che il riscaldamento climatico sta causando, impattando l’ambiente positivamente e in ottica green.
Chiaramente si deve tenere conto del fatto che il diossido di carbonio non è l’unica tipologia di emissione inquinante, ma secondo gli esperti è il principale responsabile di più della metà dell’effetto serra derivante dalle attività umane.
Proprio per questo per monitorare la situazione si parla di carbon footprint e si usa come unità di misura il CO2e (dove e significa equivalente), in modo da esprimere in maniera uniforme l’impatto che gas serra come il metano e il protossido di azoto hanno sul clima.
Una volta che la carbon tax è stata delinea e formulata, è sorto un problema: come si devono valutare le tonnellate di emissioni per formulare una tassazione adeguata?
Il valore da assegnare dovrebbe dipendere dal governo del Paese che decide di applicare la tassa, tenendo conto delle esigenze ambientali specifiche e dell’orientamento politico nazionale.
I metodi per calcolare correttamente l’ecotassa sono due:
Imponendo tasse efficienti sull’energia a livello mondiali si ridurrebbero le emissioni di CO2 del 23% e le morti per aria inquinata del 63%.
Ma non solo: anche i vantaggi economici sono importanti, perché gli introiti fiscali guadagnati permettono alle imprese di reinvestire in attività sostenibili, come la transizione ecologica o le campagne a sostegno delle aree più vulnerabili.
In Italia la carbon tax non esiste ancora ma in moltissimi altri paesi è già in vigore da diversi anni.
I crediti di carbonio (carbon credit), quindi, sono unità finanziarie con un valore pari a una tonnellata di CO2 equivalente.
Questi, poi, possono essere acquistati e rivenduti, e chi li possiede può esporre sui propri servizi e prodotti un marchio per dimostrarne la detenzione.
Non c’è un’unica parte interessata dal meccanismo dei crediti di carbonio, ma coesistono diversi soggetti: c’è un acquirente, un venditore, un ente esterno che si occupa del progetto di tutela ambientale e le parti coinvolte indirettamente, attratte dalla capacità compensativa del soggetto che possiede crediti di carbonio.
Tutte questi soggetti, insieme, contribuiscono a tutelare e salvaguardare l’ambiente.
Il mercato dei crediti di carbonio si è diffuso a partire dagli accordi del Protocollo di Kyoto e negli anni ha subito le modifiche introdotte dall’Accordo di Parigi del 2015.
Oggi rappresenta il futuro, nonché una valida occasione per riservarsi un posto nel mercato del domani.
Come abbiamo visto l’Italia ancora non applica la carbon tax, anche se sono state fatte parecchie proposte al riguardo.
Quali sono, invece i Paesi in cui la tassa è già in vigore?
Al 1° ottobre 2021, secondo il rapporto elaborato da IC4E (Institute for Climate Economics), sono 47 le giurisdizioni – quindi Paesi, province o città – che prevedono un sistema di tassazione del carbonio equivalente alla carbon tax o al sistema di scambio di emissioni (ETS).
Sempre secondo il report nel corso del 2020 Cina e Germania, appartenenti al G20, hanno implementato un prezzo esplicito e sommando il PIL totale delle 47 nazioni coinvolte si ottiene circa il 60% del prodotto interno lordo globale.
Entrando più nel dettaglio i sistemi di tariffazione del carbonio hanno generato introiti fiscali per 56,8 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2020-2021, segnando una crescita rispetto ai 48 miliardi di dollari dell’anno precedente.
Guardando le entrate, invece, risulta che il 52% deriva dalla carbon tax e il restante dalle aste ETS: la quasi totalità è stata poi destinata ai bilanci generali nazionali o a specifici progetti ambientali e di sviluppo.