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Decarbonizzazione: Cos’è, Come Funziona e la Situazione in Italia
Strategie e obiettivi della decarbonizzazione e della neutralità climatica. Cosa prevede e qual è la situazione dell’Italia rispetto agli obiettivi europei.
L’agrivoltaico è destinato a crescere sensibilmente, producendo benefici per la produzione energetica da fonti rinnovabili, ma anche per il clima, il suolo e le colture. Le previsioni di mercato sono concordi nello scommettere su una crescita decisa, anche se le cifre cambiano. Secondo Precedence Research, il mercato globale dell’agriPV aumenterà di quasi tre volte, passando da 3,17 miliardi di dollari nel 2021 a circa 8,9 miliardi di dollari entro il 2030, con un tasso di crescita annuale composto del 12,5%. Molto più significativo il tasso di crescita della società di analisi MarkNtel Advisors, che prevede un CAGR di circa il 38% durante il periodo di previsione (2022-27).
Numeri a parte, l’impiego di un impianto agrivoltaico a terra è favorevole per vari motivi: contribuire ad affrontare la crisi climatica e l’innalzamento delle temperature, con periodi di siccità sempre più pronunciati. C’è poi un altro beneficio che comporta l’agri-fotovoltaico: permettere un’agricoltura sempre più efficiente. Pensiamo solo all’aumento consistente della popolazione che si avrà nei prossimi anni: se oggi si contano 7,8 miliardi di persone, da qui al 2050 si raggiungeranno i 9,8 miliardi. Questo comporta una maggiore richiesta di prodotti alimentari, in condizioni sempre più difficili. Servono quindi tecnologie e soluzioni in grado di rendere l’agricoltura capace di rispondere al meglio alle complessità, conciliando la necessità di produrre energia rinnovabile soddisfacendo i consumi: da qui l’ideale connubio tra metodi agricoli e fotovoltaico, con un attento monitoraggio di tutti i valori (energetici e idrici).
L’agrivoltaico è caratterizzato dalla produzione combinata di energia fotovoltaica e di colture agricole sulla stessa area, una perfetta combinazione di pannelli solari e piante su terreni agricoli. C’è chi lo definisce come un sistema capace di attuare una strategia simbiotica per la co-localizzazione di energia rinnovabile sostenibile e la produzione agricola.
Una definizione istituzionale la riportano le Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici, realizzato dal gruppo di lavoro coordinato dal MiTE: l’impianto agrivoltaico (o agrovoltaico, o agro-fotovoltaico) è un “impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione”.
L’agro-fotovoltaico consiste nel combinare le colture con i pannelli fotovoltaici, installati a un’altezza tale da consentire il passaggio delle macchine agricole. La sfida è quella di generare colture ed energia simultaneamente e senza conflitti.
Non bisogna dimenticare, a proposito dell’agrivoltaico, che esso è parte integrante della transizione energetica ed è un’opportunità per migliorare la qualità del suolo, mitigare gli effetti della crisi climatica sull’agricoltura e favorire la biodiversità di flora e fauna.
L’agrovoltaico va bene per tutte le coltivazioni? No, anche se sono diverse le tipologie di piante che traggono vantaggio con la vicinanza ai moduli fotovoltaici.
Gli autori delle Linee Guida del MiTE hanno suddiviso le colture in quattro categorie a seconda della loro reazione alla riduzione luminosa: le colture “molto adatte”, quelle per le quali l’ombreggiatura ha effetti positivi sulle rese quantitative. In essa rientrano fave, insalata, patate, spinaci, luppolo. Ci sono poi le “colture adatte”: sono quelle per cui l’’ombreggiatura moderata non ha quasi alcun effetto sulle rese. Si tratta di asparagi, avena, carote, cavolo verde, colza, finocchi, orzo, piselli, porri, ravanelli, sedano, segale, tabacco. Nel caso delle “mediamente adatte” vengono segnalate cipolle, cetrioli, fagioli, zucchine.
Nella categoria “poco adatte” rientrano, invece, colture quali cavolfiori, barbabietole da zucchero e barbabietole rosse. Infine vengono elencate le “colture non adatte”, ossia quelle con un elevato fabbisogno di luce, per le quali anche modeste densità di copertura determinano una forte riduzione della resa. In questo caso vengono nominati gli alberi da frutto, il farro e il girasole, il frumento, il farro, il mais.
Ci sono poi varie evidenze scientifiche che hanno messo in luce il ruolo favorevole degli impianti agrivoltaici nel favorire determinate colture. La società tedesca BayWa re ha avviato uno dei più grandi progetti in Europa ed è dedicato a colture di ribes rosso, mirtilli, more e fragole.
In un’ipotetica combinazione cibo-energia-acqua, l’agrivoltaico permette un approccio vincente sotto diversi punti di vista: oltre alla produzione energetica rinnovabile, offre benefici anche alle piante. Protette dai pannelli solari dai raggi del sole di mezzogiorno, si trasformano in piccoli raffreddatori evaporativi. Assumono carbonio per la fotosintesi aprendo i loro pori, o stomi, mentre lasciano uscire l’acqua dalle foglie e creano un microclima più fresco.
I pannelli fotovoltaici funzionano meglio, proprio grazie al micro clima più fresco offerto dalle piante. La relazione benefica è biunivoca: essi, a loro volta, proteggono le piante dalle scottature e dalla disidratazione. Il risultato finale è una migliore resa del raccolto e un rendimento più efficiente del campo solare.
Ma sono molteplici i benefici dell’agrivoltaico. Massimizza il potenziale energetico solare: come detto, le piante aiutano a mantenere freschi i pannelli solari, rendendoli più produttivi. Secondo alcuni studi, i pannelli posizionati sopra le piante producono fino al 10% in più di elettricità. Un recente studio della Oregon State University stima che convertendo solo l’1% dei terreni agricoli americani all’agrofotovoltaico si potrebbero raggiungere gli obiettivi nazionali di energia rinnovabile, risparmiare acqua e creare un sistema alimentare sostenibile a lungo termine. Inoltre, creerebbe opportunità di guadagno per le aziende agricole a conduzione familiare che attualmente si trovano ad affrontare sfide economiche crescenti. Ecco perché le solar farm possono contare su rendimenti più elevati. I pannelli solari fotovoltaici producono energia dalla luce che ricevono, non dal calore.
L’agrivoltaico, inoltre, migliora la resa di diverse coltivazioni. I moduli agrivoltaici possono agire come una barriera contro l’eccessiva radiazione solare, il calore, la siccità o le forti precipitazioni. Ciò fornisce la protezione necessaria alle colture nelle stagioni estremamente calde o con forti piogge, consentendo loro di crescere senza subire i cambiamenti stagionali. Inoltre, l’ombra creata dai pannelli contribuisce a mantenere il terreno umido più a lungo, garantendo alle piante un apporto idrico ottimale.
C’è poi un ulteriore vantaggio: l’agrivoltaico aumenta la produttività del terreno. Coltivare e produrre energia green allo stesso tempo significa che gli agricoltori possono aumentare i loro profitti. Secondo i dati IRENA, nel 2021 la capacità di generazione fotovoltaica globale è aumentata del 19% rispetto all’anno precedente, raggiungendo 843.086 MW di capacità cumulativa totale a livello mondiale.
Le tecnologie agrovoltaiche, se ben progettate e incorporate in una fase iniziale di pianificazione, possono offrire molteplici opportunità per lo stoccaggio del carbonio e la rigenerazione del suolo. A rilevarlo sono gli autori di “Solar, biodiversity, land use”, analisi condotta da Solar Power Europe. Va aggiunto che l’impiego accorto dell’agrivoltaico contribuisce al risparmio idrico.
C’è poi la possibile combinazione tra agrivoltaico e comunità energetica, tutta da studiare, ma che potenzialmente potrebbe fornire benefici non solo in termini di produzione ma anche di condivisione dell’energia da fonti rinnovabili.
Rilevati i vantaggi, occorre però segnalare che quello agrivoltaico “è un sistema complesso, essendo allo stesso tempo un sistema energetico ed agronomico”, si segnala nelle già citate Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici elaborate dal Gruppo di lavoro coordinato dal MiTE a cui hanno partecipato CREA, ENEA, GSE ed RSE.
Occorre considerare che un impianto agrivoltaico, rispetto a un fotovoltaico a terra, presenta una maggiore variabilità nella distribuzione in pianta dei moduli, nell’altezza dei moduli da terra, e nei sistemi di supporto dei moduli, oltre che nelle tecnologie fotovoltaiche impiegate.
Quindi, un primo requisito utile nella progettazione dell’impianto agrivoltaico è quello di “creare le condizioni necessarie per non compromettere la continuità dell’attività agricola e pastorale, garantendo, al contempo, una sinergica ed efficiente produzione energetica”.
Queste condizioni comprendono la continuità dell’attività agricola. In questo senso
si dovrebbe garantire sugli appezzamenti oggetto di intervento agrivoltaico “che almeno il 70% della superficie sia destinata all’attività agricola”, sottolineano gli esperti nella pubblicazione del dicastero della Transizione ecologica. Inoltre le stesse Linee Guida riportano che:
“per valutare la densità dell’applicazione fotovoltaica rispetto al terreno di installazione è possibile considerare indicatori quali la densità di potenza (MW/ha) o la percentuale di superficie complessiva coperta dai moduli (LAOR).”
Un altro parametro importante è rappresentato dall’altezza dei moduli fotovoltaici da terra.
Ci sono poi ulteriori considerazioni da fare, in merito al miglioramento delle prestazioni agricole e delle qualità ecosistemiche del sito, oltre – naturalmente – ai costi.
Dopo aver esaminato gli aspetti utili sulle coltivazioni possibili e i requisiti, giunge la questione più sensibile: quanto costa realizzare un impianto agrivoltaico? Occorre considerare le diverse spese necessarie, che spaziano dall’acquisto dei moduli fotovoltaici e relativi componenti (inverter, strutture fisse o a inseguimento solare ecc.) fino alla progettazione e alla preparazione del sito fino alla posa in opera e messa in sicurezza.
Anche nel caso dei costi le Linee Guida del MiTE offrono un riferimento concreto. Si legge che:
“Le principali voci di costo per cui risultano importanti differenze sono le strutture di montaggio che a partire da 65 €/kW degli impianti a terra arrivano a 320-600 €/kW per sistemi a colture seminative a 130-220 €/kW per colture permanenti; si hanno poi la preparazione del sito e l’installazione, che da 150 €/kW di installazioni tradizionali giungono a 300 €/kW per sistemi a colture seminative.”
Ci sono poi i moduli (prezzo variabile da 220 a 350 euro al kW a seconda della tecnologia, valore relativo a strutture alte rispettivamente 5 e 3 metri, per sistemi su colture seminative e permanenti). Ecco i costi complessivi, come riporta il documento:
“a partire dai circa 750 €/kW per gli impianti di tipo tradizionale (800 €/kW con inseguimento monoassiale, single tracker) si arriva a circa 1.200 €/kW per sistemi a colture seminative (con variabilità di circa 375 €/kW) e 950 €/kW per sistemi a colture permanenti (con variabilità di circa 270 €/kW). Mediamente si ha dunque, rispetto a un impianto tradizionale, un incremento del 60% per un sistema a colture seminative, e del 25% nel caso di un sistema a colture permanenti”.
C’è poi da considerare il costo livellato dell’energia (LCOE), di cui fa ampio accenno il documento MiTE, portando due esempi relativi ad altrettante tipologie di sistemi agrivoltaici per colture permanenti (prodotta da piante che durano per varie stagioni) e colture seminative (quelle che si avvicendano nella coltivazione di cereali, legumi ecc.) Nel primo caso si spazia in un range tra 60 e 76 €/MWh, nel secondo il costo è di 73-93 €/MWh. C’è poi da tenere in considerazione una variabilità che va da 15 euro al Megawattora per un impianto per colture seminative ai 25 €/MWh per le permanenti.
Rispetto a un impianto fotovoltaico a terra, la differenza di costo è sensibile (+35% circa) nel caso delle colture seminative, mentre è più moderata (+10%) nel caso delle permanenti.
Per quanto riguarda gli incentivi, l’agrivoltaico conta innanzitutto sul PNRR. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza disponeva 1,1 miliardi di euro di investimenti per soluzioni che sappiano conciliare la produzione energetica e la coltivazione agricola. L’obiettivo dell’investimento come specificato è “installare a regime una capacità produttiva da impianti agro-voltaici di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui”.
A questo proposito scorso agosto è stato pubblicato il Bando “Parco Agrisolare” per accedere agli incentivi della misura prevista dal PNRR e che contempla una dotazione di 1,5 miliardi di euro.
Le più volte richiamate linee guida del MiTE sull’agrivoltaico – pubblicate a giugno 2022 – rappresentano il riferimento ufficiale per chi vuole operare in questo ambito.
Riassumiamo di seguito gli aspetti principali, rimandando al documento per approfondimenti.
Nelle definizioni, vengono ad esempio distinti l’impianto agrivoltaico dall’impianto agrivoltaico avanzato, viene specificato il volume agrivoltaico come “lo spazio dedicato all’attività agricola, caratterizzato dal volume costituito dalla superficie occupata dall’impianto agrivoltaico” così come vengono specificati alcuni termini come la SAU (Superficie Agricola Utilizzata) e la PAC (Politica Agricola Comune).
In questa prima parte viene inoltre analizzata l’attuale situazione italiana, anche in funzione dell’incidenza dei costi energetici per le aziende agricole e del loro autoconsumo di energia rinnovabile.
Nella seconda parte delle linee guida si parla delle diverse configurazioni possibili dei sistemi agrivoltaici e ne vengono specificati caratteristiche e requisiti. Tra i requisiti, particolare importanza viene data al sistema di monitoraggio : Il sistema agrivoltaico è dotato di un sistema di monitoraggio “che consenta di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate” e, inoltre, “consenta di verificare il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici”.
In questa sezione il documento indica ulteriori requisiti dei soggetti beneficiari e dei modelli adottati insieme a ulteriori indicatori per il miglioramento delle prestazioni di un sistema agrivoltaico e della qualità del suo sito di installazione.
Nella quarta parte, le linee guida prendono in esame le diverse voci relative all’investimento. In particolare ai costi legati alla realizzazione di un impianto agrivoltaico che sono generalmente connessi alle seguenti categorie: moduli fotovoltaici, inverter, strutture fisse o a inseguimento solare per il montaggio dei moduli, componentistica elettrica, progettazione, direzione lavori, collaudi, opere per la sicurezza, preparazione del sito di installazione e posa in opera, recinzione e connessione alla rete.