Tra le fonti rinnovabili più diffuse ci sono senza dubbio le biomasse, che possono essere sfruttate a fini energetici. Il plurale è d’obbligo, perché dietro il termine si nasconde una grande varietà di risorse, spesso molto differenti tra di loro. Secondo la definizione contenuta nel DLGS 28/11, “Per biomassa si intende la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, compresa la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
In buona sostanza – ad eccezione delle plastiche e dei materiali di origine fossili – può essere inteso come biomassa tutto ciò che ha matrice organica, vegetale o animale e che può essere impiegato a fini energetici. Le biomasse di origine vegetale, che sono poi quelle più utilizzate, rappresentano una forma naturale ma al tempo stesso estremamente sofisticata di accumulo dell’energia solare. Grazie al processo di fotosintesi, infatti, i vegetali sono in grado di convertire la radiazione solare in energia chimica e stoccarla sotto forma di molecole complesse, a elevato contenuto energetico.
Le biomasse sono assimilate alle fonti rinnovabili perché considerate neutrali ai fini dell’incremento delle emissioni di gas a effetto serra: durante il processo di crescita i vegetali, mediante la fotosintesi, contribuiscono alla sottrazione dell’anidride carbonica atmosferica e alla fissazione del carbonio nei tessuti. Vero è che, soprattutto in seguito al processo di combustione a fini energetici (ad esempio una stufa alimentata a pellet per il riscaldamento domestico) si genera una certa quantità di CO2, tuttavia l’assunto su cui si basano tutte le normative sulle rinnovabili (che qualche volta viene contestato), è che questa quantità sia pari a quella assorbita dalla pianta lungo il suo ciclo vitale, dando vita a un bilancio di CO2 a somma zero.
Le tipologie di biomassa
Come accennavamo in precedenza, la famiglia delle biomasse è molto variegata, ma i processi di trasformazione a fini energetici possono essere ricondotti a due sole categorie:
1) Conversione biochimica, che consente di ricavare energia rinnovabile attraverso reazioni chimiche dovute alla presenza di enzimi, funghi e altri micro-organismi che si formano nella biomassa mantenuta in particolari condizioni. Un caso classico di questo tipo è quello del biogas
2) Conversione termochimica, che impiega il calore per permettere lo sviluppo delle reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia. Un esempio di questo tipo sono le centrali elettriche alimentate a biomassa.
Le biomasse in Italia
In Italia, sulla spinta dei sistemi di incentivazione in vigore una decina di anni fa, sono state costruite numerose centrali elettriche di media-grande taglia alimentate esclusivamente con le biomasse.
Il ruolo delle biomasse è ritenuto molto importante nel settore dei trasporti (grazie al contributo del biometano/biogas) e nel riscaldamento degli edifici.