- Scenario
Il V Rapporto di ENEA sulle Certificazioni Energetiche degli Edifici
Come stiamo progredendo nel miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici in Italia? Quali sono i numeri che descrivono la nostra situazione…
L’innovazione tecnologica va attuata nel settore delle costruzioni, che pesa sul PIL italiano per il 4,4%. Digitalizzare gli edifici, trasformarli in smart building e in smart spaces è strategico non solo per ottimizzare i consumi, ma anche per renderli su misura alle effettive esigenze residenziali e lavorative. Non solo: «credo che il vero contributo all’ambiente e la vera sfida dell’edilizia sia realizzare smart building, edifici costruiti senza sprecare spazio, ottimizzandoli al massimo ed evitando un consumo di suolo significativo».
Lo afferma Andrea Ciaramella, docente di tecnologia dell’architettura presso il dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano.
Innanzitutto occorre superare un limite che ha reso il mondo delle costruzioni più lento all’innovazione, specie alla digitalizzazione: rimanere un settore molto tradizionale e poco orientato al mondo dei servizi, che invece è stato il primo a innovarsi con soluzioni più smart. L’edilizia, invece, è ancora incentrata sulla forza lavoro delle persone; non considera le opportunità offerte da una gestione e manutenzione condotte per garantire valore sul lungo termine. Da qui si potrebbe partire per introdurre l’innovazione tecnologica, capace di permettere una gestione pluridecennale dell’edificio. Su questo è poi possibile introdurre anche soluzioni hi-tech, in grado di garantire efficienza di servizio su un ampio arco temporale. Non è un caso che le imprese che operano nella tecnologia, di estrazione impiantistica nel mondo dell’energia o di sistemi di sicurezza siano partite per prime e considerano, nel loro paniere dell’offerta, soluzioni riconducibili agli smart building. Questo ancora non avviene nel settore delle costruzioni.
Una prima responsabilità è legata a committenti e, in parte, ai progettisti. È una questione di cultura, che va elevata e diffusa. In Italia sono ancora poche le startup innovative nel settore, manca ancora una progettualità offsite che veda nel cantiere il punto in cui si assembla quanto già realizzato esternamente e non il fulcro dell’attività.
«Un edificio è un contenitore di dati. In esso si svolgono attività e le informazioni conseguenti sono un patrimonio essenziale nel permettere di realizzare edifici più funzionali per il prossimo futuro. Secondo un report McKinsey il 60% degli edifici per uso uffici in Europa nelle ore lavorative è sotto occupato o vuoto. Un problema simile si riscontra anche per gli immobili residenziali. Per esempio: nel Regno Unito il 33% delle famiglie proprietarie di un’abitazione avrebbe intenzione di ridursi il proprio spazio abitativo, a causa di cambiamenti sopravvenuti. Ecco allora che i dati, una volta raccolti e debitamente analizzati in modo appropriato, possono assumere un’importanza strategica per ambienti costruiti davvero a misura delle effettive esigenze. Oggi è possibile contare su un prezziario di riferimento per avere informazioni sul costo necessario per realizzare un edificio. Non esiste però una fonte istituzionale che fornisca informazioni sui suoi costi di gestione e di funzionamento. Manca, quindi, una cultura di building management».
Il facility manager è considerato una voce di costo perché spende per far funzionare, gestire e manutenere gli edifici. Se viene considerato solo in questo modo, ovvero senza produrre ricavi immediatamente tangibili, si tende a limitare il suo ruolo e impiego. Occorrerebbe considerare che nel conto economico di un’azienda, subito dopo il personale, si pone il costo legato all’utilizzo degli edifici strumentali. Tale voce assume quindi una rilevanza straordinaria e chi è in grado di efficientarla dovrebbe avere un ruolo strategico e non solo strettamente operativo. Se il facility manager fosse nelle condizioni di utilizzare dati e mostrare alla dirigenza le potenzialità di una corretta gestione e funzionamento degli edifici, oltre alla percentuale degli spazi effettivamente occupati, l’andamento dei consumi durante le ore lavorative, il tasso di guasti degli impianti, potrebbe garantire benefici complessivi molto importanti.
Data la situazione attuale, sarebbe già sufficiente una logica dei piccoli passi. Servirebbe inoltre un’attenta osservazione di quanto accade negli altri Paesi e quanto stanno portando avanti le startup, giovani aziende nate in diversi casi per innovare le modalità di erogazione di determinati servizi o integrare con soluzioni tecnologiche le funzionalità degli edifici, trasformandoli in smart building, ovvero edifici intelligenti. In questi anni sono nate diverse realtà in grado di offrire servizi su misura partendo dall’analisi dei dati, ottenendo in diversi casi un successo tangibile.
Penso, per esempio, ad Airbnb, che si propone oggi come modello in grado dare indicazioni di progettazione degli spazi, considerando la propria capacità di conoscere abitudini ed esigenze dei propri clienti. È un modello utile e applicabile alle società che costruiscono edifici per uso uffici, che potrebbero sfruttare le informazioni acquisite per contare su informazioni dettagliate sulle reali necessità di chi poi li vive questi spazi per disegnare ambienti su misura delle effettive necessità e modalità di lavoro.
Si parla di Internet of Things e di soluzioni dedicate, ed è un traguardo da considerare con interesse, ma prima ancora si potrebbe partire da un’archiviazione di dati e informazioni caratterizzanti l’impiego quotidiano degli edifici per progettarli meglio.