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Certificati bianchi: cosa sono e come funzionano
I certificati bianchi, o titoli di efficienza energetica (TEE) sono incentivi per favorire interventi di efficientamento energetico.
In che zone il vento soffia più intensamente? Sicuramente lungo le coste e, ancora di più, al largo, in mare aperto, dove questa forza si trova all’apice della sua forza. Ecco perché è sempre stato naturale pensare allo sfruttamento dell’energia eolica per scopi energetici, ovvero per la generazione di elettricità. A questo compito sono preposti gli impianti eolici offshore, ovvero strutture dotate di pale, turbine e generatori collocati al largo delle coste, proprio con l’intento di sfruttare al meglio questo enorme potenziale energetico rinnovabile e pulito.
Un altro beneficio dell’energia eolica offshore risiede nell’impatto ambientale: mentre gli impianti eolici terrestri devono per forza occupare porzioni più o meno ampie di territorio, con un inevitabile impatto visivo e paesaggistico, la collocazione in mare aperto dell’offshore rende questo aspetto (che rappresenta spesso il principale ostacolo alla realizzazione dei parchi eolici tradizionali) quasi trascurabile. L’isolamento “naturale” dell’offshore, inoltre, rende possibile la costruzione di rotori di maggiori dimensioni, capaci di catturare e produrre più energia, nonché di realizzare parchi eolici di maggiore capacità (composti cioè da un maggior numero di torri eoliche). Ovviamente c’è anche un contro non da poco, che è stato sinora il fattore che ha frenato l’eolico offshore, ovvero il costo: la costruzione in mare aperto di impianti e il collegamento dei generatori alla rete elettrica è notevolmente più dispendioso rispetto ai progetti realizzati a terra, per ragioni facili da comprendere.
Una precisazione. Esistono tre tipologie di impianti di energia eolica: on-shore (impianti eolici installati in zone pianeggianti lontane dal mare), near-shore (collocati sulla costa), off-shore (impianti costruiti in zone a largo negli oceani). In questo articolo andremo ad approfondire l’ultima tipologia che rappresenta un potenziale enorme per il nostro Paese.
Il principio di funzionamento alla base dell’eolico offshore è lo stesso dell’eolico terrestre: invece di usare l’elettricità per produrre energia eolica, come può fare un comune ventilatore, le turbine eoliche al contrario usano l’energia eolica disponibile in natura per produrre elettricità pulita e rinnovabile. Fondamentalmente, dunque, in mare aperto l’energia cinetica del vento fa muovere le sempre più gigantesche pale eoliche, la cui forza viene a sua volta sfruttata per far girare un generatore, permettendo così la produzione di elettricità. Questo comporta che, in assenza della risorsa naturale (ossia una velocità minima del vento), le turbine eoliche non entrino in funzione: questo fa sì che l’eolico sia sostanzialmente una fonte intermittente, incapace cioè di produrre elettricità 24 ore su 24. La sostanziale differenza dell’offshore rispetto all’eolico terrestre è che sono necessari dei cavi particolari, ossia dei cavi sottomarini, che devono essere installati in fondo al mare, così da permettere la trasmissione dell’elettricità prodotta sino alle stazioni elettriche e da lì sino ai luoghi di consumo. Ormai la produzione eolica, sia offshore che onshore, è strettamente controllata da appositi sistemi software, che servono a monitorare l’andamento della produzione e a raccordare il funzionamento dell’impianto con le necessità complessive del sistema elettrico in una determinata area territoriale.
C’è da osservare come i costi eolici offshore stiano continuando a scendere in modo significativo, per effetto dei progressi tecnologici e anche delle best practice apprese durante la costruzione degli impianti. Gli ultimi impianti offshore realizzati nel 2019 in Regno Unito, Francia e Paesi Bassi, presentano costi al MWh inferiori rispetto alla costruzione di nuove centrali a gas, carbone o nucleare. Non caso, il 2019 è stato un anno record per l’eolico offshore: in Europa sono stati installati 3,6 GW di nuova capacità eolica offshore, portando la capacità complessiva nel Vecchio Continente a 22 GW. Numeri che sono merito di dieci nuovi parchi eolici offshore sono entrati in esercizio in cinque paesi. Il Regno Unito ha ospitato quasi la metà della nuova capacità con 1,7 GW, seguito da Germania (1,1 GW), Danimarca (374 MW) e Belgio (370 MW). Ma, soprattutto, l’eolico offshore costituisce una delle principali opzioni per la decarbonizzazione del sistema energetico continentale: l’Europa avrà bisogno di una capacità compresa tra i 230 e i 450 GW di offshore entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. Questo target comporta una notevole accelerata dei tassi di crescita attuali: sarà infatti necessario installare 7 GW di nuovo eolico offshore all’anno entro il 2030 e 18 GW all’anno entro il 2050.
E in Italia? La storia dell’eolico offshore italiano è stata per ora una storia di fallimenti, poi ad oggi non c’è nessun parco in funzione lungo le coste italiane. Eppure di energia eolica offshore si parla da tanti anni a questa parte: basti pensare che nel 2010 il PAN (Piano d’Azione Nazionale), stabilito in attuazione della Direttiva 2009/28/CE aveva individuato un obiettivo di installazioni al 2020 per l’eolico pari a circa 12,680 GW di cui 12 GW on-shore e 680 MW offshore. Dieci anni dopo, il risultato è che l’eolico terrestre è andato abbastanza vicino a quel traguardo (oggi siamo intorno ai 10 GW), mentre invece per l’offshore siamo ancora a quota zero. Cosa è andato storto? Progetti non sono mancati in questi anni, ma sono rimasti soltanto sulla carta, in particolare per la mancanza delle concessioni autorizzative e per una situazione poco chiara relativamente all’incentivazione. Il PNIEC, il piano nazionale sull’energia e clima approvato dal Governo a inizio 2020 ha rilanciato su questa fonte, fissando un obiettivo di 300 MW entro il 2025, da triplicare poi per il 2030.
Obiettivi che appaiono ambiziosi, anche se qualcosa, comunque, sembra iniziare a muoversi nuovamente anche nel nostro Paese: in costruzione, anche se in grosso ritardo rispetto ai tempi inizialmente previsti, c’è il Beleolico, un impianto collocato al largo di Taranto, con una potenza complessiva di 30 MW. Ancora in fase autorizzativa, ma potenzialmente cantierabile dal 2023, è il progetto 7Seas Med, costituito da 25 pale galleggianti da 10 MW, al largo di Marsala. Un mega progetto da 330 MW è quello della centrale eolica offshore “Rimini”, che dovrebbe nascere al largo delle coste adriatiche, anche se in questo caso siamo appena all’inizio dell’iter autorizzativo.
Proprio a Rimini, in occasione di Key Energy, l’evento internazionale di riferimento per la filiera dell’energia, si parla di fonti rinnovabili, tecnologie, sistemi e soluzioni per favorire il processo di transizione verso la decarbonizzazione dell’economia, obiettivo centrale del Green Deal. La manifestazione si svolge a novembre a Rimini Fiere.