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Smart water grid in Italia: così la digitalizzazione riduce gli sprechi
La digitalizzazione può rendere smart la rete idrica e favorire l’ottimizzazione dei consumi. Soluzioni e competenze ci sono, lo dimostra A2A Smart City
A breve (ndr. 30 ottobre) si svolgerà a Glasgow la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – COP26 -. Un momento cruciale per valutare strategie e politiche sulla lotta al cambiamento climatico. In attesa di questo appuntamento, la Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha presentato alcuni dati che rilevano come gli italiani percepiscono il rapporto tra sostenibilità ambientale e digitalizzazione. Noi di LUMI abbiamo pensato di raccogliere qualche risultato e metterlo a confronto con quanto avevamo rilevato tre mesi fa nella nostra survey sulla “green e digital transition” rivolta alle Pubbliche Amministrazioni, per capire, realmente, a che punto siamo di questo percorso.
Secondo Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, la maggior parte dei cittadini è consapevole dell’urgenza di contrastare il cambiamento climatico (per il 74% degli intervistati è una priorità) e l’inquinamento (che rappresenta una priorità per il 76% degli intervistati), eppure ancora un italiano su sei ritiene che tali problemi siano importanti, ma non prioritari.
Dalla ricerca si evince inoltre che nonostante ci sia questa consapevolezza diffusa, manca un vero cambiamento nei consumi e nei comportamenti quotidiani dei cittadini.
Se guardiamo ai prodotti smart utilizzati dai cittadini quotidianamente per “fare la differenza”, si trovano semplici applicazioni e qualche servizio di building automation orientato al monitoraggio e alla riduzione dei consumi. Un esempio è dato dai termostati intelligenti (15,5%) o da impianti di riscaldamento e climatizzazione gestibili da remoto (12%) o ancora da lampadine per l’illuminazione comandabili tramite assistente vocale (16,4%) o sistemi per la gestione intelligente dell’acqua.
Seguono le applicazioni per la gestione dei rifiuti, in particolare per effettuare una migliore raccolta differenziata (10,9%) o per richiedere al Comune la prenotazione del ritiro dei rifiuti ingombranti (10,4%), oltre ai sistemi di prenotazione per accedere alle isole ecologiche (6,6%).
Infine, anche grazie ad alcune app, stanno prendendo piede sistemi per abbattere gli sprechi alimentari, utilizzati da almeno un italiano su dieci.
Si parla quindi di applicazioni legate alla building automation e di dispositivi smart che però, da soli, stentano ad apportare benefici sociali e ambientali importanti. Qui il compito va distribuito tra cittadini e Pubbliche Amministrazioni, al fianco di aziende ed enti di ricerca, che vi devono puntare con decisione e consapevolezza.
La ricerca della Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha analizzato infine la percezione dell’impatto ambientale dei servizi digitali. Secondo il 51% dei cittadini intervistati, gli strumenti digitali sono energivori o comunque hanno un forte impatto su i consumi energetici; solo il 22,8% riesce a stimare correttamente quale sia questo consumo. Da notare come tale difficoltà nel percepire il corretto consumo energetico degli strumenti e dei servizi digitali sia scorrelata da elementi come la competenza digitale dichiarata o il fatto che la tecnologia sia considerata come una opportunità o come una minaccia. Che si sia competenti o meno sull’uso della tecnologia gli italiani hanno quindi una scarsissima conoscenza del suo impatto energetico.
Per contro, non dimentichiamoci che in una recente indagine effettuata da LUMI su un campione significativo di Pubbliche Amministrazioni italiane di piccole e medie dimensioni, Il 68% dei Comuni intervistati ha dichiarato di ritenere che lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali sia convergente con lo sviluppo di infrastrutture digitali. Anche se, ahimè, mancano competenze specifiche all’interno degli enti locali e non esiste, nel 70% dei casi monitorati, una Governance dei dati.
Sempre nell’intervista effettuata da LUMI, gli aspetti legati a digitalizzazione e nuove tecnologie rappresentano un’opportunità per le città e i territori per sviluppare nuovi servizi ai cittadini (42%), un’occasione per migliorare la gestione di servizi e infrastrutture (31%) e in ogni caso, nel 26% dei casi, un cambiamento inevitabile.
La consapevolezza c’è, dunque, sia a livello di cittadini sia a livello di enti locali. Quello che manca sono, da un lato, una cultura del digitale insieme a competenze e skill dedicati, dall’altro l’utilizzo corretto dei dati per migliorare comportamenti, approcci al consumo e servizi per poter raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Le tecnologie digitali e i nuovi strumenti messi a disposizioni da sensori, IoT e intelligenza artificiale vanno visti come mezzi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e neutralità climatica. I dati sono fondamentali per poter analizzare lo stato attuale delle cose ed effettuare proiezioni.
Per gli enti locali, il punto di inizio è l’analisi dei bisogni della comunità, che deve riflettere le necessità dei cittadini, le sfide, i vantaggi e le preoccupazioni delle comunità. Solo attraverso la governance del dato è possibile fare un salto di qualità nel dare valore aggiunto ai servizi e rispondere alle reali necessità dei cittadini.
Per i cittadini, invece, il punto di partenza deve necessariamente essere il cambiamento delle attitudini e del modo di vivere ogni giorno, responsabilmente. Prendere la bicicletta invece dell’auto. Spegnere la luce quando non è necessaria. Fare un’attenta raccolta differenziata. Prendersi cura dell’ambiente e degli altri.
Transizione digitale e transizione ecologica devono andare di pari passo coniugando nuove tecnologie e obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il PNRR – Piano nazionale Ripresa e Resilienza rappresenta un’occasione epocale per guidare questo processo di trasformazione. Speriamo di vederne presto i frutti.