- Interviste
Smart building, gli edifici diventano intelligenti
Da edifici smart a cognitivi, gli smart building saranno sempre più simili a organismi viventi. Lo prevede Carlo Ratti, direttore del MIT Senseable City Lab.
Come si sta evolvendo il mercato degli smart building in Italia? E con quali prospettive?
Mettendo insieme gli ultimi dati dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, di ANIE e della survey di LUMI4Innovation nel settore energy, cerchiamo di fare una fotografia della situazione attuale.
Innanzitutto, lo Smart building management si riferisce alla capacità e alle modalità di ottimizzare prestazioni, monitoraggio e gestione in ottica di efficienza energetica, riduzione dei costi e miglioramento della sicurezza e del comfort delle persone all’interno degli ambienti.
L’edificio può infatti dirsi intelligente quando è in grado di gestire in modo ottimale i consumi energetici e quando riesce a “prevedere” situazione di guasti e impianti attraverso sistemi di manutenzione predittiva. Infine, quando riesce a migliorare la qualità di vita indoor dei suoi abitanti.
Sistemi di gestione dello smart building si basano ovviamente sulla digitalizzazione, quindi sull’utilizzo delle tecnologie IoT – Internet of Things e sulla centralità del dato.
Secondo l’ultimo Rapporto Cisco 2020, entro il 2023 ci saranno 6 miliardi di dispositivi 4G e 1,4 miliardi di dispositivi 5G e in Italia ci saranno 511 milioni di oggetti connessi, pari a 8,5 per persona. Nel mondo arriveremo addirittura a 30 miliardi, 45% dei quali connessi su reti mobili. Di fronte a questi dati, possiamo ben capire il contesto di connettività e digitalizzazione in cui verremo a trovarci in un paio di anni.
Così come evidenziato nel Libro Bianco di ANIE sull’edificio 4.0 (luglio 2020), la progressiva digitalizzazione di impianti e sistemi e l’utilizzo di tecnologie abilitanti saranno la chiave per ammodernare e riqualificare i nostri edifici.
All’interno degli edifici, le aree di ottimizzazione e gestione riguardano principalmente:
Viene messo in evidenza il potenziale di crescita economica che si potrebbe realizzare se gli edifici fossero effettivamente protagonisti del processo di digital transformation. Boston Consulting Group stima infatti che l’uso di applicazioni digitali e software potrebbe portare a una riduzione dei costi sull’intero ciclo di vita di un progetto edile del 20% circa. Partendo da dati Istat che vedono nel settore costruzione un valore di 170 miliardi di euro, si tratterebbe di un risparmio di circa 20/30 miliardi.
Se guardiamo ai dati dell’Energy&Strategy Group, in Italia, il volume d’affari associato a investimenti in smart building è stato di 3,6 miliardi di euro nel 2018: 1,47 miliardi in building devices & solutions (pari al 41%), 1,1 miliardi in automation technologies (pari al 31%) e 1, 02 miliardi in piattaforme di gestione e controllo (28%), con un forte accento sugli investimenti in hardware e software.
Sempre secondo il Rapporto Smart Building 2020, la riqualificazione degli edifici ricopre un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi energetici prefissati dall’Ue. Potrebbe infatti ridurre del 5-6% i consumi energetici europei e del 5% le emissioni di CO2 di cui sono tra i maggiori responsabili.
Nello scenario delineato dal rapporto del Politecnico gioca un ruolo chiave anche la servitizzazione o servitization (x-as-a-service), che sta cambiando il business model mettendo al centro non il singolo prodotto, ma il servizio connesso all’utilizzo del prodotto (insieme a progettazione, installazione, manutenzione e sostituzione).
In questo contesto in evoluzione, chi gioca un ruolo cruciale è la figura dell’Energy Manager. È a lui che spetta infatti il compito di sincronizzare e gestire i vari scenari, i vari impianti, le varie situazioni partendo dagli obiettivi di efficientamento energetico, sicurezza e comfort ambientale. Tenendo ben presente gli obiettivi di efficientamento energetico, risparmio economico e benessere dei lavoratori, si confronta con altre funzioni aziendali, quale ad esempio il responsabile sicurezza o il facility manager, nell’ottimizzazione di luoghi di lavoro e ambienti che devono garantire salubrità, sicurezza e condizioni ottimali. Da qui l’uso deriva anche l’uso di sensori ambientali e sistemi di monitoraggio per controllare umidità, temperatura, qualità dell’aria indoor e consumi energetici.
A corollario, è giusto ricordare il quadro normativo di riferimento che fa da contesto allo smart building management, all’edificio 4.0 e all’utilizzo delle tecnologie IoT nell’edilizia.
La Direttiva UE 2018/844 sulla prestazione energetica nell’edilizia (EPBD III) e sull’efficientamento energetico, che ha introdotto tra gli altri il SRI – smart readness indicator, indicatore sul livello di intelligenza dell’edificio.
Il Green New Deal, volto a incoraggiare la transizione energetica e l’utilizzo di fonti da energia rinnovabile. Collegato ad esso seguiranno nei prossimi mesi linee guida sul “Built environment” (ambiente costruito) fondate su 5 aspetti: economia circolare, efficienza energetica, clima, digitalizzazione e procurement ovvero approvvigionamenti.
La norma tecnica UNI EN 15232 collegata alla EPBD che valuta la prestazione energetica dell’edificio partendo dalla classificazione dei suoi servizi: sistemi di raffrescamento e riscaldamento; schermature solari; consumi energetici; gestione termica; illuminazione; controllo guasti impianti; gestione FER (fonti energie rinnovabili); cogenerazione; controllo umidità e aria condizionata e smart grid.