
- Opinioni
Human centric lighting: l’influenza della luce sull’uomo
Prima, “human centric lighting” era solo uno slogan. Ora è realtà. La luce ha una forte influenza sull’uomo e per questo va progettata con molta attenzione.
Per anni abbiamo creduto che l’illuminazione di un ambiente dovesse rispondere solo ed esclusivamente alle nostre esigenze di visione, sicurezza e orientamento. Insomma, che avesse delle funzioni precise per aiutarci a svolgere le attività quotidiane.
La scienza e gli studi effettuati nel tempo ci hanno invece dimostrato che gli effetti della luce sull’uomo non si limitano a una pura questione visiva, ma incidono fortemente sulle funzioni cognitive di ciascun individuo e soprattutto sul suo ritmo biologico (ritmo circadiano). Questo significa che la luce può aiutare a essere più energici o più tranquilli, più vigili o più rilassati a seconda delle necessità. In sostanza, può farci sentire a nostro agio e aiutarci a vivere meglio.
Da tempo si parla di Human Centric Lighting (HCL) ovvero di come ottimizzare l’impatto biologico ed emotivo della luce sugli esseri umani attraverso progetti di illuminazione che mettano il benessere delle persone al centro.
L’associazione internazionale Lighting Europe ha dato la seguente definizione di Human Centric Lighting:
Un insieme di soluzioni e sistemi di illuminazione che combinano effetti visivi, biologici ed emozionali della luce, influenzando il benessere e le prestazioni individuali delle persone.
Consapevoli che la luce ha una forte influenza sull’uomo, sulla sua salute, sul suo stato psico-fisico, sulla sua produttività e sul suo umore, l’HCL studia quindi le modalità e gli strumenti per consentire l’illuminazione più corretta a ogni ora del giorno e dell’anno attraverso una pianificazione olistica.
Aspetti come la temperatura del colore e l’intensità della luce combinati con il materiale illuminato e la percezione umana giocano un nuovo ruolo. L’attenzione ora è rivolta prima di tutto all’uomo e ai suoi requisiti specifici e personali.
Secondo un recente studio pubblicato dall’associazione tedesca dei produttori elettrici ed elettronici ZVEI in collaborazione con Lighting Europe, lo Human Centric Lighting sta assumendo un ruolo sempre più importante nella società e nella vita di tutti noi.
Un uso consapevole della luce può contribuire a migliorare la concentrazione, la sicurezza e l’efficienza non solamente negli appartamenti, ma anche nei luoghi di lavoro e di apprendimento (edifici scolastici). Addirittura, la luce può essere usata come terapia (si parla di Light Therapy) per curare stati di ansia o depressione.
Da questa considerazione nasce anche l’individuazione di un mercato specifico, che secondo l’istituto tedesco raggiungerà nel 2020 un fatturato di 1,4 miliardi di euro. Inizialmente lo Human Centric Lighting crescerà nei segmenti di ufficio, sanità e istruzione. Nel 2020 invece si prevede che i settori più rilevanti saranno quelli legati alla formazione e al residenziale. Quest’ultimo, grazie anche alle funzioni di assistenza agli anziani, crescerà rapidamente arrivando a coprire circa il 45% del settore.
Con lo Human Centric Lighting, l’uomo viene posto al centro dell’attenzione e l’illuminotecnica diventa uno strumento importante per contribuire al suo benessere, con una personalizzazione delle soluzioni sempre più spinta e sempre più avanzata. Oggi non si parla più soltanto di benessere biologico o percettivo ma anche di miglioramento della qualità della vita.
Secondo l’approccio HCL, ci sono tre sfere che vengono influenzate dalla luce e dal tipo di illuminazione a cui il progettista professionista deve prestare attenzione: quella visiva, emotiva, biologica.
Una visione ottimale di quello che ci circonda è fondamentale per qualsiasi attività da svolgere. Vedere, orientarsi nello spazio, leggere i segnali luminosi (come le luci di emergenze) sono sicuramente aspetti importantissimi da tenere in considerazione quando si definisce un progetto di illuminazione di un ambiente. Tra l’altro esistono precisi riferimenti normativi e standard in proposito, come la norma DIN EN 12464-1 “Illuminazione interna del posto di lavoro” ad esempio che contiene i valori minimi da applicare nella progettazione di un ambiente di lavoro.
Un progetto illuminotecnico deve quindi avere come obiettivo primario quello di fornire condizioni visive ottimali.
Ogni progetto di illuminazione deve poi considerare quali emozioni vuole suscitare nelle persone che vivono un certo ambiente. Vuole dare una sensazione di calore e accoglienza, magari nel foyer di un hotel o in una casa di cura, oppure vuole regalare relax? O ancora vuole rendere una persona più vigile e più energica, magari sul posto di lavoro?
Non esistono standard o regole da seguire in questo caso. Bisogna affidarsi all’esperienza di un professionista e alle buone pratiche. E poi valutare i risultati e personalizzare il più possibile le soluzioni sulla base delle esigenze specifiche di ciascun individuo.
Gli aspetti biologici della luce vanno ponderati con molta attenzione. Perché influenzano il ritmo circadiano e possono aiutare una maggiore produttività durante il giorno da un lato e un migliore sonno notturno dall’altro. Norme quali DIN SPEC 5031-100, DIN SPEC 67600 e il documento DGUV sugli impatti della luce non visivi nel contesto della sicurezza industriale contengono note e raccomandazioni sulla pianificazione degli impatti biologici o melantopici.
Un concept di HCL ben progettato può evitare effetti biologici negativi causati da un’illuminazione inadeguata o addirittura nociva.
nota: fonte licht.de – Guida HCL
Lo Human Centric Lighting punta ad avere effetti positivi sugli esseri umani in maniera duratura.
Per fare questo, l’analisi degli effetti della illuminazione devono essere inclusi nel processo di progettazione e pianificazione sin dall’inizio. È importante coordinare strettamente tutte le competenze in gioco (dall’architetto all’ingegnere, dal designer al system integrator), i prodotti e i materiali. Solo un sistema di illuminazione ben studiato, gestito e funzionante in conformità con le linee guida e gli standard di riferimento, può soddisfare i bisogni delle persone.
I concetti di HCL devono essere stabiliti nel progetto in una fase iniziale e forniscono le basi per una pianificazione olistica e interdisciplinare. La luce naturale viene utilizzata laddove possibile ed è molto importante. La stessa luce naturale va poi miscelata e calibrata con la luce artificiale.
L’illuminazione deve poi consentire una transizione dinamica di vari scenari di illuminazione – dalla mattina al giorno, alla sera, alla notte.
Il ritmo circadiano è il complesso sistema che regola i ritmi biologici degli esseri viventi in sintonia con l’ambiente. Il cambiamento dei parametri fisiologici come temperatura e pressione sanguigna nei mammiferi, la perdita delle foglie in autunno o la fioritura in primavera di alcune piante, così come l’alternanza tra fase di sonno e veglia negli animali, sono eventi controllati dagli orologi endogeni per rispondere ai cambiamenti ambientali causati in primo luogo dalla rotazione terrestre.
Riferendosi a una persona, il ritmo circadiano è prettamente legato al suo orologio biologico. Dal latino, circa diem “di un giorno circa”, indica il ciclo sonno-veglia e le variazioni dei parameri fisici umani presenti nell’arco temporale di un giorno solare (24 ore).
La circadianità è data sia da elementi esterni, come la rotazione terrestre e quindi l’alternarsi di giorno e notte, sia da caratteristiche interne all’individuo.
Nell’arco delle 24 ore, le variazioni che coinvolgono il ritmo circadiano non si riferiscono soltanto al ciclo sonno-veglia, ma anche altri aspetti molto importanti dell’individuo: il metabolismo, il rilascio di alcuni ormoni, la pressione sanguigna e la temperatura corporea.
Tanto è vero che c’è una correlazione molto stretta tra la qualità del sonno e lo stato di salute di una persona. Le persone che soffrono di insonnia o di apnee notturne, ad esempio, aumentano il loro stato di stress (per il rilascio di alcuni ormoni durante la notte) e di conseguenza il rischio di ipertensione arteriosa.
La luce interviene in modo determinante nel processo di regolazione dell’orologio biologico. Ogni fase sonno/veglia viene resettata grazie alla presenza di luce per essere sincronizzata al ciclo giorno/notte. Infatti, in assenza di stimolazione luminosa e per alcune persone non vedenti, tale sincronizzazione viene a mancare con possibili conseguenze nocive sulla salute.
Ma cosa succede esattamente? La luce (solare o artificiale che sia) trasmette il segnale al cervello che a sua volta induce la produzione di melatonina. E la melatonina è “l’ormone del sonno” e si caratterizza da un andamento variabile nel corso del giorno e da un picco di produzione nelle ore notturne. Il livello di melatonina si riflette nel ciclo sonno-veglia: la sua presenza nel sangue sostiene il rilassamento e il sonno, mentre al contrario, la sua assenza, aumenta il livello di vigilanza e attenzione.
La luce può dunque regolare l’orologio circadiano in modo da ritardarlo o anticiparlo. Dai dati empirici si è rilevato nel tempo che un’esposizione alla luce al momento del risveglio comporta soppressione della melatonina, produzione di cortisolo (l’ormone dello stress) e determina un aumento delle prestazioni dell’individuo. L’esposizione alla luce durante la prima metà della notte ritarda il ritmo circadiano e riduce la propensione al rilassamento e al sonno; mentre la stessa esposizione nella seconda metà della notte, comporta un anticipo del ciclo circadiano.
Il ritmo circadiano è influenzato anche dalla quantità di luce somministrata: uno stimolo di luce intenso ha un effetto maggiore nella cessazione di produzione di melatonina rispetto a uno stimolo generato da un’illuminazione fioca. Anche il modo in cui varia lo stimolo luminoso ha una sua valenza: variazioni repentine del livello di illuminamento sono più efficaci di variazioni graduali per la soppressione della melatonina.
Nel 2017, il Nobel per la medicina è andato a tre genetisti americani: Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young. È a loro che va il merito di aver finalmente capito come funziona il meccanismo molecolare che controlla il ritmo circadiano.
Studiando il DNA di un semplice moscerino della frutta, gli scienziati sono infatti riusciti a isolare il gene che controlla il ciclo sonno-veglia, dimostrando che questo gene, chiamato “period” codifica una proteina che si accumula nelle cellule durante la notte e poi viene degradata durante il giorno. Insieme sono stati scoperti altri due geni, “timeless” e “doubletime”: il primo codifica una proteina per controllare il ritmo biologico, il secondo controlla la frequenza delle oscillazioni corrispondente al ciclo giorno-notte.
“L’impatto della luce sul nostro ritmo circadiano è più potente di qualsiasi droga esistente”.
Ad affermarlo, nel 2013, è stato il medico americano e ricercatore del sonno Charles Czeisler che per anni ha studiato le correlazioni tra illuminazione, ritmi circadiani e qualità del sonno.
Dagli anni 2000 in avanti sono state effettuate diverse sperimentazioni e realizzati modelli di calcolo per valutare l’impatto circadiano della luce (tra i più interessanti, quello del Light Research Center americano). Al momento, però, ci sono soltanto dati empirici su cui basarsi… il che non permette ancora di arrivare alla definizione di regole e normative precise in materia.
Quello che ormai è certo è che la luce può provocare uno sfasamento del ciclo giorno-notte, e quindi del ritmo circadiano, generando conseguenze importanti sulle funzioni fisiche delle persone.
Pensiamo a un esempio classico, quello del fuso-orario o jet lag. Quando si viaggia in un senso, verso est o verso ovest, si modifica l’orario. Di conseguenza, le persone che viaggiano in una di queste direzioni, devono riadattarsi al fuso orario, un processo che può richiedere tempo e a volte qualche aiuto (come l’assunzione di melatonina).
Con l’avvento dell’illuminazione elettrica artificiale è avvenuto che la classica alternanza luce-buio naturale è stata alterata.
Questo perché viviamo per la gran parte del nostro giorno (in media il 90%!!!) in ambienti interni (uffici, scuole, aziende…) dove per lo più riceviamo stimoli luminosi inadeguati o insufficienti. Ma anche perché spesso durante la notte riceviamo stimoli eccessivi (non pensiamo soltanto all’illuminazione classica ma anche alla luce emessa dagli schermi LED di televisori e cellulari che troppo spesso ci accompagnano fino al momento in cui ci addormentiamo e non fanno molto bene alla nostra salute).
L’alterazione dell’equilibrio tra l’orologio biologico e il ciclo giorno-notte può generare conseguenze potenzialmente negative sulla salute delle persone. Molti studi hanno mostrato che tale sfasamento è collegato all’insorgenza di diverse patologie, che possono essere di lieve entità (come disturbi gastro-intestinali e cardiovascolari, stati di confusione, stress, ansia, cefalea e disturbi dell’umore e del sonno) o di entità più grave.
In questo secondo ambito rientrano ad esempio alcune forme di depressione (pensiamo a chi vive nei Paesi del Nord Europa, con periodi di buio molto lunghi durante l’autunno-inverno, e soffre di SAD – Seasonal affective disorder) o addirittura alcune forme di cancro (è risaputo che la melatonina è un agente oncostatico endogeno in quanto inibisce le attività metaboliche cellulari di alcuni tipi di cellule, come quelle tumorali).
Lo Human Centric Lighting assume quindi un valore di primo piano in tutti quegli ambienti in cui la luce gioca un ruolo centrale: ospedali, case di cura, scuole, uffici. Ma, in generale, in tutti gli spazi interni, anche quelli privati, in cui si trascorre gran parte della nostra giornata.
Ma quali sono i benefici dello HCL?
Si distinguono per aree di applicazione in:
La luce è quindi in grado di agire sullo stato fisico delle persone ma anche sul loro stato psicologico lavorando direttamente sul sitema limbico. La luce non ha infatti soltanto degli effetti biologici, bensì interviene:
Non a caso, alcune sperimentazioni, hanno dimostrato che anche le persone non vedenti possono beneficiare della luce e di una corretta illuminazione…
Tornando allo Human Centric Lighting, ci sono alcuni aspetti tecnici che vanno considerati per una corretta implementazione di un progetto illuminotecnico:
Di fatto, bisogna parlare sempre di luce dinamica che possa essere modulata e regolata in base alle necessità di utilizzo e al tempo.
Il termine di riferimento per un progetto HCL resta poi la possibilità di riprodurre una luce di qualità, il più possibile simile alla luce naturale.
Non basta possedere determinati requisiti tecnici, per poter parlare di Human Centric Lighting. HCL è stato per anni un termine abusato e uno “slogan” per vendere più prodotti usato dall’industria… Ma per potersi definire veramente Human Centric Lighting, il progetto di illuminazione e il sistema adottato devono garantire risultati reali per il nostro benessere quotidiano.
I benefici devono supportati da prove scientifiche basate sull’utente, adattando quindi il sistema alla persona specifica, alle sue abitudini e attività.
Se è vero che l’illuminazione HCL può portare innumerevoli benefici nel nostro quotidiano, è anche vero che, se mal pensata o mal gestita, può causare effetti negativi: se di sera si usa una luce troppo fredda, pensata per dare energia al mattino, riscontreremo più difficoltà nell’addormentarci.
In alcuni ambienti o per alcuni tipi di lavoro, lo HCL diventa ancora più determinante perché può portare a un reale miglioramento della qualità della vita.
Pensiamo a chi lavora in fabbrica facendo i turni di notte o ai piloti d’aereo e al personale di bordo che lavorano per lunghi periodi su rotte transmeridianiche. Pensiamo anche ai pazienti degli ospedali, agli anziani nelle case di cura o ai bambini di una scuola, soggetti sicuramente più fragili per i quali servirebbe un’attenzione più alta nella progettazione del sistema di illuminazione e del tipo di luce.
In una società frenetica e indaffarata come quella attuale, è necessario che la tecnologia contribuisca al benessere dell’uomo, o perlomeno intervenga là dove non arriva la natura. Così anche l’illuminazione, o meglio lo Human Centric Lighting, può dare il suo contributo nel nostro quotidiano, portando sollievo nelle nostre vite caotiche.
L’ufficio è sicuramente uno degli ambienti in cui trascorriamo più ore durante il giorno. Un ambiente chiuso (confinato) in cui spesso l’illuminazione è inadeguata rispetto alle esigenze dei lavoratori. Non è un caso che si parli di “oscurità biologica” anche nelle ore diurne con potenziali effetti negativi sulla salute (come insonnia e in generale disturbi del sonno). La maggior parte degli ambienti confinati, infatti, presenta dei livelli di illuminamento troppo bassi per mantenere sincronizzato l’orologio circadiano.
Qualche dato su cui riflettere: il livello di illuminamento all’esterno, in condizioni di sole, sono pari a 80.000-90.000 lux, e, in condizioni di ombra, sono pari a 5000-9000 lux. All’interno di un ufficio, l’illuminamento sul piano di lavoro è intorno ai 500-1000 lux…!
Inoltre, gli uffici e i luoghi di lavoro moderni si presentano come ambienti dominati dalle tecnologie di rete digitale e dall’idea di lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Questo si traduce in orari di lavoro flessibili e una vasta gamma di attività differenti. Per questo motivo c’è sempre più attenzione verso aspetti ergonomici e di benessere. E per questo il concetto di illuminazione HCL va preso in considerazione per un impatto positivo sui dipendenti.
L’illuminazione di un ufficio deve:
I nuovi concetti di spazio flessibile e modulabile richiedono soluzioni altrettanto flessibili caratterizzate da illuminazione dinamica e di alta qualità. Sistemi di illuminazione che vanno regolati quando richiesto sulla base di scenari luminosi programmabili.
Ad esempio, per ottimizzare le performance e la produttività dei lavoratori è essenziale garantire la massima esposizione alla luce naturale durante le ore del mattino.
Come soddisfare quindi i parametri visivi, emotivi e biologici collegati ai principi dello Human Centric Lighting in uno spazio di lavoro? Ecco qualche spunto tratto dalla guida di Licht.de.
In un ufficio bisogna innanzitutto seguire i riferimenti normativi UNI EN 12464-1 per quanto riguarda i livelli di illuminamento nelle aree delle attività visive (scrivanie in primis), sulle pareti e sui soffitti; la distribuzione armonica delle luminanze e buone uniformità sui piani di lavoro; la limitazione del fenomeno di abbagliamento diretto e riflesso; livelli di resa cromatica della luce adeguati
Il compito di architetti e lighting designer è quello di progettare gli ambienti di lavoro con il giusto equilibrio di luce naturale e artificiale. Gli apparecchi di illuminazione devono essere esteticamente non invasivi e regolabili da sistemi di controllo efficaci in base al momento della giornata e alle esigenze lavorative.
Non soltanto la luce deve essere dimmerabile, ma per avere una soluzione ottimale bisognerebbe poter offrire a ogni lavoratore la possibilità di controllare la luce sul proprio posto di lavoro tramite uno smartphone andando a definire di volta in volta diversi scenari luminosi (ad esempio uno più luminoso per i momenti in cui serve più concentrazione, uno più rilassante per i momenti di pausa).
Studi e analisi devono supportare le giuste proporzioni spettrali sull’occhio del lavoratore per garantire il ritmo biologico di ciascuno e supportare l’attività e la produttività nel miglior modo possibile.
Esistono casi di successo nell’illuminazione degli uffici e diverse sperimentazioni in questo ambito, tutte volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro.
La sfida del progettista illuminotecnico e dell’architetto nella realizzazione di un ufficio o di un luogo di lavoro è quella di raggiungere un equilibrio tra sostenibilità ambientale, efficienza energetica, sicurezza e benessere delle persone in un contesto di trasformazione tecnologica legata a LED, IoT, smart lighting e digital transformation.
Sapevate che i bambini sono molto più sensibili alla luce? Le loro pupille sono più piccole di quelle degli adulti e in generale il loro sistema non ha ancora sviluppato una capacità di agire in modo efficace sulla melatonina.
Per questo motivo, il ruolo della illuminazione nelle scuole e negli edifici scolastici è ancora più importante che in altri ambienti. Eppure, spesso l’illuminazione di scuole e aule scolastiche è un aspetto che viene trascurato e passa in secondo piano. Certo, negli ultimi anni si è fatta più attenzione al tema del risparmio energetico legato alla sostituzione di corpi illuminanti con sorgenti tradizionali con prodotti a LED, ma non basta.
Stando alle statistiche, negli Stati Uniti, almeno il 27% delle scuole sono dotate di un’illuminazione scarsa o inadeguata. E una illuminazione insufficiente può avere delle forti ripercussioni negative sul rendimento scolastico e sulla salute dei bambini.
Perché una scuola possa invece definirsi realmente sostenibile e human centric deve avere una buona illuminazione e un basso impatto ambientale. Questo è possibile utilizzando più luce naturale possibile, il che riduce la necessità di illuminazione artificiale e di conseguenza il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica. L’illuminazione artificiale si deve basare sull’uso di tecnologia LED che consuma meno energia rispetto alle tecnologie tradizionali. L’equilibrio tra illuminazione naturale e artificiale richiede la considerazione di diversi fattori, come la progettazione e l’orientamento dell’edificio, la posizione geografica (clima e stagionalità), la perdita di calore e l’isolamento delle finestre, la necessità di particolari attività di illuminazione e gli orari di funzionamento della scuola.
Tornando all’influenza della luce su bambini e adolescenti, ci sono alcuni elementi ormai assodati:
Con sistemi di illuminazione biologicamente ottimizzati negli ambienti di formazione, le condizioni di luce naturale possono essere raggiunte in modo più efficace. Detto semplicemente, è possibile imitare l’illuminazione naturale all’interno dell’aula. Inoltre, sistemi di illuminazione intelligente (smart lighting) possono aiutare a creare scenari luminosi facilmente programmabili e controllabili a seconda dell’attività da svolgere. Non dimentichiamoci infatti che gli studenti non siedono solo al tavolo, ma tengono anche presentazioni, comunicano e discutono, scrivono e compilano test, ma richiedono anche momenti di ricreazione e pausa.
Un ambiente luminoso ottimizzato, ad esempio nelle aule, può avere un’influenza diretta sulle prestazioni accademiche:
Ma l’influenza che la luce ha sull’uomo (e su un bambino) non si esaurisce nel momento della sua esposizione. Ricordiamoci che gli effetti sono di tre tipi – visivi, biologici ed emotivi – e che la luce agisce fortemente sul nostro orologio biologico. L’effetto di un sistema di illuminazione human centric lighting può durare anche dopo la scuola e intervenire sulla qualità del sonno. È risaputo che durante la notte, nel sonno, si verificano importanti processi di apprendimento. Un sonno disturbato o insufficiente può invece causare una riduzione dell’efficienza dell’apprendimento e compromettere il rendimento scolastico. Questo perché una migliore qualità e durata del sonno hanno un effetto positivo sulla memoria. Un buon sonno migliore aiuta a ridurre la sonnolenza diurna e a raggiungere una concentrazione e un livello di attenzione più elevati durante le lezioni. Mentre una cattiva qualità del sonno può causare disturbi dell’umore oltre a forti cali della concentrazione.
Quando si studiano le soluzioni di illuminazione ottimizzate per una scuola o un’aula di formazione, bisogna tenere presente un altro aspetto. Ogni individuo ha un suo ritmo circadiano. I cronotipi mattutini hanno meno difficoltà a prepararsi per l’inizio della scuola, i cronotipi tardivi hanno bisogno di più tempo per iniziare la giornata. Un’illuminazione ottimizzata può aiutare bambini e adolescenti con cronotipi tardivi a realizzare un inizio più facile e confortevole al mattino aiutandoli a superare una specie di “jetlag sociale”. Ovvio che, per contro, non sarà mai possibile installare un sistema di illuminazione intelligente e human centrico lighting “adatto a tutti”.
Ecco in sintesi alcune consigli per una illuminazione ottimale nelle scuole e negli edifici scolastici in ottica Human Centric Lighting (fonte licht.de – Guida HCL):
Un’implementazione molto importante nei sistemi di illuminazione in ambito educational sarebbe una regolazione dinamica delle caratteristiche della luce durante il giorno. Quindi una regolazione dell’intensità e della temperatura del colore per supportare le attività degli insegnanti e degli studenti riguardo alle attività da svolgere. Poiché le scuole e gli edifici scolastici superiori hanno accesso a un budget limitato per l’edificio e gli edifici stessi sono a volte molto unici, una soluzione “plug & play” per l’illuminazione dinamica a LED potrebbe essere un’opportunità anche per risparmiare sui costi.
Una scuola elementare di Hemsedal, in Norvegia, ha sperimentato un sistema di illuminazione a LED con quattro diversi scenari luminosi preimpostati: “Energia” da utilizzare nella prima ora del giorno (temperatura colore di 6500 K, intensità di 650 lux); “Focus” durante i test (temperatura colore di 6500 K, intensità di 1000 lux); “Relax” per attività rilassanti e tranquille (temperatura colore di 2700 K, intensità di 300 lux) e “Standard” per attività ordinarie (temperatura colore di 3500 K, intensità di 300 lux). Il pannello di controllo è gestito direttamente dall’insegnante.
Lo studio ha coinvolto 27 alunni di terza e quarta elementare. Gli insegnanti hanno riferito uno sviluppo positivo per la concentrazione e il riposo degli alunni in classe e gli alunni hanno riportato una diminuzione della sonnolenza.
In un altro studio condotto presso l’Università di Amburgo nel 2014 è stata studiata l’influenza positiva della luce dinamica (variable light – VL). Nella sperimentazione sono stati usati sette diversi scenari di illuminazione: “Standard”, per situazioni di illuminazione convenzionale nelle aule basate sullo standard DIN 5035 (300 lux, 4000 K); “Focus”, con l’illuminazione della lavagna (1000 lux, 4000 K) e un’illuminazione bassa dell’aula (300 lux, 3800 K); “Solo Lavagna”, la lavagna è accesa e l’illuminazione della stanza è spenta; “Concentrato”, con una luce bianca diurna molto intensa per lavori individuali che richiedono un alto grado di attenzione e concentrazione (1060 lux, 5800 K); “Attiva”, con un livello più alto della componente blu dello spettro rispetto all’illuminazione standard (625 lux, 11000 K); “Relax”, una luce leggermente più calda rispetto all’illuminazione standard (325 lux, 3500 K) e “Extreme Relax”, una variazione più estrema viene utilizzata quando non viene eseguita alcuna lettura e scrittura (275 lux, 3500K).
Ci sono altri analisi e studi in questa direzione che stanno iniziando a portare significativi risultati.
Spesso non ci pensiamo, ma il legame tra la qualità della luce e il comfort che ne deriva a livello psico-fisico è strettissimo. Di conseguenza, la luce gioca un ruolo fondamentale in ogni tipo di ambiente, anche in ambito commerciale e nel retail.
Se entriamo in un negozio in cui ci sentiamo a nostro agio, in cui veniamo accolti da una luce calda e confortevole, saremo naturalmente invogliati a prolungare la nostra permanenza in questo ambiente. Il che potrebbe facilmente tradursi in un acquisto.
L’esperienza di acquisto è oggi determinante per il consumatore e in questo senso l’illuminazione a LED e le nuove tecnologie disponibili possono giocare un ruolo importante agendo sia a livello fisico (attraverso la vista) sia a livello psicologico (subconscio).
Se parliamo di Human Centric Lighting dobbiamo ricordarci che a comandare è sempre la luce naturale. Avere luce diurna naturale non è però sempre possibile, specialmente in quei luoghi, come i centri commerciali, che si configurano come ampissimi spazi completamente al coperto.
Fortunatamente, l’illuminazione a LED, oltre a consentire un notevole risparmio energetico, può essere controllabile e controllata offrendo la possibilità di creare scenari luminosi a seconda del momento della giornata, del periodo dell’anno, del tipo di consumatore o target a cui ci si vuole rivolgere. E soprattutto arrivando a imitare la luce diurna.
Inoltre, adeguati sistemi di illuminazione sono in grado di restituire e far risaltare la naturalezza dei prodotti. Soluzioni a LED con ottima resa cromatica e temperatura di colore adeguata possono esaltare la freschezza dei prodotti alimentare ad esempio, mentre prodotti tunable white riescono a variare la temperatura colore in maniera adattiva rispetto all’ambiente.
Nei settori retail e commerciale, l’approccio Human Centric Lighting non è ancora così diffuso. Quello che è certo è che, grazie agli studi e alle ricerche, si è capito che la leva per coinvolgere i consumatori e dare vita a una esperienza di acquisto o user experience vincente bisogna puntare sulle emozioni.
Il Neuromarketing, la branca del marketing che cerca di capire cosa succede nella mente delle persone quando vengono esposte a stimoli visivi (durante l’esperienza di acquisto o mentre guardano una pubblicità) ha sottolineato l’importanza dei neuroni a specchio e dei colori.
Anche i colori, come la luce, possono influenzare il nostro benessere e il nostro stato psicologico. Per questo motivo sono utilizzati sapientemente da architetti e interior designer nella progettazione di ambienti e smart spaces.
I colori sono suddivisi in due macro-categorie: i colori caldi e i colori freddi. I colori caldi sono il rosso, l’arancione e il giallo ovvero colori che evocano in noi il colore del sole e la luce calda e che, di conseguenza, trasmettono energia positiva. Sono anche i colori a cui corrisponde una bassa temperatura di colore (2.700-3.000 K). Per contro, i colori freddi sono il verde, il blu e il viola che evocano il buio e la notte e che trasmettono un senso di relax e di pace. I colori freddi corrispondono a temperature colore più elevate (dai 5.000 K in su).
A LUMI Expo 2019 – la mostra-convegno sull’integrazione delle tecnologie per l’ambiente costruito organizzata dal Consorzio Tecno lo scorso novembre a Bologna il 21-22 novembre – si è svolta una conferenza di aggiornamento sul tema dello Human Centric Lighting. Un momento per confrontarsi, tra esperti, associazioni e aziende di tecnologia, su come rispondere alle crescenti richieste di luce personalizzata negli ambienti.
“La luce ha un effetto sui nostri ritmi circadiani, è stato provato. – Ha esordito la Professoressa Laura Bellia dell’Università di Napoli durante l’incontro – Più che la luce in se è l’alternanza luce/buio che ci consente di regolare i nostri ritmi di vita e il nostro orologio biologico.”
“Ormai siamo abituati a trascorrere molto tempo in ambienti chiusi (si parla di quasi il 90% della nostra giornata) in cui c’è un livello di illuminazione costante e in condizioni che non variano. Pensiamo ad esempio a uffici, supermercati, negozi e centri commerciali, capannoni industriali, ospedali… Quando viviamo in questi ambienti interni addirittura non ci accorgiamo di che tempo fa fuori o di che ore sono, non ci accorgiamo del tempo che passa. Questo è un elemento negativo per quanto riguarda la regolazione dei nostri ritmi biologici.”
“E la non regolazione del ritmo circadiano può portare a disturbi di varie entità, da problemi temporanei a disturbi anche più seri”.
Come sottolineato dalla Prof.ssa Bellia, i disturbi più frequenti legati a un’illuminazione impropria (ovvero a una cattiva qualità dell’illuminazione) sono: bruciore agli occhi, ammiccamento frequente, lacrimazione, secchezza degli occhi, stanchezza alla lettura, visione annebbiata o sdoppiata, fastidio alla luce, mal di testa fino ai disturbi del sonno. Ma se parliamo di alterazione del ritmo circadiano, i disturbi possono essere di carattere cardiovascolare, disturbi metabolici o gastrointestinali, problemi di carattere psicologico legati a stress, ansia, depressione… fino addirittura ad aumentare i rischi di cancro.
Gli effetti della luce sul ritmo circadiano sono controllati da percezioni non visive della luce. Si parla anche dell’effetto melanopico della luce.
Solo una quindicina di anni fa sono stati scoperti, oltre ai fotorecettori (coni per la visione a colori, bastoncelli per la visione crepuscolare) anche gangliociti fotosensibili nella retina dell’uomo. Sono loro i responsabili della percezione non visiva e controllano ad esempio anche il riflesso pupillare. Non soltanto degli uomini…
“L’alternanza luce-buio coinvolge tutti gli esseri viventi sulla terra, anche quelli non appartenenti agli ambienti animali. – ha detto ancora la Prof.ssa Bellia – Per cui, nel progettare l’illuminazione degli ambienti, dobbiamo avere attenzione non solo per gli ambienti interni, ma anche agli ambienti esterni per le specie diverse dalle nostre che possono essere influenzate dalla luce elettrica in modo negativo”. Pensiamo ad esempio a quanto possa impattare l’illuminazione di una città (di una strada, di una piazza ecc) nelle ore notturne sugli uccelli.
Durante il convegno si è tornato a sottolineare l’importanza di un corretto progetto illuminotecnico o di lighting design per ottenere una elevata qualità dell’illuminazione che dovrebbe poi combinarsi ai principi dello Human Centric Lighting. Il progettista dovrebbe avere questi obiettivi:
– Ottenere condizioni ottimali per lo svolgimento dei compiti visivi delle persone;
– Assenza di abbagliamento molesto ed effetti di abbagliamento velante;
– Assenza di flicker;
– Utilizzare quando possibile luce naturale, con sistemi schermanti quando necessario.
Inoltre, dovrebbe:
Sotto questo punto di vista, diventa fondamentale considerare un approccio dinamico dell’illuminazione, ovvero la variabilità della luce naturale, la variabilità dell’illuminazione in funzione delle differenti attività da svolgere e la variabilità dell’illuminazione in funzione dell’ora del giorno.
Uno dei punti cruciali del convegno di LUMI è stato esposto dal Professor Francesco Violante dell’Università di Bologna, esperto in Medicina del Lavoro, che ha sottolineato quanto sia importante considerare anche il progetto di illuminazione in funzione dell’individuo che dovrà svolgere un certo compito nell’ambiente di lavoro.
“Dal punto di vista del rapporto tra illuminazione e lavoro negli anni passati si è enfatizzato l’adeguatezza dell’illuminazione al task riferendosi sostanzialmente a un lavoratore medio che non aveva né sesso né età. Oggi, noi sappiamo invece che questi temi – l’età delle persone e se sono uomini o donne – condiziona notevolmente il loro modo di vedere (e quindi di essere influenzati dalla luce).”
Due esempi:
“Con gli anni, noi se abbiamo avuto la fortuna di non aver dovuto usare gli occhiali fin da ragazzi, ci accorgiamo a un certo punto di aver bisogno di occhiali da lettura perché il nostro cristallino non è più flessibile come un tempo e quindi non riusciamo più a mettere a fuoco vicino ai nostri occhi. Non è questo però l’unico cambiamento della nostra vista. Due cambiamenti sono molto importanti, di cui non abbiamo sempre molta consapevolezza. Il primo è che con l’età abbiamo bisogno di più luce per i nostri compiti visivi (magari ci ricordiamo che da ragazzi potevamo leggere anche quasi al buio). Il secondo è la persistenza delle immagini ovvero le immagini che noi abbiamo sulla nostra retina persistono per un tempo più lungo. Di questo ci accorgiamo in alcuni casi della vita quotidiana… Ad esempio, più andiamo avanti con gli anni, più troviamo che guidare di notte non ci piace, lo troviamo difficoltoso. Perché: da un lato le nostre pupille non si dilatano più come un tempo quindi c’è meno luce che arriva sulla nostra retina e abbiamo bisogno di più luce per poter vedere in modo adeguato, dall’altro tutte le luci che il nostro occhio incontra persistono sulla nostra retina per tempi molto più lunghi. Quindi non solo i fari abbaglianti delle macchine che incrociamo, ma anche la luce dei lampioni che illuminano le strade e le città contribuiscono a questo affaticamento della nostra vista”.
“Gli uomini hanno una sensibilità ai colori diversa, una discromatopsia ovvero incapacità di distinguere i colori in maniera ottimale. Si tratta di un fattore di carattere genetico. Cosa significa? L’uomo, molto più della donna, è incapace di distinguere i colori. Si va da incapacità estreme (tipo daltonismo, non distinguere il rosso dal verde) a incapacità minori (tipo non distinguere due colori simili tra di loro, come il marrone e il viola).”
“Oggi, in certi tipi di lavoro soprattutto – ad esempio chi fa grafica ma in generale chi lavora al Pc – mette più in difficoltà gli uomini e va quindi tenuto in considerazione. Per chi progetta illuminazione non basta conoscere il task, ma bisogna anche conoscere il tipo di persona che effettuerà questo task, se giovane o vecchio, se uomo o donna. Quindi si aggiunge complessità al tema della progettazione dell’illuminazione degli ambienti di lavoro. Sostanzialmente, dal punto di vista della medicina sul lavoro si dovrebbe arrivare all’illuminazione individuale, perché la luce sia ottimizzata non solo per il task ma anche per la persona che lo deve svolgere”.
Questo cambia realmente l’approccio alla progettazione dell’illuminazione e degli spazi in genere… quando parliamo di smart spaces non dobbiamo pensare esclusivamente all’utilizzo di nuove tecnologie ma anche alla centralità dell’uomo e quindi a un livello di smartness in funzione della qualità dell’ambiente e del miglioramento della vita delle persone.
Non è un caso che proprio gli ambienti di lavoro siano stati oggetto di numerose sperimentazioni, in cui i ricercatori hanno cercato di quantificare gli effetti delle radiazioni luminose sui ritmi circadiani delle persone attraverso la soppressione di melatonina.
In generale, come spiegato dalla Prof.ssa Bellia durante il convegno, i modelli per la previsione degli effetti circadiani hanno fornito informazioni sul “potenziale circadiano” dei sistemi di illuminazione. La conoscenza di quanto la luce può inibire la produzione di melatonina e di conseguenza influenzare l’orologio circadiano rappresenta un obiettivo per quanto riguarda il miglioramento della qualità della vita.
Ad esempio, in serata e prima di andare a dormire, bassi livelli di illuminamento favoriscono l’addormentamento. Durante le ore diurne, e in particolare prima di mezzogiorno, è necessario al contrario un elevato livello di illuminamento agli occhi per inibire la secrezione di melatonina e aumentare la produzione di cortisolo.
Nonostante i risultati delle sperimentazioni in ambito Human Centric Lighting, ad oggi non esiste un modello completo per la valutazione dell’impatto circadiano della luce.
Ecco alcune delle conclusioni riportate dalla Prof.ssa Bellia in base alle sperimentazioni condotte (nota: nelle sperimentazioni si è cercato di calcolare lo “stimolo circadiano” CS, ossia l’efficacia relativa della “luce circadiana” in grado di produrre degli effetti):
Inoltre:
Sebbene non esistano ancora normative specifiche che regolino lo Human Centric Lighting, le istituzioni e gli enti normatori stanno lavorando per arrivare a definire degli standard comuni per l’industria e i progettisti illuminotecnici / lighting designer.
“Le norme e le pratiche di settore spesso si concentrano ancora sugli aspetti visivi e di efficienza energetica della illuminazione, con scarsa o nessuna attenzione alle risposte non visive della luce – ha detto Fabio Pagano, responsabile tecnico di ASSIL, durante il convegno di LUMI. – Al contrario, ci sono molti prodotti di illuminazione che entrano nel mercato e intendono influenzare le risposte non visive senza un’attenta considerazione di altri aspetti della qualità dell’illuminazione”.
“Un equilibrio improprio tra questi due approcci può comportare condizioni di illuminazione che compromettono il benessere e la salute delle persone e che falliscono in termini di qualità generale dell’illuminazione.”
E’ quindi importante trovare dei riferimenti da cui poter partire. Riferimenti che possono essere indicati solo dagli enti normatori. Ecco le normative e gli standard su cui Assil e le altre istituzioni stanno lavorando:
Infine, durante il convegno sono stati citati anche alcuni progetti e casi pratici di applicazione dello Human Centric Lighting, come la realizzazione del progetto di lighting design per gli uffici di Edison a Milano oppure lo straordinario progetto del Paese Ritrovato a Monza, entrambi a opera dello studio di progettazione illuminotecnica Consuline e dei lighting designer Francesco Iannone e Serena Tellini.