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Videosorveglianza urbana integrata a prova di GDPR

Videosorveglianza urbana integrata a prova di GDPR

Non basta un accordo Sindaco – Prefetto per condividere sistematicamente l’impianto di videosorveglianza urbana anche con le forze di polizia dello Stato. Dopo aver sottoscritto un patto per la sicurezza ad hoc, infatti, è necessario formalizzare anche un disciplinare che regoli ruoli, responsabilità e finalità dell’accordo di collaborazione esaltando la trasparenza funzionale dell’organizzazione a tutela del corretto trattamento dei dati e dei diritti fondamentali delle persone fisiche. In pratica si tratta di fissare gli obiettivi strategici dell’impianto e successivamente di regolare i ruoli privacy e le responsabilità dei soggetti che intervengono.

In questo approfondimento ci occuperemo di analizzare i necessari rapporti formali tra le forze di polizia locale e dello stato in relazione all’impiego condiviso degli strumenti di videosorveglianza municipale.

Videosorveglianza urbana integrata: impianti condivisi

Sul territorio sono pochi gli impianti di videosorveglianza comunale perfettamente allineati a due importanti novità. Ovvero il pacchetto sicurezza Minniti (il dl 14/2017) che ha valorizzato il ruolo centrale dei patti per la sicurezza urbana come strumento di concertazione degli obiettivi strategici di governo del territorio. E la riforma sovranazionale sulla tutela del trattamento dei dati personali che si compone, oltre che dal regolamento Ue 2016/679, anche dalla direttiva Ue 2016/680, recepita in Italia con il dlgs 51/2018. In mancanza di indicazioni centrali aggiornate a queste due importanti novità normative molto spazio è lasciato alla creatività delle singole amministrazioni e dei responsabili della protezione dei dati. In genere gli impianti comunali di videosorveglianza, anche se collegati con Carabinieri e Polizia, sono normalmente attivati senza alcun accordo particolare. Il nodo principale sta poi nel comprendere come è possibile perseguire correttamente, lato privacy e rispetto al GDPR, due finalità diverse con lo stesso impianto di videosorveglianza condiviso.

Chi sono i titolari della sicurezza urbana

La sicurezza urbana e la sicurezza pubblica sono infatti due istituti simili ma ancora decisamente differenziati. L’autorità provinciale di pubblica sicurezza è il Prefetto che unitamente al Sindaco, titolare della sicurezza urbana, concorda attraverso un patto l’impiego condiviso dello stesso impianto di videosorveglianza tra polizia locale, carabinieri e altre forze di polizia. Questa complementarietà di ruoli interferisce con il corretto trattamento dei dati personali. Da una parte infatti abbiamo una specifica disciplina (art. 6 del dl 11/2009) che precisa come per la tutela della sicurezza urbana i comuni possono utilizzare i sistemi di videosorveglianza con conservazione temporalmente limitata delle immagini. Dall’altra due provvedimenti normativi, in attesa di aggiornamento, dedicati alle forze di polizia dello Stato. Ovvero il dpr 15/2018 che fissa anche i termini di conservazione dei dati e il decreto 24 maggio 2017 che individua i trattamenti effettuati dalle forze di polizia.

Videosorveglianza urbana integrata e trattamento dei dati

Fino al 25 maggio 2018 non c’era alcun dubbio che polizia locale e polizia di Stato, in qualità di titolari autonomi, perseguissero finalità simili ma differenziate in virtù di due filoni normativi ben strutturati. Come evidenziato anche dal provvedimento generale del Garante per la tutela dei dati personali dell’8 aprile 2010. Con l’entrata in vigore della riforma sovranazionale sulla tutela dei dati ed in particolare del dlgs 51/2018 che ha recepito la direttiva polizia (Ue 2016/680) il panorama normativo è variato. Chiunque svolga funzioni di polizia ovvero di prevenzione dei reati deve allineare il trattamento dei dati personali oltre che al GDPR anche alla direttiva polizia. E in questa previsione generale ricadono anche i trattamenti di dati effettuati dagli impianti di videosorveglianza comunale che catturano filmati per prevenire e ricercare reati. A prescindere da un collegamento stabile e condiviso con Carabinieri e altre forze di Polizia.

Le scelte formali concretamente disponibili per collegare stabilmente e regolarmente gli impianti tra tutte le forze di polizia sono da ricercare nelle pieghe delle diverse realtà organizzative e funzionali di ogni organizzazione territoriale. Le forze di polizia locale e dello Stato potrebbero essere considerati ancora titolari autonomi (come previsto dal punto 4.6 del provvedimento del Garante 08/04/2010 n. 1712680 e come pare confermato e possibile anche ai sensi dei punti 66 e 69 delle linee guida EDBP n. 7/2020).

Accordo di contitolarità: i casi di Livorno e Grosseto

Ma è anche eventualmente possibile sottoscrivere un accordo di contitolarità alla luce dell’innovativo progetto redatto per primo a Livorno il 12 marzo 2020 e recentemente a Grosseto, previo confronto con l’Autorità e il Viminale. Una ulteriore opzione, meno impegnativa, potrebbe essere quella di nominare come soggetti autorizzati i singoli operatori delle forze di polizia mentre non risulta percorribile la nomina di questi soggetti come responsabili esterni e neppure un accesso regolato alla banca dati della videosorveglianza urbana ai sensi del Cad e del provvedimento del Garante del 2 luglio 2015 essendo specificamente previsto dallo stesso Cad che il Codice dell’amministrazione digitale non si applica alle attività di polizia.


stefano manzelliArticolo a cura di
Stefano Manzelli, direttore di www.sicurezzaurbanaintegrata.it
Coordinatore della sicurezza urbana e della protezione dei dati