
- Scenario
Smart grid: cos’è e cosa significa
Le smart grid sono reti elettriche intelligenti basate sulla digitalizzazione e sulla generazione distribuita dell’energia. Eccone caratteristiche e vantaggi.
Per arrivare a definire il concetto di UVAM, dobbiamo partire da una premessa.
La decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e il conseguente passaggio a un mix maggiormente fondato sull’apporto delle fonti rinnovabili, eolico e fotovoltaico su tutti, è senza dubbio un obiettivo importante dal punto di vista ambientale ed economico, oltre che essere sostanzialmente imposto dalle direttive e dai Trattati europei a cui l’Italia è tenuta ad adempiere. Ma come il nostro Paese ha già avuto modo di sperimentare nell’ultimo decennio, una trasformazione di questo tipo comporta delle conseguenze notevoli per il sistema e il mercato elettrico nel suo complesso, che in qualche modo devono essere governate, per evitare dei disservizi sulla disponibilità di un bene primario per famiglie e imprese come l’energia elettrica. Il punto è che l’incremento dell’immissione di energia da fonti rinnovabili riduce inevitabilmente l’apporto della produzione da impianti convenzionali, che in questi anni sono diminuiti di numero (la chiusura di tutte le centrali a carbone è prevista per il 2025) o, comunque, tendono a produrre una quantità inferiore di energia. Il problema è che le fonti rinnovabili di nuova generazione sono non programmabili, ovvero sono incapaci di generare elettricità 24 ore su 24.
Non solo: la quota crescente di energia prodotta da impianti FER non programmabili, soprattutto fotovoltaico, è concentrata in specifiche ore del giorno. Questo determina la necessità di disporre di maggiore margine di potenza per assicurare la sicurezza del sistema. Infatti, occorre considerare che ogni sistema elettrico deve essere in grado di garantire istante per istante che l’energia richiesta dall’insieme dei consumatori (famiglie e aziende) sia sempre bilanciata dall’energia prodotta dalle centrali elettriche. Per tutto il decennio scorso questo margine di potenza è sempre stato garantito degli impianti convenzionali, ma nell’ultimo triennio il legislatore e l’ARERA hanno deciso di sperimentare un ampliamento dei soggetti abilitati a svolgere questa cruciale funzione, anche in ottica Smart Grid.
Un ruolo chiave, in questo senso, è giocato dalle UVAM, unità virtuali abilitati miste. Per capire di cosa stiamo parlando occorre fare innanzitutto riferimento a un documento ben preciso, vale a dire la Delibera 300/2017 di Arera, che rappresenta il punto di riferimento regolatorio ai fini della sperimentazione delle nuove risorse e dei nuovi servizi di dispacciamento, tramite l’istituzione di progetti pilota. Che si basano sul concetto di unità «virtuale» : il senso è che l’aggregato viene equiparato ai fini del dispacciamento ad un’unica unità, sebbene da punto di vista fisico non sia necessariamente così.
In particolare, la delibera distingue tra:
1) Unità virtuali abilitate di consumo (UVAC), caratterizzate dalla presenza di sole unità di consumo.
2) Unità virtuali abilitate di produzione (UVAP), caratterizzate dalla presenza di sole unità din produzione non rilevanti, inclusi i sistemi di accumulo.
3) Unità virtuali abilitate miste (UVAM), caratterizzate dalla presenza sia di unità di produzione non rilevanti sia di unità di consumo.
4) Unità di produzione rilevanti integrate con sistemi di accumulo (UPI).
Concentriamoci in particolare sulle delle Unità Virtuali Abilitate Miste (UVAM), che come stabilisce la definizione dell’Arera sono caratterizzate dalla presenza di unità di produzione (rilevanti e non rilevanti), sistemi di accumulo e unità di consumo, inserite anche in contratti di dispacciamento di utenti diversi. Rientrano nel progetto pilota UVAM anche i sistemi di accumulo funzionali alla mobilità elettrica, essendo questi considerati del tutto equiparabili ad altri sistemi di accumulo. Le UVAM, non a caso, sono state concepite con l’obiettivo di allargare il più possibile la platea dei possibili partecipanti. Il progetto relativo alle UVAM, approvato con la deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA o Autorità) 422/2018/R/eel, si inquadra nell’ambito dei progetti pilota, previsti dalla già citata 300/2017/, finalizzati alla raccolta di elementi utili per la riforma del dispacciamento e all’ampliamento delle risorse di dispacciamento.
Al di là delle definizioni, l’UVAM in Italia può essere concretamente definito come un aggregato di unità di consumo, unità di produzione e sistemi di accumulo, ossia di punti connessi alla rete a qualunque livello di tensione. Esistono tuttavia una serie di pre requisiti per la qualificazione come UVAM: con riferimento alle unità di consumo, non deve essere inserito nel contratto di dispacciamento di AU.
Ogni UVAM deve essere dotata di una «Unità Periferica di Monitoraggio» (UPM) e di un misuratore almeno orario. Inoltre, deve non risultare qualificato al Mercato della Capacità. Da notare che la soglia minima di modulazione dell’aggregato UVAM è pari a 1 MW (soglia più bassa a livello europeo), al fine di favorire la partecipazione.
Ma cosa fanno le UVAM? Attualmente in Italia le UVAM sono abilitate a fornire servizi come risoluzione congestioni, bilanciamento, riserva terziaria, ma l’intenzione di Terna e dell’Arera è quella di sperimentare la partecipazione delle UVAM su altre tipologie di servizi, come la regolazione secondaria di frequenza/potenza e di coinvolgere progressivamente anche i consumatori del settore terziario e/o domestico.
Ma perché può risultare vantaggioso ottenere una qualifica come UVAM? Come mette in evidenza Terna, la regolazione economica delle UVAM si distingue da quella per le grandi centrali perché prevede, oltre all’ordinaria remunerazione legata all’energia attivata (€/MWh), anche la remunerazione di disponibilità della risorsa con un corrispettivo fisso, calcolata in €/MW. Occorre considerare che gli operatori industriali, che in massima parte contribuiscono allo sviluppo delle UVAM, devono sostenere costi fissi di investimento per installare e mettere a punto le apparecchiature necessarie a sviluppare il servizio e costi annuali di gestione dell’operatività. La sola remunerazione dell’energia attivata, che risente della volatilità del prezzo di mercato, non è quindi generalmente sufficiente per coprire tali costi, imponendo quindi l’adozione di un corrispettivo fisso che consenta di far quadrare i conti.
Secondo Terna, a giugno 2019 risultavano qualificate più di 120 UVAM con una potenza di circa 830 MW, di cui più dell’83% abilitata con il contratto a termine che remunera la disponibilità della risorsa. Ulteriori i 991,4 MW sono stati assegnati dalle aste, concluse lo scorso dicembre. Dietro i progetti UVAM ci sono quasi sempre società energetiche già note, tra cui ad esempio Enel X che sembra aver assunto una sorta di leadership di mercato. In linea generale, al di là degli inevitabili aspetti burocratici complicati in un Paese come l’Italia, l’esperimento sembra procedere abbastanza bene, costituendo uno dei meccanismi più interessanti per il riequilibro del sistema elettrico in vista degli obiettivi al 2030.