- Scenario
PNRR in Sintesi: Cos’è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Cos’è il Pnrr, cosa prevede e come attuare la transizione ecologica e digitale? Ecco obiettivi e missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza
Il Recovery Plan o, meglio, il Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che contiene la strategia approntata dal Governo per beneficiare dei fondi Ue (Recovery Funds), è stato al centro del dibattito politico di queste ultime settimane. E non avrebbe potuto essere altrimenti, data la rilevanza delle cifre in ballo, destinate a segnare i percorsi dell’economia e della società italiana del prossimo futuro.
Un piano che, come si è spesso sentito dire negli scorsi mesi, avrebbe dovuto puntare con decisione sulla Green economy, ritenuta da Bruxelles una delle armi migliori per superare la crisi economica post pandemia. Quanto ha disposto il PNNR del Governo, approvato definitivamente a metà gennaio, a questa sollecitazione? Come spesso accade, il bicchiere può essere visto mezzo pieno o mezzo vuoto. Ovvero, il piano dell’Italia prevede sicuramente tutta una serie di progetti e di relative risorse stanziate per finanziare la transizione del settore energetico e la promozione dell’economia circolare. D’altra parte, però, la green economy non appare essere il cuore del provvedimento governativo: su circa 222 miliardi di euro destinati come Recovery Funds al nostro Paese, possono essere considerati green 69.8 miliardi, ovvero circa il 31%.
Più nel dettaglio, all’ambito impresa verde ed economia circolare sono stati attribuiti 7 miliardi di euro, mentre alla transizione energetica vera e propria 18,22 miliardi. La fetta più rilevante è appannaggio del settore Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (29,55 miliardi), mentre ulteriori 15,03 miliardi sono stati attribuiti alla Tutela del territorio e della risorsa idrica.
Concentriamoci in particolare sulle energie rinnovabili: 18 miliardi di euro sono una somma di tutto rispetto indubbiamente. Però, non bisogna dimenticare che attualmente il nostro Paese spende circa 10 miliardi di euro l’anno per finanziare le sole rinnovabili elettriche (fotovoltaico ed eolico su tutte). Nel piano governativo, invece, i 18 miliardi sono dispersi tra tutta la gamma delle fonti pulite, la digitalizzazione delle reti e la filiera dell’Idrogeno pulito. Forse un po’ poco, considerati anche gli ambiziosi obiettivi al 2030 stabiliti dal PNIEC per la decarbonizzazione del sistema energetico. In positivo, 14.5 dei 18 miliardi sono fondi nuovi, cioè non legati a progetti già in essere.
Ma vediamo più nel dettaglio cosa prevede il PNNR: innanzitutto saranno erogati contributi a sostegno dello sviluppo di progetti di impianti fotovoltaici galleggianti ed eolici offshore, progetti onshore realizzati su siti di proprietà della PA o a basso consumo di suolo o abbinati a tecnologie di stoccaggio. Previsto anche un apposito supporto finanziario tramite finanziamenti (prestiti senior/junior e/o credit enhancement) per sistemi di grid parity (che favoriscano il pareggiamento fra costo dell’energia elettrica autoprodotta con un impianto fotovoltaico e costo al chilowattora dell’energia prodotta con fonti tradizionali). Secondo il Governo, questo impianto dovrebbe consentire, al 2026, un aumento di 4,5-5 GW della capacità di rinnovabili installata, supportando così il raggiungimento dell’obiettivo del PNIEC per il 2025.
Decisamente innovativa è la scelta del PNRR di supportare direttamente l’industria nazionale addetta alla produzione di tecnologie per la generazione elettrica da fonte rinnovabili. Una partita che, al netto delle guerre commerciali Ue-Cina, era vista da anni sostanzialmente come persa nel nostro Paese.
In particolare, per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici di nuova generazione, l’obiettivo dell’investimento è portare la produzione nazionale dagli attuali 200 MW/anno ad almeno 2 GW/anno nel 2025 e a 3 GW/anno negli anni successivi. Per quanto riguarda le turbine eoliche, l’investimento supporterà la creazione di proprietà intellettuale e l’acquisizione di tecnologie e competenze mancanti per la produzione di turbine ad alta efficienza. Inoltre, con l’obiettivo di aumentare l’integrazione delle energie rinnovabili nella rete di distribuzione elettrica, si prevedono cospicui interventi di infrastrutturazione fisica e digitalizzazione della rete stessa.
Molto rilevanti sono le aspettative sull’idrogeno: in particolare si punta a riconvertire aree industriali abbandonate per testare la produzione di idrogeno da FER. L’investimento consentirà l’uso locale dell’idrogeno nell’industria, creando da 5 a 10 Hydrogen Valley con produzione e utilizzo locali.
Ulteriori fondi saranno destinati alla creazione di un polo industriale per la produzione di elettrolizzatori, nonché all’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto ferroviario. In questo caso l’ambizione è che la propulsione FCH (Fuel Cell Hydrogen) possa sostituire il diesel in quei casi in cui l’elettrificazione dei binari non sia economicamente sostenibile (attualmente circa il 40% della rete nazionale). Altri progetti favoriranno la ricerca nel settore e la produzione di idrogeno verde, realizzato a partire dal gas naturale.
Sul fronte dell’efficienza energetica, invece, come abbiamo detto, le risorse teoricamente disponibili sono più numerose, pari a oltre 29 miliardi: di queste, però, poco meno di 13 sono realmente nuove. Tutte le altre, in particolare ben 10 miliardi di euro dell’efficientamento energetico e sismico dell’edilizia residenziale privata e pubblica, sono in realtà già previste da progetti già in essere (come il famoso SuperBonus al 110%), che però potrà contare su 8 miliardi di nuove risorse aggiuntive. I finanziamenti del Recovery Fund garantiranno anche la realizzazione di un programma di efficientamento e messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico, con particolare riferimento a scuole, edilizia residenziale pubblica, comuni e cittadelle giudiziarie.
Poche novità particolari arrivano dal fronte delle risorse destinate al dissesto idrogeologico e alla sostenibilità delle risorse idriche: dei 15 miliardi previsti solo poco meno di quattro sono legati a risorse realmente nuove.