Dopo le riflessioni contenute nei precedenti articoli sul rapporto tra pubblico e privato, è necessario interrogarsi su quali possano essere le forme, i contenuti e i possibili campi di applicazione del PPP, il partenariato pubblico privato.
Il Codice dei Contratti Pubblici e i primi riferimenti sul PPP
Il primo riferimento viene dal Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016 ss.mm.ii.), che al partenariato dedica una definizione, contenuta all’art. 3 – “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore” – e l’intero Titolo I della Parte IV, che disciplina il “Partenariato Pubblico Privato, Contraente Generale e altre Modalità di Affidamento”.
Gli elementi essenziali del rapporto sono dunque: (i) la natura onerosa del contratto, poiché l’operatore economico deve essere retribuito; (ii) una durata, più o meno lunga ma in ogni caso definita nel tempo – l’amministrazione, a fine progetto, torna nella piena disponibilità dell’opera, non c’è privatizzazione; (iii) lo scambio tra realizzazione e gestione di un’opera, ovvero organizzazione e gestione di un servizio – a carico del partner – e diritto di sfruttamento economico della stessa, sempre nei limiti della durata convenuta; (iv) l’allocazione del rischio in capo all’operatore economico.
Il partner privato apporta finanza, competenze organizzative e gestionali, sostentamento del rischio. In cambio si vede attribuiti i proventi della gestione dell’opera o del servizio che gli sono stati affidati.
PPP e concessione a confronto
A ben vedere, non si è lontani dallo schema caratteristico della concessione, se non forse per la maggiore ampiezza del rischio posto in capo all’operatore economico, né da quello della finanza di progetto, che infatti è disciplinata dal Codice nel medesimo Titolo, e assume le forme di una declinazione del PPP.
Il vero tratto distintivo, però, può verosimilmente essere rinvenuto nel ruolo collaborativo che settore pubblico e privato assumono, nel PPP, sia che esso abbia veste contrattuale che nell’ipotesi di istituzionalizzazione del rapporto attraverso la costituzione di una società compartecipata dai due partner, che – nel farsi carico dell’attività oggetto del partenariato – vede comunque regolata la suddetta allocazione di ruoli e rischi.
Se l’oggetto caratteristico del PPP riguarda la realizzazione e gestione di un’opera o l’organizzazione ed erogazione di un servizio, si comprende anche quali ne possano essere i campi di attivazione all’interno del tessuto urbano, soprattutto nell’ottica di “smartizzazione” delle città (trasformazione in smart city).
Come e dove si applica il PPP
C’è tutta la gamma dei servizi pubblici, che abbiano o meno rilevanza economica, dalla gestione dell’illuminazione pubblica a quella delle aree a verde, ma anche tutto il perimetro delle infrastrutture, la rete stradale e quella di telecomunicazione e connettività, tra i primi esempi che vengono in mente. Per non parlare della raccolta dei rifiuti, troppo spesso confinata dalla rappresentazione mediatica al solo problema della differenziazione, ed invece ampiamente migliorabile anche sotto il profilo delle modalità di raccolta, con l’abolizione degli antigienici – e orribili – cassonetti stradali, la liberazione di spazi da restituire alla viabilità o ad altri usi, e così via.
E c’è il mondo dell’efficienza (e della valorizzazione) energetica: la gestione del calore all’interno di edifici residenziali e a uso ufficio, per esempio, quella del miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici – i vari cappotti termici previsti dalla congerie di incentivazioni ne potrebbero ben fare parte.
Senza un sistema efficiente di infrastrutture e servizi, la comunità rimane compressa, quanto alle sue possibilità di realizzazione ed espressione, sia dal punto di vista economico che della socialità. Nei giorni in cui si pensa alla (ennesima) stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, un’attenzione nuova e speciale alle diverse forme in cui il PPP può dare sfogo alle progettualità per soddisfare questi bisogni, portando realmente le città alla dimensione del III Millennio, potrebbe essere appropriata, se non anche dovuta.
Senza dire che dal cassetto dovrebbe essere recuperato anche il Partenariato per l’innovazione, che ben si presterebbe proprio all’introduzione di tecnologie e processi migliorativi dello standard attuale, in vista di questi nuovi, sfidanti obiettivi: come l’età della pietra non si è conclusa per mancanza di pietre, non dovremmo aspettare che l’età analogica e petrolitica finisca per esaurimento di petrol-plastiche e di processi analogici. L’ora di fare è adesso!