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Certificati bianchi: cosa sono e come funzionano
I certificati bianchi, o titoli di efficienza energetica (TEE) sono incentivi per favorire interventi di efficientamento energetico.
L’efficientamento energetico e il monitoraggio dei consumi assillano da sempre gli energy manager di grandi imprese e industrie manifatturiere, così come Esco e Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di obiettivi strategici, in quanto capaci di ridurre significativamente i costi e l’impatto ambientale delle attività, e per questo motivo vanno perseguiti attraverso interventi mirati e vanno poi verificati attraverso l’adozione di standard e protocolli internazionali come l’IPMVP (International Performance Measurement and Verification Protocol).
Cosa significa fare efficienza nell’utilizzo di energia? Significa trovare le soluzioni tecniche che permettano all’energia che entra in un’industria di non andare dispersa o sprecata.
L’ottimizzazione del flusso di energia non solo permette che le produzioni e le industrie lavorino meglio e con continuità, ma permette un considerevole risparmio energetico, che può essere stimato, in funzione del tipo di impianto, dal 4 al 12%. Ed è proprio qui entra in gioco il concetto di power quality (qualità dell’energia).
Ma andiamo per ordine…
Il protocollo internazionale di misura e verifica dei risultati (IPMVP) è un insieme di best practice atto a verificare i risultati di un intervento di efficienza energetica, sia in ambito civile che in ambito industriale.
L’IPMVP è uno strumento di Misura e Verifica (M&V) utilizzato per valutare i reali benefici energetici ed economici degli interventi e di valutare interventi di miglioramento dell’efficienza energetica.
Il protocollo si basa sulla misurazione dei risultati e dei risparmi prima e dopo l’implementazione dell’intervento di efficientamento energetico.
Si tratta quindi di uno strumento di misura e verifica del risparmio ed è importante per capire e valutare ogni intervento o l’adozione di sistemi, moduli o soluzioni in quest’ottica.
Il protocollo IPMVP viene elaborato e costantemente sviluppato da parte di EVO (Efficiency Valuation Organization) con l’obiettivo prioritario di promuovere gli investimenti volti a migliorare l’efficienza.
Il sistema offre diversi metodi per determinare il risparmio energetico nel suo complesso così come le singole misure di efficienza energetica (ECM – Energy Conservation Measures).
Se il protocollo IPMVP supporta gli energy manager nel processo di analisi, misura e verifica degli interventi di efficientamento energetico in azienda, parlando degli aspetti più importanti per valutare l’efficienza, uno degli osservati speciali è sicuramente la Power Quality, che fa riferimento all’efficienza produttiva ed energetica di un impianto.
Secondo studi della Leonardo Power Quality Initiative, il costo medio industriale per la bassa qualità dell’energia è pari a quasi il 4% del fatturato. La chiave di volta per ottenere efficienza sta quindi nella gestione e nell’ottimizzazione della power quality per evitare sprechi e, agendo su interferenze e disturbi elettromagnetici, stabilizzare e “ripulire” l’energia.
Una buona power quality può portare a risparmi energetici, maggiore efficienza energetica e continuità dei processi produttivi. Può inoltre diminuire i costi di manutenzione e, di conseguenza, tutti i costi relativi al “fermo macchina”.
Una cattiva power quality, al contrario, può interferire sulla regolarità di funzionamento di un impianto, provocare interruzioni di produzione, dare origine a rotture o degrado dei componenti, richiedere maggiori interventi di manutenzione ecc.
In Germania si calcola che i danni da fermo produzione di impianti, legato alla scarsa qualità dell’energia, pesano per qualche miliardo di euro ogni anno.
Ma perché la power quality può essere “cattiva”? Per via della presenza di armoniche ma, soprattutto, dei disturbi elettromagnetici. I disturbi elettromagnetici ad alta frequenza rappresentano la ragione principale delle perdite di energia di una rete elettrica. Questi hanno conseguenze importanti sulla durata e sul funzionamento dei componenti elettrici e dell’impianto in genere.
Alcuni dispositivi o elementi possono diventare i principali generatori di disturbi ad alta frequenza e quindi di cattiva power quality. Ad esempio:
Molte di queste fonti si interfacciano direttamente con la rete elettrica pubblica e, attraverso questa, raggiungono tutti utenti finali, generando perdite supplementari all’interno degli impanti e maggior consumo di energia elettrica.
Nel caso in cui la power quality non venga gestita correttamente, i disturbi elettromagnetici provocano di fatto riscaldamento supplementare per le macchine elettriche e la distribuzione, ossia, aumento delle perdite ohmiche e dielettriche nel caso dei cavi, perdite per isteresi elettromagnetica o per correnti di Foucault e perdite meccaniche in genere.
Lo sviluppo dell’elettronica di potenza e l’incremento di richiesta di energia elettrica, insieme alla crescente sensibilità dei dispositivi elettrici ed elettronici rispetto alle interferenze in alta e in bassa frequenza, hanno reso le tematiche di disturbi elettromagnetici e di Power Quality di particolare importanza. Sia nelle fasi di progettazione di un impianto, sia nelle fasi di monitoraggio energetico, misura e verifica.
Poter fare efficienza è oggi cruciale soprattutto per tutte quelle aziende definite energivore, ovvero che richiedono un elevato consumo di energia.
Quindi, da dove iniziare? Intervenendo per migliorare la power quality, eliminare i disturbi elettromagnetici e rendere più stabile e affidabile l’energia. Per poi implementare un sistema di monitoraggio energetico efficace che permetta un ritorno sull’investimento in tempi brevi. E, infine, verificare se gli interventi attuati stanno portando i risultati desiderati in termini di risparmio energetico adottando un sistema di misura e verifica come il protocollo IPMVM.