
- Interviste
Transizione energetica dell’industria 5.0: i vantaggi della Power Quality
Nel percorso evolutivo verso la transizione energetica dell’industria 5.0, c’è un altro aspetto importante da considerare: l’efficienza energetica. Un elemento…
Perché in Italia è complicato fare efficienza energetica nel settore industriale? Le risposte possono essere tante: mancanza di competenze, di fondi, cultura aziendale, incentivi troppo complicati o farraginosi ecc.
Tutte spiegazioni che contengono un certo grado di verità, ma che trascurano un aspetto fondamentale: l’industria italiana, in realtà, è già stata parecchio capace di efficientare i suoi processi produttivi da un punto di vista energetico.
A partire dalla crisi petrolifera degli anni Settanta, infatti, le industrie nazionali hanno investito in soluzioni – quali, ad esempio, la cogenerazione – capaci di abbassare i costi complessivi della bolletta energetica. In Italia, infatti, il costo del kWh è in media superiore rispetto alle altre nazioni europee a causa del nostro peculiare mix energetico (molto dipendente dalle importazioni di materie prime dall’estero), fattore che ha progressivamente spinto le imprese a mantenere i conti energetici sotto controllo per mantenere la competitività.
Lo confermano i numeri di un recente rapporto dell’American Council for an Energy-Efficient Economy (ACEEE), secondo cui l’Italia è prima al mondo, a pari merito con la Germania, nella classifica internazionale dell’efficienza energetica.
In particolare, questo primato è spinto dalla capacità di risparmio energetico del nostro settore industriale: anche in questo peculiare ambito, Italia e Germania si dividono la leadership globale, con un punteggio di 20,5 su un massimo di 25.
Il nostro Paese, in particolare, è stato premiato per il suo forte impegno dimostrato in questo ambito, con obiettivi chiari di risparmio. Tra le misure promosse dall’ACEEE, c’è l’obbligatorietà della diagnosi energetica, così come i Certificati Bianchi, ritenuti uno strumento capace di garantire il giusto grado di flessibilità al settore secondario.
Promozione anche per l’ampia diffusione della cogenerazione negli stabilimenti della Penisola, che consentono il recupero del calore di scarto della produzione. Tutto questo è ovviamente perfettamente noto anche al Governo Italiano, come si può leggere chiaramente nel PNIEC – Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030: l’Italia è chiamata a risparmiare 50,98 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) nel periodo 2021-2030, vale a dire circa 9,3 Mtep l’anno da qui al 2030. Di questi, oltre 9 Mtep, 3,3 arriveranno dal residenziale, 2,4 dal terziario, 2,6 dai trasporti e soltanto 1 Mtep dall’industria.
C’è, dunque, poco spazio per la diminuzione dei consumi in ambito industriale? No, ma dal momento che, nel passato, gli interventi di base e capaci di ottenere i risultati più immediati sono già stati effettuati dalla maggioranza delle industrie italiane, quello che si può fare oggi consiste in soluzioni addizionali, con tempi di ritorno più lunghi e progettazioni tendenzialmente più complesse.
Vero è che, nei lunghi anni della crisi economica, il consumo energetico delle industrie italiane è diminuito in maniera sostanziale, ma soprattutto per effetto del rallentamento della produzione.
Secondo le stime del FIRE – Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia, la recessione del 2007 ha complessivamente rallentato il processo di efficientamento del settore industriale europeo e, in alcuni casi, ne ha decretato l’arresto. In effetti, dal 2007 al 2013, il tasso di efficientamento è stato dello 0,9% annuo, rispetto al valore di 1,9% annuo fatto registrare nel periodo 2000 – 2007.
Non solo: a partire dal 2007, solo un quarto della riduzione dei consumi energetici fatta registrare dal settore industriale è stato imputabile alla maggiore efficienza energetica, mentre il resto è la diretta conseguenza della riduzione della produzione. Oggi che la crisi è superata, l’industria è ancora in grado di offrire un importante contributo agli obiettivi di efficienza energetica.
Rispetto al recente passato, il grande avanzamento tecnologico ha messo a disposizione una serie di nuove tecnologie che possono ottimizzare ulteriormente il fabbisogno energetico: il riferimento è, in particolare, all’Internet of Things, che può sistematizzare il monitoraggio del rendimento energetico di tutti i macchinari coinvolti nel processo produttivo.
I dati digitali generati dall’IoT possono poi essere analizzati ed elaborati dalle soluzioni di Analytics e Intelligenza Artificiale, aiutando così gli Energy Manager a prendere le decisioni più opportune da un punto di vista energetico.
IoT e Analytics sono due delle tecnologie alla base della grande trasformazione tecnologica che sta investendo in questi anni il comparto secondario, Industria 4.0, ovvero la grande diffusione delle tecnologie digitali di nuova generazione all’interno delle fabbriche.
Una fabbrica sempre più connessa, integrata, automatizzata e flessibile nei cicli produttivi ha, infatti, bisogno di essere alimentata da sistemi energetici che siano altrettanto all’avanguardia, sostenibili e, quindi, efficienti da un punto di vista economico e ambientale.
Questa tendenza emerge chiaramente dall’ultimo Energy & Efficiency Report realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, in cui risulta che, nel 2018, in Italia sono stati investiti circa 2,3 miliardi di euro per la riqualificazione energetica dell’industria, ossia circa 1/3 degli investimenti complessivi nell’efficienza energetica, un ammontare del 4% superiore rispetto al 2017.
Ma in cosa hanno investito le industrie italiane? A fare la parte del leone, nel 2018, sono state soluzioni abbastanza classiche, come i sistemi di combustione efficiente e la cogenerazione, che hanno raccolto investimenti, rispettivamente, per 459 e 443 milioni di euro.
Ma entrambe queste due opzioni risultano in evidente calo rispetto al 2017: -7% e -24%, a testimonianza che qualcosa sta cambiando nell’efficienza del mondo industriale.
Il report, in effetti, evidenzia come, nel 2018, si sia assistito a un incremento molto significativo degli investimenti sull’efficientamento energetico del processo produttivo (+50%), per effetto probabilmente degli effetti positivi del Piano Industria 4.0.
Un altro dato che conferma questa tendenza è la rapida crescita (+28%) degli investimenti nei Sistemi di Gestione dell’Energia – basati su soluzioni di monitoraggio intelligente – che ormai valgono 129 milioni di euro.
Per quanto riguarda il futuro, le previsioni sono quelle di una crescita buona, anche se non dirompente. Il potenziale di mercato atteso nel periodo 2019-2022 per l’ottimizzazione energetica nel comparto industriale oscilla, infatti, tra i 9,84 miliardi dello scenario «vincolato» e gli 11,95 di quello «ottimistico», con un volume di affari medio annuo tra i 2,5 e i 3 miliardi.
A testimonianza che l’efficientamento del settore industriale, vista la buona situazione di partenza, non è semplice da realizzare. Come si legge nell’ultima Strategia energetica Nazionale (SEN), per il pieno sfruttamento del potenziale residuo del settore è necessario superare alcune barriere alla realizzazione degli interventi di efficientamento, quali la maggior propensione delle imprese a investire sul core business piuttosto che su interventi di efficienza energetica. O, ancora, la scarsa disponibilità di competenze specializzate all’interno delle imprese, soprattutto nelle PMI, e la ridotta diffusione di modelli di gestione.
Leggi anche:
Efficienza energetica nelle acciaierie: a che punto siamo?
Efficienza energetica: ecco il Webinar per il monitoraggio energetico nelle aziende