È il momento d’oro per l’idrogeno in Italia. Il suo potenziale come fonte di energia rinnovabile è enorme e le sue applicazioni sempre più ampie. Si va dall’industria ai trasporti, dalla logistica al residenziale.
La filiera dell’idrogeno potrebbe contare su un giro di affari di 820 miliardi di euro l’anno per circa 5,4 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2050 a livello europeo, arrivando a coprire un quarto dei consumi energetici del Vecchio Continente.
Sono alcuni dei dati sintetizzati nel Rapporto dell’associazione H2IT “Strumenti di supporto al settore idrogeno. Priorità per lo sviluppo della filiera idrogeno in Italia” in cui si punta sull’idrogeno quale soluzione per favorire la transizione energetica e il processo di decarbonizzazione.
Ma per sviluppare in modo concreto la filiera in Italia serve una strategia nazionale che preveda un quadro legislativo certo e un piano di investimenti a lungo termine in infrastrutture, ricerca e innovazione.
La filiera dell’idrogeno in Italia: un settore in via di sviluppo
L’idrogeno attualmente rappresenta una quota modesta del mix energetico europeo. Ma, se parliamo di idrogeno verde, la strada da compiere è ancora più ambiziosa. La Commissione Europea si pone due obiettivi principali: raggiungere entro il 2024, ben 6 GW di elettrolizzatori installati per produrre 1 milione di tonnellate di idrogeno verde e raggiungere entro il 2030, 40 GW di potenza per una produzione di 10 milioni di tonnellate per il territorio europeo. Stando alla Roadmap tracciata dall’UE, insomma, entro il 2050, l’idrogeno verde potrebbe rappresentare fino al 24% dei consumi di energia.
In Italia, l’obiettivo, ugualmente ambizioso, fissato dal Ministero per lo Sviluppo Economico è quello di raggiungere una quota di idrogeno del 20% entro il 2050 contro un 1% attuale. Non per nulla, per sostenere la crescita dell’idrogeno il PNRR – Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (o Recovery Plan) ha previsto dei cluster e stanziato un finanziamento di circa 2 miliardi di euro.
I punti chiave per sviluppare il settore dell’idrogeno in Italia
Ecco in sintesi, i punti che H2IT propone per uno sviluppo del settore idrogeno in Italia:
- Definire il ruolo strategico a lungo termine dell’idrogeno in Italia con azioni, obiettivi e investimenti precisi.
- Sviluppare un quadro legislativo e tecnico-normativo con regole certe per aiutare le aziende della filiera di operare su uno scenario internazionale in condizioni favorevoli.
- Garantire il percorso per la certificazione di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni in Italia.
- Supportare la ricerca, l’innovazione e la formazione del settore che richiederà competenze e figure professionali specializzate.
- Sviluppare un’infrastruttura di rifornimento per la mobilità sostenibile.
- Incoraggiare la collaborazione strategica tra progetti per lo sviluppo sinergico di più usi e applicazioni.
- Sensibilizzare e informare l’opinione pubblica.
“L’Italia ha il potenziale per posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della filiera idrogeno: produzione, logistica e trasporto, industria, mobilità, residenziale. – ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT – Per vincere la sfida della decarbonizzazione è giunto il momento di elaborare una Strategia Nazionale dell’Idrogeno che realizzi un ampio piano di investimenti e riforme.”
Stefano Buffagni, Vice Ministro allo Sviluppo Economico, ha rilanciato così in una nota scritta all’associazione: “Il Ministero dello Sviluppo economico ha presentato il 24 novembre scorso le Linee Guida Preliminari della Strategia Nazionale Idrogeno. Grazie a queste prime linee guida per la realizzazione della Strategia Nazionale Idrogeno, l’Italia si sta ritagliando un ruolo centrale in questa sfida. Lo sviluppo dell’idrogeno rappresenterà una svolta e una rivoluzione positiva, dovremo essere bravi a far nascere una nuova filiera industriale dedicata puntando anche su ricerca, innovazione tecnologica, creazione del know-how e formazione di figure professionali. In questo modo oltre ai benefici ambientali, si potranno avere anche benefici sociali e occupazionali.”