Carbon Credit: Cosa Sono, Quanto Valgono e Chi li Emette
L’acquisto di carbon credit permette di compensare l’impatto ambientale e le emissioni di CO2 delle aziende. Ecco come funzionano e quanto valgono.
Nel percorso green di decarbonizzazione dell’Europa, l’ETS ovvero il sistema di Emission Trading e il carbon market di scambio delle quote di emissione di CO2 assume un ruolo molto importante. In questo approfondimento vediamo meglio di cosa si tratta e come funziona.
ETS sta per Emission trading system ovvero sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra ed è il principale strumento adottato dall’Unione europea per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nei settori industriali e in quello dell’aviazione.
Il sistema, attivo in 31 Paesi, è disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE, più conosciuta come Direttiva Ets. Funziona attraverso un meccanismo “cap and trade” ovvero fissando un tetto massimo di emissioni possibili sul territorio europeo nei settori coinvolti (cap) al quale corrisponde un equivalente numero “quote” (1 ton di CO2eq. = 1 quota) scambiate, e quindi acquistate o vendute, (trade).
Obiettivo di questo meccanismo europeo è di arrivare entro il 2030 a una diminuzione del 40% delle emissioni di anidride carbonica e GHG rispetto a quelle del 2005.
Come si legge sul sito del Ministero della Transizione Ecologica, “ogni operatore attivo nei settori coperti dallo schema deve “compensare” su base annuale le proprie emissioni effettive (verificate da un soggetto terzo indipendente) con un corrispondente quantitativo di quote. Queste quote possono essere allocate a titolo oneroso o gratuito”.
Se a titolo oneroso, le quote “vengono vendute attraverso aste pubbliche alle quali partecipano soggetti accreditati che acquistano per compensare le proprie emissioni”.
Se a titolo gratuito, le quote “vengono assegnate gratuitamente agli operatori a rischio di delocalizzazione delle produzioni in Paesi caratterizzati da standard ambientali meno stringenti rispetto a quelli europei (c.d. carbon leakage o fuga di carbonio). Le assegnazioni gratuite sono appannaggio dei settori manifatturieri e sono calcolate prendendo a riferimento le emissioni degli impianti più “virtuosi”.”
In particolare, la Direttiva stabilisce come, a partire dal 2013, gli impianti di produzione di energia elettrica e gli impianti che svolgono attività di cattura, trasporto e stoccaggio del carbonio (CCS) debbano approvvigionarsi all’asta di quote di CO2 e relativi certificati per il loro fabbisogno.
Per tenere nota di questi scambi, esiste il Registro Unico dell’Unione, sul quale vengono scritte tutte le assegnazioni e le compensazioni di emission trading.
In Italia, esiste poi un Comitato ETS quale Autorità nazionale competente per l’attuazione dell’emission trading system. Si tratta di un organo interministeriale presieduto dal Ministero dell’ambiente e partecipato dai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture.
Il GSE è infine il responsabile del collocamento (o Auctioneer) delle quote italiane e dei titoli di emissione sulla CAP2, la piattaforma d’asta comune europea, per conto del Governo italiano. Sul suo portale viene spiegato come partecipare alle aste.
Per l’implementazione dell’Emission Trading System (EU ETS) sono state previste 4 fasi.
La Fase I e II (dal 2005 al 2012) prevedeva, a livello sperimentale, dei limiti nazionali alle emissioni, diverse a seconda del Paese. La fase III (dal 2013 al 2020) prevedeva un unico limite per tutta l’UE e la fase IV, infine, attualmente in vigore fino al 2030, prevede un limite unico europeo di emissioni, decrescente di un 2,2% ogni anno.
Ma quali sono i settori principalmente coinvolgi da questa attività di scambio di quote di CO2?
I gas e quindi i settori oggetto della normativa europea e dell’Emission Trading System sono:
Come segnalato dallo stesso MiTE, l’EU ETS interessa, a livello europeo, oltre 11.000 impianti industriali e circa 600 operatori aerei. In Italia sono disciplinati più di 1200 soggetti che coprono circa il 40% delle emissioni di gas serra nazionali.
Le imprese soggette agli obblighi del sistema di scambio delle emissioni sono tenute a monitorare e a rendicontare le emissioni di CO2 e/o CO2 equivalente entro il 31 marzo di ogni anno per l’anno precedente.
Le stesse imprese hanno anche l’obbligo di monitoraggio e comunicazione del livello di attività per tutti gli impianti e i sottoimpianti coinvolto, sempre entro il 31 marzo di ogni anno.
Infine, le aziende sono tenute a:
Questa attività di contabilizzazione è anche alla base per effettuare dichiarazioni quali la carbon footprint o il report di sostenibilità.
Come si legge ancora sul portale del MiTE, “le comunicazioni relative alle emissioni di gas effetto serra che i gestori di impianti EU ETS inviano all’Autorità Nazionale competente devono essere validate da un Organismo accreditato. Di norma, le attività che l’Organismo può svolgere, in ambito ETS, si rivolgono non solo alla validazione delle comunicazioni, ma anche alla validazione di progetti di riduzione dei GHG”.
Quali sono le scadenze per le comunicazioni ETS?
In sintesi, ogni operatore industriale e del settore dell’aviazione partecipante all’EU ETS deve effettuare le comunicazioni relative in una sorta di ciclo annuale seguenti i seguenti step:
1° gennaio: inizio del monitoraggio per l’anno in corso.
28 febbraio: ottenimento delle quote gratuite se previste.
31 marzo: presentazione del rendiconto delle emissioni all’Autorità Competente e nel Registro.
30 aprile: restituzione delle quote nel Registro.
30 giugno: segnalazione di eventuali non conformità o miglioramenti, se necessario.
1° luglio – 30 settembre: inizio del processo di verifica per l’anno in corso.
dicembre: preparazione del report di monitoraggio dell’anno.
31 dicembre: fine del monitoraggio per l’anno in corso.
Se una società non adempie agli obblighi di conformità e compliance rispetto al carbon credit vengono applicate delle sanzioni importanti. Le sanzioni, amministrative e pecuniarie, sono progressive per ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa senza averne titolo.