- Scenario
Il ruolo del consulente energetico
Il consulente energetico affianca le imprese per aumentare la loro efficienza energetica e ridurre la loro carbon footprint. Ecco qual è il suo compito
La volontà di decarbonizzazione nell’industria è stimolata dagli obiettivi posti dall’Unione Europea e dai vantaggi che essa può offrire, in termini di riduzione di emissioni e dei consumi, che consegue un ripensamento virtuoso delle strategie aziendali.
Ecco, allora, la volontà di raggiungere la carbon neutrality, che si conferma una tendenza sempre più sentita dalle imprese. Lo conferma la previsione di crescita della dimensione del mercato globale della carbon neutrality: valutata oggi 9,92 miliardi, si prevede raggiungerà 19,16 miliardi entro il 2031.
Ma come è possibile centrare la neutralità carbonica? Occorre avere una strategia aziendale ben precisa e una volontà concreta di mettere in atto un determinato percorso.
Prendiamo a esempio Clivet: l’azienda italiana (parte del gruppo MIDEA) specializzata in chiller e sistemi in pompa di calore da tempo è attenta al rispetto per l’ambiente, oltre che a puntare su una sempre più elevata qualità dei prodotti.
Nel suo percorso pluritrentennale ha considerato come naturale evoluzione la volontà di definire una strategia di sostenibilità ambientale, puntando al carbon management. Per farlo, si è affidata a Manni Energy che ha realizzato un intervento di rendicontazione e riduzione delle emissioni di CO2 di organizzazione aziendale.
L’obiettivo di Clivet è raggiungere la carbon neutrality entro il 2027, (limitatamente alle emissioni di stabilimento, quindi solo quelle di categoria 1 e 2 della ISO 14064-1 – ex scope 1 e 2).
A questo proposito metterà in atto diverse azioni che passano prima di tutto da una chiara visione delle proprie emissioni, possibile solo con una attenta raccolta e analisi dei dati.
Il primo passo si è concretizzato nell’analisi preliminare delle categorie di emissioni di gas climalteranti, concentrando l’attenzione sugli stabilimenti operativi della sede Clivet di Feltre. Lo studio, realizzato utilizzando le linee guida della norma UNI EN ISO 14064-1:2019, ha evidenziato come la quota maggiore delle emissioni per la realtà veneta è riconducibile alla fase d’uso dei propri prodotti realizzati e venduti (stimato al 98%).
L’introduzione di uno strumento decisionale dinamico ha consentito di simulare l’impronta aziendale nei prossimi anni in funzione della crescita prevista e degli interventi pianificati. Questi si concentreranno nel primo periodo sugli Scope 1 e 2 dell’inventario, su cui poi si punterà a raggiungere la Carbon Neutrality.
Tutto ciò ha permesso la definizione di una strategia di decarbonizzazione dell’industria su base pluriennale, basata su interventi che prevedono l’elettrificazione dei consumi di gas per il riscaldamento degli stabilimenti e l’ampliamento dell’impianto fotovoltaico sulle coperture degli stabilimenti. Inoltre è contemplato: l’acquisto di energia elettrica da fonte rinnovabile tramite Garanzie dʼOrigine; l’impiego progressivo di gas refrigeranti a basso GWP nei prodotti realizzati e commercializzati dall’azienda. A tutto questo si aggiunge la volontà di effettuare azioni di compensazione delle emissioni difficili da abbattere con crediti di carbonio certificati. Nei prossimi anni Clivet prevede inoltre l’implementazione di ulteriori analisi. L’obiettivo è pianificare interventi che andranno a ridurre le emissioni indirette di Scope 3.
Questo è il percorso che intende fare Clivet, un chiaro esempio di decarbonizzazione dell’industria. Per attuarlo, come detto, si è affidata a Manni Energy, specialista di transizione energetica e di gestione dell’energia ed efficientamento dei consumi. Il committente ha scelto di avvalersi di questa realtà perché consapevole di come opera, memore delle positive esperienze già avute nel recente passato.
«Con Clivet avevamo già svolto dei lavori di diagnosi energetica e di rendicontazione annua dei risparmi. La stessa azienda ha voluto inserire nel suo percorso di sostenibilità ambientale questo virtuoso percorso verso la carbon neutrality, che pone alla base il calcolo della baseline, mettendo così in chiaro la situazione da cui partire. Si tratta, per dirla in altro modo, di “scattare una fotografia” delle emissioni aziendali degli ultimi 2-3 anni», illustra Nicolò Pozzani, Climate Change Specialist di Manni Energy. È lui a spiegare l’importanza di questo passo che consente di avere ben chiara l’idea di quali siano le fonti di emissione e da lì lavorare per una ottimale gestione. Quindi, «il punto di partenza è rappresentato da una diagnosi energetica dello stabilimento e di tutto quello che è a monte e a valle dell’azienda». L’elemento cruciale è rappresentato dai dati, punto di partenza fondamentale per impostare una serie di procedure per realizzare un sistema di gestione puntuale e dettagliato che tenga conto di molteplici aspetti utili per ridurre le emissioni.
La stessa Manni ha predisposto l’introduzione dello strumento decisionale dinamico di cui abbiamo accennato in precedenza. «Si tratta di un modello di calcolo in cui abbiamo inserito tutti i dati raccolti negli ultimi anni relativi ai consumi energetici nello stabilimento. Questi valori sono stati messi in relazione ai KPI aziendali. Ora stiamo affinando ulteriormente l’analisi anche per rispondere al meglio alla crescita aziendale e per fornire le indicazioni utili per le conseguenti ottimizzazioni delle strategie per i prossimi anni, tenendo conto di tutti gli elementi di sostenibilità: ambientale, ma anche economica e corporate».
Centrare un obiettivo così sfidante come il raggiungimento della carbon neutrality nel 2027 non è facile, ma è necessario se si vuole operare una reale decarbonizzazione dell’industria. Come lo si raggiungerà? «Principalmente puntando sull’elettrificazione dei consumi, aumentando la sua quota rispetto ad altre fonti energetiche». Per questo Clivet punterà ad ampliare il parco fotovoltaico già esistente. «Nella nostra visione di progetti di carbon management, puntiamo prima di tutto a fare il possibile per ridurre le emissioni, per poi, nel caso di emissioni residue “hard-to-abate”, optare per qualche misura di compensazione», specifica Pozzani.
Per quanto riguarda i prossimi passi, quest’anno si lavora a certificare la Carbon Footprint di Organizzazione. «Puntiamo a fine anno di raggiungere il traguardo, lavorando sull’analisi riguardante le emissioni scope 1 e 2, integrando con i risultati della diagnosi energetica. Naturalmente, punteremo anche a svolgere tutti i calcoli necessari per ridurre (e certificare) le emissioni scope 3: anche a questo proposito si punterà a una ottimale raccolta dei dati», conclude il Climate Change Specialist di Manni Energy.